Ephemera – William Butler Yeats

Florence Henri, Portrait Composition, 1931

 

“ Gli occhi tuoi insaziati un giorno ai miei
sotto palpebre pendule dolenti
piegano, ché l’amore nostro muore ”.
Ed ella: “ Se anche muore il nostro amore,
sulla riva del lago solitaria
nell’ora di soavità che stanca

indugiamo una volta ancora insieme
la povera fanciulla Passione
cade nel sonno: ormai quanto lontane
mi sembrano le stelle e il primo bacio
quanto lontano e vecchio ormai il mio cuore! ”
Camminavano sulle foglie morte,
pensosi; ed egli tardi rispondeva
tra le sue trattenendo quelle mani:
“ Ha devastato già la Passione
sovente i nostri cuori vagabondi .”
Intorno si stendevano le selve
e cadevano foglie gialle come
appassite meteore nel buio;
d’improvviso un coniglio vecchio e storpio
discese zoppicando pel sentiero:
l’invadeva l’autunno: e un’altra volta
sulla riva del lago solitaria
indugiarono: egli, volto, vide ch’ella
aveva insinuato foglie morte,
in silenzio raccolte, umide come
i suoi occhi, nel petto e tra i capelli.
“ Ah, non ti rattristare ” egli diceva
“ che siamo stanchi, poi che nuovi amori
ci attendono; nell’odio e nell’amore
trascorri l’ore tue senza lamento.
È avanti a noi l’eternità; le nostre
anime sono amore e addio perenne ”.

William Butler Yeats

(Traduzione di Leone Traverso)

da “Poesie”, Vallecchi, Firenze, 1973

***

Ephemera

‘Your eyes that once were never weary of mine
Are bowed in sorrow under pendulous lids,
Because our love is waning’
                                                   And then she:
‘Although our love is waning, let us stand
By the lone border of the lake once more,
Together in that hour of gentleness
When the poor tired child, Passion, falls asleep:
How far away the stars seem, and how far
Is our first kiss, and ah, how old my heart!’

Pensive they paced along the faded leaves,
While slowly he whose hand held hers replied:
‘Passion has often worn our wandering hearts.’

The woods were round them, and the yellow leaves
Fell like faint meteors in the gloom, and once
A rabbit old and lame limped down the path;
Autumn was over him: and now they stood
On the lone border of the lake once more:
Turning, he saw that she had thrust dead leaves
Gathered in silence, dewy as her eyes,
In bosom and hair.
                                   ‘Ah, do not mourn,’ he said,
‘That we are tired, for other loves await us;
Hate on and love through unrepining hours.
Before us lies eternity; our souls
Are love, and a continual farewell.’

William Butler Yeats

da “Crosswayas” (1889), in “The Collected Poems of W. B. Yeats”, Macmillan, 1933

Il mio corpo mi porta via – Raffaele Carrieri

Foto di Hengki Koentjoro

 

Il mio corpo mi porta via
E devo sempre ricominciare
Fuoco donna focolare
E la speranza per durare
Dove sono più fugace
Della stella che cade.
Il mio corpo mi porta via.
Mi taglia, mi ritaglia
Mi separa dall’arpa
Mi separa dall’amata.
Mi separa mi sparpaglia
Per deserti e cordigliere
Come sabbia nella sabbia.
Cieco vado col cieco vento,
Il mio corpo mi porta via.

Raffaele Carrieri

da “Canzoniere amoroso”, “Lo Specchio” Mondadori, 1958

Frammenti – Gottfried Benn

Saul Leiter, Untitled, New York, 1950

 

Frammenti,
espurghi dell’anima,
coaguli di sangue del ventesimo secolo –

cicatrici – disturbo circolatorio della creazione ai primordi,
in rovina le religioni storiche di cinque secoli,
la scienza: crepe nel Partenone,
Planck con la sua teoria dei quanti andava
confuso a confluire con Keplero e con Kierkegaard¹ –
ma sere c’erano² che avevano i colori
di Dio padre, morbidi, a lunghe onde,
irrefutabili nel loro silenzio
d’azzurro fluente,
il colore degli introversi,
allora ci si riuniva,
le mani posate sui ginocchi
alla buona, fra contadini,
a bere in silenzio, concentrati,
coi garzoni che suonavano l’armonica –

e altre sere invece³
tormentate da circonvoluzioni interiori,
da impulsi ad arcuarsi,
da compressioni anelanti allo stile
o da cacce all’amore.

Crisi d’espressione e accessi erotici:
questo è l’uomo d’oggi,
l’interno vuoto,
la continuità della persona
garantita dagli abiti
che se di buona stoffa durano dieci anni.

Il resto frammenti,
suoni a metà,
accenni di melodie da case vicine,
spirituals negri
o ave marie.

Gottfried Benn

Giugno 1950

(Traduzione di Anna Maria Carpi)

da “Frammenti e distillazioni”, Einaudi, Torino, 2004

¹M. Planck (1858-1947), fisico tedesco autore della rivoluzionaria «teoria dei quanti», confluisce con Keplero (1571-1630) e S. Kierkegaard (1813-55) il filosofo danese della fede assoluta e dell’abisso fra uomo e Dio: i tre sono tutt’uno, il progresso scientifico non esiste e la storia è solo una catastrofe indifferenziata. Sui manoscritti il testo aveva delle varianti (Schuster, Gedichte I, p. 486): al posto di Kierkegaard troviamo Pascal, e «Planck diventò Keplero».
²Siamo a Sellin, il villaggio contadino dove Benn è cresciuto.
³Sere artificiali nella nevrosi della metropoli. (Anna Maria Carpi)

∗∗∗

Fragmente

Fragmente,
Seelenauswürfe,
Blutgerinnsel des zwanzigsten Jahrhunderts –

Narben – gestörter Kreislauf der Schöpfungsfrühe,
die historischen Religionen von fünf Jahrhunderten zertrümmert,
die Wissenschaft: Risse im Parthenon,
Planck rann mit seiner Quantentheorie
zu Kepler und Kierkegaard neu getrübt zusammen –

aber Abende gab es, die gingen in den Farben
des Allvaters, lockeren, weitwallenden,
unumstößlich in ihrem Schweigen
geströmten Blaus,
Farbe der Introvertierten,
da sammelte man sich
die Hände auf das Knie gestützt
bäuerlich, einfach

und stillem Trunk ergeben
bei den Harmonikas der Knechte –
und andere
gehetzt von inneren Konvoluten,
Wölbungsdrängen,
Stilbaukompressionen
oder Jagden nach Liebe.

Ausdruckskrisen und Anfälle von Erotik:
das ist der Mensch von heute,
das Innere ein Vakuum,
die Kontinuität der Persönlichkeit
wird gewahrt von den Anzügen,
die bei gutem Stoff zehn Jahre halten.

Der Rest Fragmente,
halbe Laute,
Melodienansätze aus Nachbarhäusern,
Negerspirituals
oder Ave Marias.

Gottfried Benn

da “Fragmente e Destillationen”, in “Sämtliche Werke”, J. G. Cotta’sche Buchhandlung Nachfolger G.m.b.H., Stuttgart, 1986

I punti di sospensione – Antonio Porta

Dominique Issermann, Laetitia Casta

 

Vedere solo si vede quello che si vuole
una foto sbiadisce poco a poco
e un volto, poi la figura intera scompaiono.
Dov’erano tracce di felicità, attimi
ora un grigio sbiadisce e se resiste
qualcosa, un sorriso molto tirato,
stupisce chi lo osserva
e la memoria rifiuta di saltare l’ostacolo.
Ma per capire fino in fondo che cosa
significa una cancellazione occorre
sentirsi cancellati, quando un’ombra
non è più un’ombra, un fiato, un vapore,
nel trionfo dei punti di sospensione…

Antonio Porta

6.12.1986

da “Yellow”, “Lo Specchio” Mondadori, 2002

Sonetto – Josif Aleksandrovič Brodskij

Josif Aleksandrovič Brodski

 

Peccato che per te la mia esistenza
diventata non sia quello che invece
per me la tua esistenza è diventata.
…Dal mio deserto vecchio un’altra volta

lancio in un cosmo di filo spinato
un mio soldino stemmato, tentando
di celebrare disperatamente
un momento d’accordo…Chi non sa

sostituire il mondo con se stesso,
gira il disco sbrecciato del telefono,
come fa il medium con il tavolino,

in cerca d’un fantasma che risponda,
facendo eco agli ultimi lamenti
d’una sirena in corsa nella notte.

Josif Aleksandrovič Brodskij

1967

(Traduzione di Giovanni Buttafava)

da “Fermata nel deserto”, “Lo Specchio” Mondadori, 1979

∗∗∗

COHET

Как жаль, что тем, чем стало для меня
твоё существование, не стало
моё существованье для тебя.
…В который раз на старом пустыре

я запускаю в проволочный космос
свой медный грош, увенчанный гербом,
в отчаянной попытке возвеличить
момент соединения… Увы,

тому, кто не умеет заменить
собой весь мир, обычно остается
крутить щербатый телефонный диск,

как стол на спиритическом сеансе,
покуда призрак не ответит эхом
последним воплям зуммера в ночи.

Иосиф Александрович Бродский

da “Ostanovka v pustyne”, New York: Chekhov Press, 1970