
Foto di Boris Smelov
Vicenda dopo vicenda
nella furia viola, nel delirio
dei giorni, s’imprime, sulla pelle
degli esseri del mondo, l’unghia
del tempo
∗
Stridono, le cose,
nella botola – scura – della materia,
oscillano
a un fiato di mondo
∗
E sei, e non sei, sei
dove non è che vita
prima, bollore
d’origine
∗
E dove guardi, non è memoria
ma ostinata volontà di essere
non nel nome, né nella gloria
di uno, ma del tutto
che ripiega, a notte, nel suo eremo
– cieco, torvo –
di nube
∗
E t’immoti, nel tuo ultimo qui
come nel primo, ti incateni
agli stupefacenti velami del mondo
– ori che razzano, ombre, lumi
di poco, nomi
che s’inabissano in altri nomi, sensi
petrosi, sepolti
in una voragine di fuoco
∗
E in un vimine, in un filaccio
di stoppia, nel viticcio
che si avviluppa – sovrano, irripetibile –
alle correnti, ondose, dell’aria, è
cielo
e fuoco,
terra che smotta, acque
che sprofondano in altre
acque
∗
Guardi, e temi
nello stridìo rigoglioso delle cose
che scrollano
da sé ogni nome
vibrano
s’impollinano, tumultuano
all’appello
di un ordine incessante
∗
Nell’ordine uncinato delle cose,
nel suo fulgore di fuoco e di vento
in ciò che è
e non è
impazzano
gli atomi della mente, nomi
infrazionabili
∗
Si liquefà, il pensiero
nel suo covo – altero, irreprensibile –
di bronzo lucente
∗
E affondi
sulla stadera del mondo
al flettersi di un ferro austero,
costante.
Pullula, tra i pesi del tempo,
una congerie di nomi
forme, stampi
∗
Vortica, l’infinitesima
frazione delle cose, folgora
come al tempo dei tempi
cognizione, talla, scura
deità
∗
E forzano i confini della mente,
giungono
al tempo che non consola
Necessità
li uncina, dal suo trono di nubi
perenni
Vacillano
∗
E invochi il giorno, il mese, l’anno
dei tuoi cominciamenti
spore, semi, stampi
del mondo che si ripete, incessante
e tremi
∗
E nessuno conosce il dopo,
non più del prima
e insorgono contro la fine
con litanie possenti,
con nomi
di fuoco
∗
Sopravvivono
nei semi dei semi
e della loro semenza, fino all’estremo
conflagrare di tutte
le cose
∗
Smottano
le muraglie del mondo
Natura,
salamandra possente, torce
la sua coda di tempo
fervido,
che ribolle
Giancarlo Pontiggia
da “Il moto delle cose”, “Lo Specchio” Mondadori, 2017
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