Amo della notte il preludio quando venite insieme,
mano nella mano, e mi avvolgete lente,
strofa dopo strofa, mi portate lassù sulle vostre ali. Amiche mie restate, non affrettatevi
e dormite contro i miei fianchi come le ali di una rondine stanca.
Calda è la vostra seta. Il flauto dovrà rallentare
per levigare un sonetto quando mi troverete segreto e bello
come un senso sul punto di spogliarsi. Non riuscendo ad arrivare
né a indugiare davanti alle parole, mi sceglie come soglia.
Amo della poesia la spontaneità della prosa e l’immagine velata,
senza una luna per l’eloquenza: quando cammini scalza,
la rima abbandona l’amplesso delle parole
e si spezza la cadenza al culmine della prova.
Un poco di notte accanto a te basta per farmi uscire dalla mia Babilonia
verso la mia essenza, la mia fine. Nessun giardino in me
e tu, tu sei tutta. E da te trabocca il me libero e buono.
Mahmūd Darwīsh
(Traduzione di Chirine Haidar)
da “Il letto della straniera”, Epoché, 2009