Non voglio che tu salga scale… – Ghiannis Ritsos

Unbearable lightness of Being by Liudmila Wilchevskaya

Parola Carnale
 8

Non voglio che tu salga scale di marmo d’ospedali. Non voglio
che aspetti davanti alla porta socchiusa d’una sala operatoria; — carni straziate, sangue —
non quello dei tuoi 27 giorni; ma anche quello
mi allontana, mi ostacola, mi attira. Il sangue
è per scorrere non visto nelle vene; per udirlo di notte
cuore a cuore, come una musica dal piano di sotto, dove un’altra coppia
prepara con la musica un amore più profondo. Non voglio
tu vada in giro per questi corridoi che sanno
di idroformio, di canfora e di morte. Non voglio che tu faccia
l’infermiera a nessuno, neanche a me. Non voglio che tu curi
gli storpi, le statue mutilate e una tortora
colpita all’ala destra dai pallini. Non voglio che il tuo sorriso
cada sulla nudità degli uccisi, anche se sono miei compagni. A te si addice
l’immobilità nella giovinezza, o con pochi gesti
governare le onde davanti al letto, o tutt’al più pettinarmi
i capelli bagnati nei tuoi bei modi allegri, o ancora
portare al mattino il gran vassoio col tè, come portassi
un’arpa, senza intenzione di suonare, giacché l’arpa
suona da sola appena alzo gli occhi su di te. Perché, sai,
su quest’ardente pietra dell’anello che mi hai donato splende
una città illuminata con lampioni verdi. Per i suoi viali danzano
piccole ballerine con lampioncini di carta rossi e margherite
e un giovane dal balcone spruzza loro i capelli coi miei versi stracciati.
Perciò giro al contrario la pietra dell’anello, la stringo
nel mio pugno, caso mai lo sguardo invidioso o innocente d’un estraneo
getti il malocchio su questa inesausta felicità nel tempo, fuori dal tempo,
e al mattino dopo troviamo sull’ascensore i tre cerbiatti uccisi.

Ghiannis Ritsos

(Traduzione di Nicola Crocetti)

da “Erotica”, Crocetti Editore, 2002

Leggi, sono questi i nomi delle cose… – Maria do Rosário Pedreira

Foto di Emmanuel Sougez

 

Leggi, sono questi i nomi delle cose che
lasciasti – me, libri, il tuo profumo
sparso per la stanza; sogni una
metà e dolori il doppio, baci per
tutto il corpo come tagli profondi
che non si rimargineranno mai; e libri, nostalgia,
la chiave di una casa che non è mai stata la
nostra, una vestaglia di flanella blu che
indosso, quando faccio questo elenco:

libri, risa che non riesco a mettere in ordine,
e rabbia – un vaso di orchidee che
amavi tanto senza che io sapessi perché e
che forse per questo non tornai ad innaffiare; e
libri, il letto disfatto per tanti giorni,

una lettera sul tuo cuscino e tanta
afflizione, tanta solitudine; e in un cassetto
due biglietti per un film d’amore che
non hai visto con me, e altri libri, e anche
una camicia sbiadita con la quale dormo
di notte per stare più vicino a te; e, da

tutte le parti, libri, tanti libri, tante
parole che mai mi hai detto prima della
lettera che scrivesti quella mattina, e io,
io che ancora credo che tornerai, che
ritorni, sia pure solo per i tuoi libri.

Maria do Rosário Pedreira

(Traduzione di Mirella Abriani)

dalla rivista “Poesia”, Anno XXV, Ottobre 2012, N. 275, Crocetti Editore

***

Lê, são estes os nomes… 

Lê, são estes os nomes das coisas que
deixaste – eu, livros, o teu perfume
espalhado pelo quarto; sonhos pela
metade e dor em dobro, beijos por
todo o corpo como cortes profundos
que nunca vão sarar; e livros, saudade,
a chave de uma casa que nunca foi a
nossa, um roupão de flanela azul que
tenho vestido enquanto faço esta lista:

livros, risos que não consigo arrumar,
e raiva – um vaso de orquídeas que
amavas tanto sem eu saber porquê e
que talvez por isso não voltei a regar; e
livros, a cama desfeita por tantos dias,
uma carta sobre a tua almofada e tanto
desgosto, tanta solidão; e numa gaveta
dois bilhetes para um filme de amor que
não viste comigo, e mais livros, e também
uma camisa desbotada com que durmo
de noite para estar mais perto de ti; e, por

todo o lado, livros, tantos livros, tantas
palavras que nunca me disseste antes da
carta que escreveste nessa manhã, e eu,
eu que ainda acredito que vais voltar, que
voltas, mesmo que seja só pelos teus livros.

Maria do Rosário Pedreira

da “Nenbum Nome Depois”, Gótica, Lisboa, 2004

«Ancora non l’ho detto al mio giardino –» – Emily Dickinson

Foto di Katia Chausheva

[50]

Ancora non l’ho detto al mio giardino –
perché mi potrebbe sopraffare.
Non ho certo la forza a questo punto
di rivelarlo all’ape –

Non ne farò parola per la strada
stupirebbe le botteghe che io –
quella cosí ignorante – cosí timida
abbia la sfrontatezza di morire.

Non devono saperlo le colline –
dove ho vagato tanto –
e non ditelo alle foreste devote
il giorno in cui dovrò andare –

né si sussurri a tavola –
né si accenni sbadatamente
per la via che oggi una entrerà
dentro l’enigma –

Emily Dickinson

(Traduzione di Silvia Bre)

da “Questa parola fidata”, Einaudi, Torino, 2019

∗∗∗

[50]

«I hav’nt told my garden yet –»

I hav’nt told my garden yet –
Lest that should conquer me.
I hav’nt quite the strength now
To break it to the Bee –

I will not name it in the street
For shops w’d stare at me –
That one so shy – so ignorant
Should have the face to die.

The hillsides must not know it –
Where I have rambled so –
Nor tell the loving forests
The day that I shall go –

Nor lisp it at the table –
Nor heedless by the way
Hint that within the Riddle
One will walk today –

Emily Dickinson

da “The Poems of Emily Dickinson”, a cura di Thomas H. Johnson, The Belknap Press of Harvard University Press, Cambridge (Mass.), 1955

Canto della sera – Georg Trakl

Foto di Cristina Venedict

 

Se andiamo a sera per sentieri oscuri,
Incontriamo i nostri visi smorti.

Se abbiamo sete,
Beviamo le acque bianche dello stagno,
La dolcezza della nostra infanzia triste.

Ombre, riposiamo sotto il sambuco
Guardiamo i grigi gabbiani.

Nubi di primavera incombono sulla città buia
Che tace piú nobile èra di chiostri.

Quando presi le tue mani scarne
Levasti piano gli occhi tondi,
Molto tempo fa.

Ma quando oscura armonia visita l’anima
Appari tu, bianca, nel paesaggio autunnale dell’amico.

Georg Trakl

(Traduzione di Ida Porena)

da “Georg Trakl, Poesie”, Einaudi, Torino, 1979

∗∗∗

Abendlied

Am Abend, wenn wir auf dunklen Pfaden gehn,
Erscheinen unsere bleichen Gestalten vor uns.

Wenn uns dürstet,
Trinken wir die weißen Wasser des Teichs,
Die Süße unserer traurigen Kindheit.

Erstorbene ruhen wir unterm Holundergebüsch,
Schaun den grauen Möven zu.

Frühlingsgewölke steigen über die finstere Stadt,
Die der Mönche edlere Zeiten schweigt.

Da ich deine schmalen Hände nahm
Schlugst du leise die runden Augen auf,
Dieses ist lange her.

Doch wenn dunkler Wohllaut die Seele heimsucht,
Erscheinst du Weiße in des Freundes herbstlicher Landschaft.

Georg Trakl

da “Gedichte”, Leipzig: Kurt Wolff Verlag, 1913

(II tuo splendore) – Piero Bigongiari

Brett Weston, Untitled (High Tide), 1951

 

Il tuo splendore è di chi ha attraversato
il fuoco (con me o senza di me?).
Vaghi, se stella non sei, nei riflessi
dei bicchieri che torbidi si levano
dal rogo degli auguri. Ma tu che àuguri
un futuro allo splendore dei riposi?

Se il tempo si fa fiamma, subsidenza
opaca alla parola è ogni altro dramma
che trascolora e non rimane in sé:
se mi guardi l’aurora non ardisce
ripresentarsi, anzi non sa se è,
ma se non è rincuora – o uccide? – l’altro

in sé… Son io, il sasso che il torrente
gemica della gemma che traspare,
e non sa ancora – né tu puoi sapere –
se il fuoco brucia il tempo o questo il rogo,
se trattenersi un poco dentro il sole
è un orlo troppo puro o troppo roco.

Piero Bigongiari

da “Agosto al Forte”, Poesie inedite e disperse (1978-1991), Pistoia, Gli Ori, 2014