Metamorfosi dell’angelo – Diego Valeri

Arnold Genthe, Lee Miller, about 1927

 

Se mi sporgo a guardare dentro il pozzo
degli anni morti, vedo, in fondo all’ombra,
dilatarsi il chiarore del mattino
azzurro e bianco; e te, viso di perla,
occhi d’ambra dorata,
splendere, luce nella luce, arcana
verità del divino amore,
dolcissimo Angelo.

Ma qui, se qui ti cerco
fra terra e cielo, in questa
serenità del tardo tempo, nella
limpidezza del dì che si fa sera,
più non ti trovo, e invano
t’invoco, Angelo. Forse
t’ho per sempre perduto. O forse splendi
ancora, senza forma, nella vuota
aria d’intorno; sei la poca luce
che ancora dura…Questa
luce attonita; e l’ombra così lieve,
che vi trema sospesa,
come uno sguardo d’occhi bruni, come
un passar d’ali nere.

Diego Valeri

da “Poesie”, “Lo Specchio” Mondadori, 1967

Agate nere – Tudor Arghezi

Monia Merlo, dalla serie Crisalide, 2015

 

Come nel silenzio
profondo dell’abisso
della notte pallida, uguale a luce
di luna nella nebbia della sera;

come l’anima perduta
in una leggera ragnatela
che oscilla obliqua
per tenere carezze;

come uscite da pagine lette
farfalle chiare cerchiate d’occhi d’oro
su ciuffi di centàurea
muovono ali polverose;

con un fruscio di seta
soffocato nelle trine −
sulla mia finestra
passa il vento, rete
stellata di perle.

Confuso nel ricordo
un profumo di sogno ritorna:
sul seno appena scoperto
un braccio sottile
dormiva come un iris.

Gli occhi chiusi in gusci di ferro
versano un seme tremante
negli occhi di un tempo:
e gli alberi contro il cielo
sembrano navi nere
cariche di mistero.

Tudor Arghezi

(Traduzione di Salvatore Quasimodo)

da “Tudor Arghezi, Poesie”, “Lo Specchio” Mondadori, 1966

∗∗∗

Agate negre

Cum e-n mijlocul tăcerii,
Adîndtă-n văgăuna
Nopţii palide, ca luna
Licărind în bruma serii;

Şi cum sufletul se pierde
Într-un lin păinjiniş
Ce se leagănă pieziş
Să-l mîngîie şi dezmierde;

Cum din foile citite
Fluturi albi, cu ochi de aur
Pe buchete de ţintaur
Mişcă aripi prăfuite;

Cu susure de mătasă
Înecată de dantele –
Pe la geamurile mele
Trece vîntul ca o plasă
Constelată cu mărgele.

Turburat în amintire,
S-a întors parfum de vis,
De la sînu-abia deschis
Peste care-un braţ subţire
Adormea ca un irìs.

Ochii strînşi în coji de fier
Dau o boabă tremurată
Pentru ochii de-altădată:
Şi copacii-ntorşi spre cer
Par corăbii negre, iată,
Încărcate  cu mister.

Tudor Arghezi

da “Cuvinte potrivite”, Editura Fundaţiei Culturale Principele Carol, Bucureşti, 1927 

«La carta della sera.» – René Char

221.

Una volta di piú l’anno nuovo confonde i nostri occhi.
Alte erbe son deste che amore non hanno
Se non col fuoco e con la morsa e rimorsa prigione.
Dopo saranno le ceneri del vincitore
E il racconto del male;
Le ceneri saranno dell’amore;
La spinalba superstite al rintocco di morte;
Saranno le ceneri di te,
Immaginarie, della tua vita immobile sul suo cono d’ombra.

René Char

(Traduzione di Vittorio Sereni)

da “I fogli d’Ipnos”, Einaudi, Torino, 1968

∗∗∗

221.

La carte du soir.

Une fois de plus l’an nouveau mélange nos yeux.
De hautes herbes veillent qui n’ont d’amour qu’avec le feu et la prison mordue.
Après seront les cendres du vainqueur
Et le conte du mal;
Seront les cendres de l’amour;
L’églantier au glas survivant;
Seront tes cendres,
Celles imaginaires de ta vie immobile sur son cône d’ombre.

René Char

da “Feuillets d’Hypnos (1943-1944)”, Gallimard, Paris, 1948

Paesaggio VIII – Cesare Pavese

Foto di Gerard Laurenceau

 

I ricordi cominciano nella sera
sotto il fiato del vento a levare il volto
e ascoltare la voce del fiume. L’acqua
è la stessa, nel buio, degli anni morti.

Nel silenzio del buio sale uno sciacquo
dove passano voci e risa remote;
s’accompagna al brusío un colore vano
che è di sole, di rive e di sguardi chiari.
Un’estate di voci. Ogni viso contiene
come un frutto maturo un sapore andato.

Ogni occhiata che torna, conserva un gusto
di erba e cose impregnate di sole a sera
sulla spiaggia. Conserva un fiato di mare.
Come un mare notturno è quest’ombra vaga
di ansie e brividi antichi, che il cielo sfiora
e ogni sera ritorna. Le voci morte
assomigliano al frangersi di quel mare.

Cesare Pavese

[9 agosto 1940]

da “Le poesie aggiunte”, in “Lavorare stanca”, Einaudi, Torino, 1998

«Ci diciamo addio – e nello stesso istante» – Bella Achatovna Achmadulina

Foto di Tommy Ingberg

 

Ci diciamo addio — e nello stesso istante
il mutamento si impossessa della terra
e la sua smania di cambiare è così grande
che il fiume ha ribrezzo della riva
le nuvole si disamorano del cielo
la mano destra saluta la sinistra
dicendole superba: — Ciao!

Aprile ormai non anticipa più il Maggio.
No, non vedremo più la primavera,
— il melampiro, vedi, sta sfiorendo —
oh, lotta del giallo e dell’azzurro!

L’estate calpesta i propri fiori,
tempo e spazio si sono ripudiati.
È morto il bianco: ci restano soltanto
i suoi sette orfanelli colorati.

In tutti i templi infuria lo sfacelo,
nei cimiteri folleggia la rapina —
tutto per colpa dell’addio
tra me e te, per colpa di un addio!

Bella Achatovna Achmadulina

(Traduzione di Serena Vitale)

da “Tenerezza e altri addii”, Guanda, Parma, 1971