Celati – Gottfried Benn

Foto di Stephania Dapolla

 

Cela te stesso con maschere e con trucchi¹,
stringi gli occhi come chi vede male,
che dal tuo volto mai si distingua
dove sono il tuo essere, il tuo crollo.

Ultime luci, lungo bui giardini,
il cielo un rovinio di notti e incendi –
celati: dove lacrimi o resisti,
la carne ove ciò si compie non si veda.

Le scissioni, la crepa ed i passaggi,
il nocciolo dentro cui vieni annientato
celali, come se i tuoi canti di lontano
venissero da una gondola vicina.

Gottfried Benn

Inizio 1951.

(Traduzione di Anna Maria Carpi)

da “Frammenti e distillazioni”, Einaudi, Torino, 2004

¹Una netta separazione s’impone fra vita e arte, la dolente umanità dell’artista e la sua produzione, che non aspira tuttavia al sublime: è una canzone di gondoliere. Vedi gli spirituals negri e le Ave Maria di Frammenti. (Anna Maria Carpi)

∗∗∗

Verhülle dich –

Verhülle dich mit Masken und mit Schminken,
auch blinzle wie gestörten Augenlichts,
laß nie erblicken, wie dein Sein, dein Sinken
sich abhebt von dem Rund des Angesichts.

Im letzten Licht, vorbei an trüben Gärten,
der Himmel ein Geröll aus Brand und Nacht –
verhülle dich, die Tränen und die Härten,
das Fleisch darf man nicht sehn, das dies vollbracht.

Die Spaltungen, den Riß, die Übergänge,
den Kern, wo die Zerstörung dir geschieht,
verhülle, tu, als ob die Ferngesänge
aus einer Gondel gehn, die jeder sieht.

Gottfried Benn

da “Fragmente e Destillationen”, in “Sämtliche Werke”, J. G. Cotta’sche Buchhandlung Nachfolger G.m.b.H., Stuttgart, 1986

Incontri – Gottfried Benn

Foto di Elliott Erwitt


Quali incontri in tutti questi giorni
maturi, d’oro, tondi come pesche,
con le spose del sole (ossia l’helenium)
ancor danno colore al giardino –
vecchiaia greve,
vecchiaia lieve,
anche la lacrima si batte sulla spalla:
«va’, non è tragico e non durerà molto» –

Incontri, al crepuscolo magari,
l’heure bleue¹, circola un samba nel creato,
gli uomini posano la mano
fra le scapole della loro dama,
da Fiesole a La Paz²
sensi e piacere globalmente in voga –

oppure i canti dell’Ohio
sospesi là negli alberi,
fra le canne e nei sogni
della gioventú che parte per la vita –
per quanto tempo –?

Blu della notte e giallo della spiaggia
barriera corallina e un bianco yacht,
ciò che fra miti e sogni avevi dentro
lo vedi dall’hotel a Denpasar³ –

Incontri che sono senza centro,
non hanno padre non hanno figli,
incontri di una guancia color pesca
con una sposa del sole che va in cielo,
incontri – il presto e il tardi,
un essere che sta passando ad altri.

Gottfried Benn

(Traduzione di Anna Maria Carpi)

 14-15 ottobre 1950.

da “Frammenti e distillazioni”, Einaudi, Torino, 2004

¹Oltre che dell’amore l’ora azzurra è quella dei sensi, del ballo e delle fantasie di lusso e di luoghi esotici.
² Altra associazione fortuita di fascinosi luoghi da Benn mai visitati. In uno dei suoi rarissimi viaggi, nel 1929, Benn si era spinto con un suo ricco paziente mercante d’arte fino a Biarritz e ai Pirenei. Cannes e Antibes sono mete del turismo di lusso di tutta un’epoca.
³ Cittadina dell’isola di Bali.   (Anna Maria Carpi)

∗∗∗

Begegnungen

Welche Begegnungen in diesen Tagen
reif, golden, pfirsichrund,
wo immer noch die Sonnenbräute (Helenium)
wirksame Farben in den Garten tragen –
von Alter schwer,
von Alter leicht,
wo selbst die Träne sich auf den Rücken klopft:
«nur halb so schlimm und nicht mehr lange» –

Begegnungen, zum Beispiel Dämmerstunde,
l’heure bleue, die Schöpfung zittert von Samba,
die Herren legen die Hände
zwischen die Schulterblätter der Dame,
von Fiesole bis La Paz
nun Sinnlichkeit und Freude global im Schwange –

oder die Lieder vom Ohio,
die hängen dort in den Bäumen,
im Schilfrohr und in den Träumen
der Jugend, die in das Leben zieht –
wie lange –?

Das Gelb des Strandes und das Blau der Nacht
und am Korallenriff das Weiß der Jacht,
was je an Traum und Mythen in dir war,
erblickst du vom Hotel in Denpasar –

Begegnungen, die ohne Zentrum sind,
sie haben keinen Vater und kein Kind,
Begegnungen von einer Pfirsichwange
mit einer Sonnenbraut im Himmelsgange,
Begegnungen – das Frühe und das Spät,
ein Sein, das dann an andere übergeht.

Gottfried Benn

da “Fragmente e Destillationen”, in “Sämtliche Werke”, J. G. Cotta’sche Buchhandlung Nachfolger G.m.b.H., Stuttgart, 1986

Madre – Gottfried Benn

Lucio Fontana, Concetto spaziale, Attesa, 1965

 

Ti porto come una ferita
sulla fronte che non si rimargina.
Non sempre duole. E il cuore
non ne muore dissanguato.
Solo talvolta sono di colpo accecato e sento
del sangue in bocca.

Gottfried Benn

(Traduzione di Paola Quadrelli)

La madre di G. Benn morì il 9 aprile 1912.

dalla rivista “Poesia”, Anno XV, Gennaio 2002, N. 157, Crocetti Editore

∗∗∗

Mutter

Ich trage dich wie eine Wunde
auf meiner Stirn, die sich nicht schließt.
Sie schmerzt nicht immer. Und es fließt
das Herz sich nicht draus tot.
Nur manchmal plötzlich bin ich blind und spüre
Blut im Munde.

Gottfried Benn

1913

da “Sämtliche Werke”, J.G. Cotta’sche Buchhandlung Nachfolger GmbH, Stuttgart, 1986

Amore – Gottfried Benn

Foto di Christer Strömholm

 

questa parola non la pronunciamo neppure
io resto solo in me stesso
ma ti guardo volentieri
mi piace sentirti vicina
mangio volentieri con te
conversiamo con piacere
per tutta la giornata manteniamo un tono affettuoso
ah – domani
cosa ne saprai

In questo disordine, progetti esistenziali
notizie locali, ricerca nucleare, biglietto d’ingresso
gran confusione – non c’è niente di male
dev’essere così
previsioni del tempo, canzonette filosofemi,
e le stupidaggini alla radio:
“il suo musicista preferito
Beethoven e Gerhard Winkler” –
“suo” – si parla di un vecchio babbeo
“il nostro Dieter”
quotidiano fornitore di chiacchiere inutili –
e nel mezzo noi due
sereni come gladioli o obelischi.

Una domenica meravigliosa, in agosto,
io non vivrò ancora a lungo
infine ci diciamo: felice notte
poi ti ricorderai di tutti i nostri gesti
e della sogliola alla mugnaia
che mangiammo dopo
e anche del profumo “Joie” di Patou
che desideravi ti regalassi
e di come ti dicevo talora
“amore, volto di luna”
tutto molto bello, ma – qui sait?
incomparabile, incomparabile –
giorni di felicità –
ma qui sait?

Gottfried Benn

(Traduzione di Paola Quadrelli)

dalla rivista “Poesia”, Anno XV, Gennaio 2002, N.157,  Crocetti Editore

***

Liebe –

dies Wort wollen wir gamicht in die Diskussion werfen
ich bleibe ja doch in mir allein
aber ich sehe dich gern an
ich fühle dich gern an
ich esse gerne mit dir
wir sprechen so freundschaftlich mit einander
sind den ganzen Tag auf einer zärtlichen Ebene
ach – morgen
weisst du was davon

Bei diesem Durcheinanderprogramm des Lebens
Lokales, Atomforschung, Eintrittsgeld
grosser Wirrwarr – nichts für ungut,
das muss wohl so sein
Wetterberichte, Philosopheme, Schlager
und der Mist aus dem Radio:
„sein Lieblingskomponist
Beethoven und Gerhard Winkler“ –
„sein“- das ist selber ein alter Affe
„unser Dieter“
täglicher Kaffproduzent [!] –:
und dazwischen wir beide
sanft wie Gladiolen oder Obelisken.

Ein wunderschöner Sonntag, August,
ich lebe nicht mehr lange
dann heisst es: felice notte
und du erinnerst dich später
an alle unsere Bewegungen
und an die Seezunge nach Müllerin Art,
die wir hinterher assen
sowie an das Parfüm „Joie“ von Patou,
das du von mir haben wolltest
und wie ich manchmal zu dir sagte
„du Allerliebstes, du mein Mondgesicht“
alles schön u gut, aber – qui sait?
unvergleichlich, unvergleichlich –
Tage der Glücke –
aber qui sait?

Gottfried Benn

da “Sämtliche Werke”, J. G. Cotta’sche Buchhandlung Nachfolger G.m.b.H., Stuttgart, 1986

Versi – Gottfried Benn

 

 

Se mai il nume, oscuro e inconoscibile,
in un essere è sorto ed ha parlato,
ciò fu solo nel verso poiché immensa
la pena dei cuori vi si è infranta;
i cuori van per gli spazi alla deriva
quando la strofa va di bocca in bocca,
sopravvive alle risse tra le genti,
alla violenza e al patto tra i sicari.

Cosí, i canti che un popolo ha cantato,
indiani, yaqui di parola azteca
vinti dall’avidità dell’uomo bianco,
vivono ancora come canti agresti:
«Su, bimbo vieni con le sette spighe,
vieni in catene, adorno delle giade,
il dio del mais innalza, per nutrirci,
la verga fragorosa e tu sei l’olocausto –»

Il grande soffio a colui che le sue vie,
rapito e soggiogato, offrí allo spirito,
inflato, efflato, apnea – alitazioni
di indiana penitenza e fachiria –
il grande Sé, il sogno del gran Tutto,
donato a chi in silenzio si consacri,
si conserva nei Salmi e nei Veda,
irride ad ogni fare e sfida il tempo.

Due mondi sono in gioco ed in conflitto,
e solo l’uomo è basso se tentenna,
non può vivere solo dell’istante
anche se egli è il frutto del momento;
il potere svanisce nella feccia,
laddove un verso costruisce i sogni
dei popoli e li sottrae alla bassezza,
eternità di suono e di parola.

Gottfried Benn

(Traduzione di Giuliano Baioni)

da “Poesie statiche”, “I Supercoralli” Einaudi, 1972

∗∗∗

Verse

Wenn je die Gottheit, tief und unerkenntlich,
in einem Wesen auferstand und sprach,
so sind es Verse, da unendlich
in ihnen sich die Qual der Herzen brach;
die Herzen treiben längst im Strom der Weite,
die Strophe aber streift von Mund zu Mund,
sie übersteht die Völkerstreite
und überdauert Macht und Mörderbund.

Auch Lieder, die ein kleiner Stamm gesungen,
Indianer, Yakis mit Aztekenwort,
längst von der Gier des weißen Manns bezwungen,
leben als stille Ackerstrophen fort;
«komm, Kindlein, komm in Kett’ und Jadestein,
der Maisgott stellt ins Feld, uns zu ernähren,
den Rasselstab und du sollst Opfer sein –»

Das große Murmeln dem, der seine Fahrten
versenkt und angejocht dem Geiste lieh,
Einhauche, Aushauch, Weghauch – Atemarten
indischer Büßungen und Fakire –
das große Selbst, der Alltraum, einem jedem
ins Herz gegeben, der sich schweigend weiht,
hält sich in Psalmen und in Veden
und spottet alles Tuns und trotzt der Zeit.

Zwei Welten stehn in Spiel und Widerstreben,
allein der Mensch ist nieder, wenn er schwankt,
er kann vom Augenblick nicht leben,
obwohl er sich dem Augenblicke dankt;
die Macht vergeht im Abschaum ihrer Tücken,
indes ein Vers der Völker Träume baut,
die sich der Niedrigkeit entrücken,
Unsterblichkeit im Worte und im Laut.

Gottfried Benn

da “Statische Gedichte”, by Peter Schifferli, Verlags AG «Die Arche», Zürich, 1948