Senza flash – Adam Zagajewski

Foto di Mario Dondero

Senza flash!
(un divieto spesso incontrato nei musei italiani)

Senza fiamma, senza notti insonni, senza ardore,
senza lacrime, senza una forte passione, senza convinzione,
così continueremo a vivere; senza flash.

Tranquilli e calmi, docili, assonnati,
le mani macchiate dall’inchiostro dei quotidiani,
i volti unti di crema; senza flash.

I turisti sorridono nelle loro camicie linde,
Herr Lange e Miss Fee, Monsieur, Madame Rien
entrano nel museo; senza flash.

E stanno davanti a un Piero della Francesca dove
Cristo, quasi folle, esce dalla tomba,
risorto, libero; senza flash.

E forse allora accadrà qualcosa di imprevisto:
si scuote il cuore, nascosto sotto il cotone liscio,
cala il silenzio, scatta il flash.

Adam Zagajewski

(Traduzione di Paola Malavasi)

dalla rivista “Poesia”, Anno XVII, Maggio 2004, N. 183, Crocetti Editore

∗∗∗

Senza flash

(„senza flash” – „bez fleszu” – instrukcja dla turystów we włoskich muzeach i galeriach)

Bez płomienia, bez nocy bezsennych, bez żaru,
Bez łez, bez wielkiej namiętności, bez przekonania,
tak będziemy żyli: senza flash.

Spokojnie i miarowo, posłusznie i sennie,
dłonie poplamione czarną farbą gazet codziennych,
twarze tłuste od kremu: senza flash.

Uśmiechnięci turyści w bardzo czystych koszulach,
Herr Lange i Miss Fee oraz Monsieur et Madame Rien
wejdą do museum: senza flash.

Staną przed obrazem Piero della Francesca, na którym
Chrystus, prawie obłąkany, wynurza się z grobu,
zmartwychwstały, wolny: senza flash.

I może wtedy stanie się coś nieprzewidzianego,
poruszy się serce ukryte pod gładką bawełną,
zapadnie cisza, błyśnie flesz.

Adam Zagajewski

da “Pragnienie”, Wydawnictwo a5, Kraków, 1999

Da questa spenta città minerale… – Angelo Maria Ripellino

Bill Brandt, Edinburgh, 1942

17.

Da questa spenta città minerale vi mando notizie e un fagottino di desideri.
L’uomo sprofonda nel fango, ma le oche si muovono in fretta
con passo sicuro e arrogante sulla superficie.
Carezzare i miei libri la sera, guardare i quadri di Klee,
perché non so ancora il finale di molte sue storie,
ripensare una sferica infanzia, un maneggio di sogni,
cercare su un comodino deserto bugiarde conchiglie,
e udire la voce di Dio nei fili di pioggia, che grondano
come gli urlanti capelli dei Beatles.

Angelo Maria Ripellino

da “La fortezza d’Alvernia”, Rizzoli, 1967

Parabola – Franco Fortini

Franco Fortini

 

Se tu vorrai sapere
chi nei miei giorni sono stato, questo
di me ti potrò dire.
A una sorte mi posso assomigliare
che ho veduta nei campi:
l’uva che ai ricchi giorni di vendemmia
fu trovata immatura
ed i vendemmiatori non la colsero
e che poi nella vigna
smagrita dalle pene dell’inverno
non giunta alla dolcezza
non compiuta la macerano i venti.

Franco Fortini

1953

da “Una facile allegoria”, 1951-54, in “Poesia e errore”, Mondadori, Milano, 1969

Fraternità – Ghiannis Ritsos

Ghiannis Ritsos

Ad Aragon

I poeti si riconoscono facilmente tra loro – non
dalle grandi parole che abbagliano il pubblico, non
dai gesti retorici, solo da certe cose
affatto banali e di dimensioni segrete, come Ifigenia
riconobbe subito Oreste appena le disse:
“Non eri tu che ricamavi in cortile, sotto il pioppo,
con bei colori su una tela bianca di bucato
il mutamento di orbita del sole?”. Ma soprattutto:
“In un angolo della tua stanza non era conservata
l’antica lancia di Pèlope?”. Allora lei
si chinò di colpo sulla sua spalla, chiudendo gli occhi
a una luce profonda, dolce, come se l’altare insanguinato
fosse completamente coperto da quella tela
bianca che lei stessa ricamava
sotto il pioppo, durante i caldi meriggi, in patria.

Ghiannis Ritsos

30 maggio 1969

da “Pietre Ripetizioni Sbarre”, Crocetti Editore, 2020

Titolo dell’opera originale: Πέτρες Eπαναλήψεις Kιγχλίδωμα

L’amore – Luis García Montero

Peter Demetz, Sul ponte 2, 2008

 

Le parole sono navi
e si perdono così, di bocca in bocca,
come di nebbia in nebbia.
Portano la loro merce per le conversazioni
senza trovare porto,
la notte che gli pesa come un’àncora.

Devono abituarsi ad invecchiare
e vivere con pazienza di legno
usato dalle onde,
andare a disfarsi, a danneggiarsi lentamente,
finché nella cantina della routine
non arrivi il mare e le sommerga.

Perché la vita entra nelle parole
come il mare in una nave,
copre di tempo il nome delle cose
e porta alla radice di un aggettivo
il cielo di una data,
il balcone di una casa,
la luce di una città riflessa in un fiume.

Per questo, nebbia dopo nebbia,
quando l’amore invade le parole,
colpisce le sue pareti, vi marchia
i segni di una storia personale
e lascia nel passato dei vocabolari
sensazioni di freddo e di calore,
notti che sono la notte,
mari che sono il mare,
solitarie passeggiate con estensione di frase
e treni fermi e canzoni.

Se l’amore, come tutto, è questione di parole,
accostarmi al tuo corpo fu creare un idioma.

Luis Garcia Montero 

(Traduzione di Gabriele Morelli)

 dalla rivista “Poesia”, Anno XXV, Marzo 2012, N. 269, Crocetti Editore

***

El amor

Las palabras son barcos
y se pierden así, de boca en boca,
como de niebla en niebla.
Llevan su mercancía por las conversaciones
sin encontrar un puerto,
la noche que les pese igual que un ancla.

Deben acostumbrarse a envejecer
y vivir con paciencia de madera
usada por las olas,
irse descomponiendo, dañarse lentamente,
hasta que a la bodega rutinaria
llegue el mar y las hunda.

Porque la vida entra en las palabras
como el mar en un barco,
cubre de tiempo el nombre de las cosas
y lleva a la raíz de un adjetivo
el cielo de una fecha,
el balcón de una casa,
la luz de una ciudad reflejada en un río.

Por eso, niebla a niebla,
cuando el amor invade las palabras,
golpea sus paredes, marca en ellas
los signos de una historia personal
y deja en el pasado de los vocabularios
sensaciones de frío y de calor,
noches que son la noche,
mares que son el mar,
solitarios paseos con extensión de frase
y trenes detenidos y canciones.

Si el amor, como todo, es cuestión de palabras,
acercarme a tu cuerpo fue crear un idioma.

 Luis Garcia Montero 

da “Completamente viernes”, Editorial Tusquets, 1998