Secondi, 77 – Ghiannis Ritsos

Ghiannis Ritsos

77

Tutto il giorno piove.
Bambini fradici aspettano
alle fermate degli autobus.
E tu,
dietro i vetri della finestra,
ti sforzi
di trasformare una goccia di pioggia
in un diamante.

Ghiannis Ritsos

(Traduzione di Nicola Crocetti)

da “Secondi”, 1988-1989, in “Molto tardi nella notte”, Crocetti Editore, 2020

Titolo dell’opera originale: Άργά, πολύ άργά μέσα στή νύϰτα

Le rose verdi del poeta – Tadeusz Różewicz

 

Lo vidi
seminava il vento
con fare stupendo
come un fiore
che spande i semi

Andandosene
non raccolse tempeste
ma una bracciata di rose
e ciascuna era verde

Tadeusz Różewicz

(Traduzione di Carlo Verdiani)

da “La spiga d’argento”, 1954-1955, in “Il guanto rosso e altre poesie”, Libri Scheiwiller, 2003

∗∗∗

Zielone róże poety

Widziałem go
siał wiatr
pięknie to robił
jak kwiat
który rozsiewa nasiona

Odchodząc
nie zbierał burz
ale naręcza róż
a każda była zielona

Tadeusz Różewicz

da “Poezje żebrane” (Poesie raccolte), Wrocław, Ossolineum, 1971

«Sempre affacciato a una finestra io sono» – Sandro Penna

 

Sempre affacciato a una finestra io sono,
io della vita tanto innamorato.
Unir parole ad uomini fu il dono
breve e discreto che il cielo mi ha dato.

Sandro Penna

da “Stranezze”, 1957-1976, in “Sandro Penna, Poesie”, Garzanti, 1987

Ballata di una stagione incompiuta – Nasos Vaghenàs

Foto di Nina Leen

 

Le fiamme possono ardere il violino,
ma non sfiorano crome e semicrome.
Pensandoti mi sento strano, come
la prima volta (un torbido mattino)
che in Facoltà ti vidi da vicino.

Indossavi un vestito color olio
ed orecchini viola d’ametista.
Era come se già ti avessi vista:
sotto un rametto pieno di boccioli
o in un abisso d’alghe fondo e triste.

Eri un ritratto fatto da un Fiammingo,
con sullo sfondo, là in secondo piano,
una Via Sacra e ai bordi le fontane
(qui le parole ad una si restringono:
divina – e un suono d’aironi lontano…).

Sei andata via come van via le rondini
che s’accoppiano in altri continenti.
Ora in mezzo all’oceano profondo
non con il corpo bensì con la mente
mi sforzo invano di toccare il fondo.

Nasos Vaghenàs

(Traduzione di Filippomaria Pontani)

da “Ballate oscure e altre poesie”, Crocetti Editore, 2021

∗∗∗

Μπαλλάντα μιᾶς ἀτέλειωτης ἐποχῆς

Οἱ φλόγες μποροῦν νά ϰάψουν τό βιολί,
μά δέν μποροῦν ν’ ἀγγίξουν τί ς νότες.
Σέ σϰέφτομαι ϰαί νιώθω πολύ
περίεργα, θολά, ὅπως τότε
πού σέ πρωτοεῖδα στή Σχολή.

Φοροῦσες ἕνα φόρεμα λαδι
ϰαί μώβ ὀπάλλινα σϰουλαρίϰια.
Σάν νά σέ εἶχα ϰάπου ξαναδεῖ:
ϰάτω ἀπό ἕνα ἀνθισμένο ϰλαδι
ἢ μήπως σέ βυθό μέ φύϰια;

’Ήσουν πορτραῖτο ἀπό χέρι Φλαμανδοῦ
ζωγράφου, μέ φόντο συντριβάνια
στά ϰράσπεδα μιᾶς Ἱερᾶς Ὁδοῦ
(ἐδῶ ταιριάζει ἡ λέξη οὐράνια
ϰαί εἰϰόνες ἐρωδιῶν πού ϰελαηδοῦν).

Ἔφυγες ὅπως φεύγουν τά πουλιά
πού πᾶνε σέ ἄλλη γῆ νά ζευγαρώσουν.
Τώρα στή μέση τοῦ ὠϰεανοῦ
ὄχι μέ τό ϰορμί ἀλλά μέ τόν νοῦ
μάταια πασχίζω νά πατώσω.

Νάσος Βαγενάς

da “Σϰοτεινές μπαλλάντες ϰαί ἄλλα ποιήματα”, Αθήνα: Κέδρος, 2001

Le tre sorelle – René Char

René Char

 

Amor mio dalla veste di faro blu,
bacio la febbre del tuo viso
dove si corica la luce che gode in segreto.

Amo e singhiozzo. Sono vivo
ed è il tuo cuore la Stella del Mattino
che vittoriosa resiste e arrossisce prima
di rompere la battaglia delle Costellazioni.

Fuor di te, la mia carne diventi la vela
che ripugna al vento.

I

Nell’urna dei tempi secondari
Il nascituro era di gesso.
Il passo forcuto delle stagioni
Ricopriva d’erba l’ignoto.

La conoscenza divisibile
Urgeva d’acquazzoni la primavera.
Un aroma d’aperta campagna
Prolungava il fiore apparso.

Oltraggiata comunicazione,
Scorza o gelo deposti;
L’aria investe, il sangue attizza;
L’occhio fa mistero del bacio.

Animando la strada aperta,
Il turbine arrivò ai ginocchi;
E di quell’empito, il letto delle lacrime
Si colmò con un sol palpito.

II

La seconda dà un grido e si libera
Dall’ape ambiente e dal tiglio vermiglio;
Essa è un giorno di vento perpetuo,
Il dado blu della battaglia, la vedetta che sorride
Quando la sua lira dice: «Ciò che voglio, sarà».

È l’ora di tacere,
Di diventar la torre
Bramata dall’avvenire.

Chi va a caccia di se stesso fugge la sua casa fragile:
Lo segue la selvaggina non piú pavida.

Han sí forte splendore, sí nuova salute
Che i due che se ne vanno senza lasciare un cenno
Non senton le sorelle ricondurli a loro
Con un lungo bavaglio di cenere nelle bianche foreste.

III

Il bimbo che porti in spalla
È il tuo bene e il tuo fardello,
Terra in cui l’orchidea brucia,
Non lo stancare di te.

Rimani fiore e frontiera,
Rimani manna e serpente;
Ciò che la chimera accumula
Presto abbandona il rifugio.

Muoiono i singolari occhi
E la parola che scopre.
La piaga che striscia allo specchio
È padrona dei due vani.

Violenta si schiude la spalla;
Muto appare il vulcano.
Terra su cui brilla l’ulivo,
Tutto passa e scompare.

René Char

(Traduzione di Giorgio Caproni)

da “René Char, Poesie”, a cura di Elisa Donzelli, Einaudi, Torino, 2018

«Tre Parche soffiano sulle dita dell’uomo che hanno desiderato restasse bambino. Invano», da AHPP.
II.
1. La seconda dà un grido (La seconde crie)] La seconda dà un grido [Ca segna a margine con biro blu questa domanda: o “il secondo” (frazione di minuto?). Ch scrive con altra penna blu cerchiando la risposta: la seconde sœur]
III.
10. E la parola che scopre. (Et la parole qui découvre.)] E la parola che svela. → scopre

∗∗∗

Les trois sœurs

Mon amour à la robe de phare bleu,
je baise la fièvre de ton visage
où couche la lumière qui jouit en secret.

J’aime et je sanglote. Je suis vivant
et c’est ton cœur cette Étoile du Matin
à la durée victorieuse qui rougit avant
de rompre le combat des Constellations.

Hors de toi, que ma chair devienne la voile
qui répugne au vent.

I

Dans l’urne des temps secondaires
L’enfant à naître était de craie.
La marche fourchue des saisons
Abritait d’herbe l’inconnu.

La connaissance divisible
Pressait d’averses le printemps.
Un aromate de pays
Prolongeait la fleur apparue.

Communication qu’on outrage,
Écorce ou givre déposés;
L’air investit, le sang attise;
L’œil fait mystère du baiser.

Donnant vie à la route ouverte,
Le tourbillon vint aux genoux;
Et cet élan, le lit des larmes
S’en emplit d’un seul battement.

II

La seconde crie et s’évade
De l’abeille ambiante et du tilleul vermeil.
Elle est un jour de vent perpétuel,
Le dé bleu du combat, le guetteur qui sourit
Quand sa lyre profère: «Ce que je veux, sera».

C’est l’heure de se taire,
De devenir la tour
Que l’avenir convoite.

Le chasseur de soi fuit sa maison fragile:
Son gibier le suit n’ayant plus peur.

Leur clarté est si haute, leur santé si nouvelle,
Que ces deux qui s’en vont sans rien signifier
Ne sentent pas les sœurs les ramener à elles
D’un long bâillon de cendre aux forêts blanches.

III

Cet enfant sur ton épaule
Est ta chance et ton fardeau.
Terre en quoi l’orchidée brûle,
Ne le fatiguez pas de vous.

Restez fleur et frontière,
Restez manne et serpent;
Ce que la chimère accumule
Bientôt délaisse le refuge.

Meurent les yeux singuliers
Et la parole qui découvre.
La plaie qui rampe au miroir
Est maîtresse des deux bouges.

Violente l’épaule s’entrouvre;
Muet apparaît le volcan.
Terre sur quoi l’olivier brille,
Tout s’évanouit en passage.

René Char

da “Poèmes et prose choisis”, Éditions Gallimard, Paris, 1957