«Sono uno zolfanello, ardo di botto» – Angelo Maria Ripellino

Brett Weston, Untitled, 1951

24.

Sono uno zolfanello, ardo di botto,
in un prestissimo consumo il mio dappoco.
Che brillío, che impostura, che giuoco,
ma quanta fatica, mio Signore, c’è sotto.

Quanto si soffre a sgombrare
la massa ingorda dei detriti,
che ti sviolinano intorno incalliti
come donne di malaffare.

Quanta smaniosa tensione
per affrancarsi dai lacci
dei tenaci svolazzi, dall’infezione
di ignobili croste e di stracci.

Sono uno zolfanello, ardo in un lampo,
ma prima quanti mucchietti rachitici
ha scavato la talpa nell’umido campo,
nel fetido intrico delle radici.

Angelo Maria Ripellino

da “Das letze Varieté”, in “Lo splendido violino verde”, Einaudi, Torino, 1976

Molti passi indietro – Michalis Ganàs

Foto di Dorothea Lange

 

Madre con i tuoi nove figli maschi e una femmina
nave amara su questi monti ti ha lasciato,
affamato il tuo cuore digiuno, vestito smesso della pena
fuggirono dappertutto gli uomini, si prosciugarono le acque.
Così sazia d’oblio e sostegno di Dio
tua colonna il muro della casa,
i paternoster dell’orecchio e i buchi dell’acqua
si aprano per portarvi fino al nido dell’aquila.
Il mondo senza tetto, io inerme
chinino il mio occhio, chinino anche la voce
imbuto nelle mani di chiunque il mio sangue versato
nelle damigiane del cieco col cero in mano.

Michalis Ganàs

(Traduzione di Paola Maria Minucci)

da “La Grecia, sai…”, Donzelli Poesia, 2004

∗∗∗

ΠΟΛΛΑ ΒΗΜΑΤΑ ΠΙΣΩ

Μάνα μέ τούς ἐννιά σου γιούς ϰαί μέ τή μιά σου ϰόρη
βαπόρι σ’ ἄφησε πιϰρό σέ τοῦτα τά βουνά,
πεινᾶ ἡ ϰαρδιά σου νηστιϰή ϰαί τοῦ ϰαημοῦ ἀποφόρι
φύγαν οἱ ἀνθρῶποι γιά παντοῦ, στραγγίξαν τά νερά.
Ἔτσι χορτάτη λησμονιά ϰαί τοῦ Θεοῦ ἀποϰούμπι
ἀϰούμπησε τή ράχη σου στόν τοῖχο τοῦ σπιτιοῦ,
τ’ αὐτιοῦ σου τά πατερημά ϰαί τῶν νερῶν οἱ τοῦμποι
ν’ ἀνοίξουν νά σᾶς πάρουνε ὥς τή φωλιά τ’ ἀετοῦ.
Νά μείνει ὁ ϰόσμος ξέσϰεπος, ξαρμάτωτος νά μείνω
ϰινίνο νά ’ν’ τό μάτι μου, ϰινίνο ϰι ἡ φωνή
χωνί στά χέρια ϰαθενοῦ τό αἷμα μου νά χύνω
στίς νταμιζάνες τοῦ τυφλοῦ ὁπού βαστάει ϰερί.

Μιχάλης Γϰανάς 

da “Ποιήματα 1978–2012”, Εκδόσεις Μελάνι, 2013 

Partenza – Eugenio Montejo

Mario Giacomelli, Gabbiani

 

Parto con ogni nave di questo porto,
con ogni goccia azzurra di ossigeno
tra rauchi fischi.

Vado a Rotterdam, dove ora cade spessa la neve
e i gabbiani olandesi
frugando tra le merci
si posano sugli alberi delle navi.

Una cabina mi attende in ogni nave,
un libro di Li Po per la mia traversata;
– cercatemi a Rotterdam, scrivetemi
anche se non partissi.

Se non parto a quest’ora lo farò in un’altra;
le navi cambieranno, non il mio desiderio;
il mio desiderio è a Rotterdam:
da qui lo intravedo assieme alla neve
tra le sue case.

Non c’è una sola via sul mare
che non abbia il suo contrario,
non ci sono modi di stare e di non stare dove si viaggia.
Se scegliessi un’altra via piú semplice, piú umana,
partirei senza assentarmi,
toccandola la neve mi parrebbe calda.

In ogni nave di questo porto
ho noleggiato il mio bagaglio;
se anche mi vedessero domani qui nei moli,
sono a bordo;
le navi cambieranno, non il mio desiderio;
– cercatemi a Rotterdam, scrivetemi,
il mio desiderio ha il volo del gabbiano
e neve tra le sue ali.

Eugenio Montejo

(Traduzione di Luca Rosi)

da “Territudine” (1978), in “La lenta luce del tropico”, Le Lettere, Firenze, 2006

∗∗∗

Partida 

Me voy con cada barco de este puerto,
con cada gota azul de oxígeno
entre roncos silbatos.

Me voy a Rotterdam donde ahora cae densa la nieve
y las gaviotas holandesas
hurgando las mercaderías
se posan en los mástiles.

Un camarote me espera en cada barco,
un libro de Li Po para mi travesía;
-búsquenme en Rótterdam, escríbanme
aunque no parta.

Si no salgo a esta hora será en otra;
las naves cambiarán, no mi deseo;
mi deseo está en Rótterdam:
desde aquí con la nieve lo diviso
entre sus casas.

No hay un solo camino sobre el mar
sin su contrario,
no hay maneras de estar y no estar donde se viaja.
Si mediara otra senda más simple, más humana,
saldría sin ausentarme,
la nieve me sería cálida al tacto.

En cada barco de este puerto
tengo fletado mi equipaje;
aunque me vean aquí mañana por los muelles,
estoy a bordo,
las naves cambiarán, no mi deseo;
-búsquenme en Rotterdam, escríbanme,
mi deseo tiene vuelo de gaviota
y nieve entre sus alas.

Eugenio Montejo

da “Terredad”, Monte Avila Editores, 1978

«Ma gli occhi del potere» – Daniele Piccini

Foto di Vivian Maier

 

Ma gli occhi del potere,
i volti indecifrabili,
che sudano violenza.
La loro lingua rompe
la lingua della vita,
corrompe intimamente
il sangue del ragazzo.
Eternamente muore
lui dal profilo ossuto, popolano,
che nel parlare si tirava tutto,
un viso da ragazzo
che la storia mette sempre a tacere,
che la storia rimpiange
con cordoglio peloso
quando ha tolto la spina
dalla rosa.

Daniele Piccini

da “Inizio fine”, Crocetti Editore, 2021

Che tu sia benedetta, o creatura… – Diego Valeri

Foto di Sayaka Maruyama

 

Che tu sia benedetta, o creatura
piccola nostra, caro immenso amore,
dolce primaveretta
che fiorisci la nostra oscura via
della tua gioia tutta bianca e rosa.
Ecco: io ti stringo al petto, ti raccolgo,
così piccola e fragile e leggera,
tutta nelle mie mani;
e il tepor sento del tuo viso molle
contro il mio viso, e l’aerea carezza
dei tuoi capelli a fior delle mie labbra.
E ti guardo e t’ascolto respirare…
E mi pare, non so, mi pare d’averti
non qui, presso di me, ma in me, ben dentro
alla mia carne, in mezzo del mio cuore,
profondamente, dolorosamente,
soavemente mia. E ti chiudo così nella mia vita,
come chiude la rosa del mattino
nel caldo grembo della sua corolla
la stilla di rugiada tremula e luminosa
che una stella in su l’alba le donò.

Diego Valeri

da “Umana”, San Marco dei Giustiniani, Genova, 2008