S’ode ancora il mare – Salvatore Quasimodo

Donata Wenders, In the Wind, le Touquet, 2009

 

Già da piú notti s’ode ancora il mare,
lieve, su e giú, lungo le sabbie lisce.
Eco d’una voce chiusa nella mente
che risale dal tempo; ed anche questo
lamento assiduo di gabbiani: forse
d’uccelli delle torri, che l’aprile
sospinge verso la pianura. Già
m’eri vicina tu con quella voce;
ed io vorrei che pure a te venisse,
ora, di me un’eco di memoria,
come quel buio murmure di mare.

Salvatore Quasimodo

da “Giorno dopo giorno”, “Lo Specchio” Mondadori, 1947

Aprile-amore – Mario Luzi

 

Il pensiero della morte m’accompagna
tra i due muri di questa via che sale
e pena lungo i suoi tornanti. Il freddo
di primavera irrita i colori,
stranisce l’erba, il glicine, fa aspra
la selce; sotto cappe ed impermeabili
punge le mani secche, mette un brivido.

Tempo che soffre e fa soffrire, tempo
che in un turbine chiaro porta fiori
misti a crudeli apparizioni, e ognuna
mentre ti chiedi che cos’è sparisce
rapida nella polvere e nel vento.

Il cammino è per luoghi noti
se non che fatti irreali
prefigurano l’esilio e la morte.
Tu che sei, io che sono divenuto
che m’aggiro in così ventoso spazio,
uomo dietro una traccia fine e debole!

È incredibile ch’io ti cerchi in questo
o in altro luogo della terra dove
è molto se possiamo riconoscerci.
Ma è ancora un’età, la mia,
che s’aspetta dagli altri
quello che è in noi oppure non esiste.
L’amore aiuta a vivere, a durare,
l’amore annulla e dà principio. E quando
chi soffre o langue spera, se anche spera,
che un soccorso s’annunci di lontano,
è in lui, un soffio basta a suscitarlo.
Questo ho imparato e dimenticato mille volte,
ora da te mi torna fatto chiaro,
ora prende vivezza e verità.

La mia pena è durare oltre questo attimo.

Mario Luzi

da “Primizie del deserto”, Schwarz, 1952

Vent’anni – Mario Luzi

Foto di Paul Apal’kin

 

Perdono pe’ nostri dolci peccati
Per avere spesso guardato
Teneramente dissiparsi il giorno
Dall’ombra e il silenzio dei casini
Sognando di andare con una fanciulla
Senza seni lungo l’Arno rosa
E la voglia di piangere racchiusa
Nel cuore come un’onda preziosa.

Perdono per esserci creduti forti
Più della morte quando passavano
I carri e i funerali per le strade
Odorate di cipria e di fiori
E volevamo portare a casa cantando
L’immagine dei baci, la voglia
Di stringer l’età amara che non fugga,
D’entrare nelle chiese che non han più soglia.

Mario Luzi

da “Poesie ritrovate”, Garzanti, 2003

«Tu che non sai e splendi di tanta poesia» – Cesare Pavese

Edward Weston, Sibyl Anikeeff

 

Tu che non sai e splendi di tanta poesia
o donna che fiorisci sopra la mia agonia,
fa ch’io risorga un giorno.
O tu che sei passata nel crepuscolo immondo
di tutti noi e sorgi come l’alba d’un mondo
fa ch’io risorga un giorno.

Cesare Pavese

[aprile 1928]

da “Prima di «Lavorare stanca» 1923-1930”, in “Cesare Pavese, Le poesie”, Einaudi, Torino, 1998

Le mani – Vittorio Sereni

Foto di Ferdinando Scianna

 

Queste tue mani a difesa di te:
mi fanno sera sul viso.
Quando lente le schiudi, là davanti
la città è quell’arco di fuoco.
Sul sonno futuro
saranno persiane rigate di sole
e avrò perso per sempre
quel sapore di terra e di vento
quando le riprenderai.

Vittorio Sereni

da “Frontiera”, Edizione di Corrente, Milano, 1941