Tre poesie d’amore – Leonardo Sinisgalli

Romel de la Torre, Drawing with charcoal and pastel on paper

I

Chi ama non riconosce, non ricorda,
trova oscuro ogni pensiero,
è straniero a ogni evento.
Mi sono accorto più tardi
di tutti gli anni che l’aria
sul colle è già più leggera,
l’erba è tiepida di fermenti.
Dovevo arrivare così tardi
a non sentire più spaventi,
pestare aride stoppie, raspare
secche murate, coprire la noia
come uno specchio col fiato.
Sono un uccello prigioniero
in una gabbia d’oro. La selva
variopinta è senza colore per me.
L’anima s’è trovata la sua stanza
intorno a te.

2

Ci piace l’aria sfatta
la derelitta quiete sulla plaga
il volo basso degli uccelli migranti
tra cespi di alghe, lacere
spoglie di velieri.
                                                           Oltre il labile
vespero qui sostano gli amanti pellegrini,
dove ogni sera una fioca
speranza li trascina di là
dai ponti a una riva di acquitrini,
passeggeri sospinti senza requie
sulle arene impassibili.

3

Si fatica per anni
a sciogliere i nodi,
a dare un’immagine
favolosa a una ciocca
illeggibile di segni perduti.

Leonardo Sinisgalli

1944

da “I nuovi Campi Elisi”, 1942-1947, in “Poesie di ieri”, 1931-1956, “Lo Specchio” Mondadori, 1966

Ricordi della piccola casa del canto – Alejandra Pizarnik

 

     Era blu come la sua mano nell’istante della morte. Era la sua mano contratta, era l’ultimo orgasmo. Era la sua verga ferma come un uccello che sta per piovere, ferma a ricevere lei, la morte, l’amante (o no)
     Ormai non so parlare. Con chi?
     Non ho mai incontrato un’anima gemella. Nessuno è stato un sogno. Mi hanno lasciata con i sogni aperti, con la mia ferita centrale aperta, con il mio strappo. Mi lamento; ho il diritto di farlo. Allo stesso tempo, disprezzo quelli che non si interessano a me. Il mio solo desiderio è stato
     Non lo dirò. Perfino io, o soprattutto io, mi tradisco. Come un lattante ho placato la mia anima. Ormai non so parlare. Ormai non posso parlare. Ho sperperato quello che non mi hanno dato, che era tutto quello che avevo. E ancora una volta è la morte. Incombe su di me, è il mio unico orizzonte. Nessuno somiglia al mio sogno. Ho sentito amore e lo hanno maltrattato, sì, me, che mai avevo amato. Il più profondo amore scomparirà per sempre. Cosa possiamo amare se non un’ombra? Ormai sono morti i sogni sacri dell’infanzia e anche la natura, quella che mi amava.

Alejandra Pizarnik

(Traduzione di Roberta Buffi)

da “Testi di Ombra”, in “Alejandra Pizarnik, Poesia completa”, Lietocolle, 2018

Si restituisce a questo testo la parte omessa in Testi di Ombra e ultime poesie, Sudamericana, Buenos Aires, 1982. È quella che precede «Non lo dirò…», in un foglio a parte in cui figura il titolo e dove è annotato a mano un «sì» da parte di AP. Sono stati soppressi i punti di sospensione dell’edizione del 1982.

∗∗∗

RECUERDOS DE LA PEQUEÑA CASA DEL CANTO

     Era azul como su mano en el instante de la muerte. Era su mano crispada, era el último orgasmo. Era su pija parada como un pájaro que está por llover, parada para recibirla a ella, la muerte, la amante (o no)
     Ya no sé hablar. ¿Con quién?
     Nunca encontré un alma gemela. Nadie fue un sueño. Me dejaron con los sueños abiertos, con mi herida central abierta, con mi desgarradura. Me lamento; tengo derecho a hacerlo. Asimismo, desprecio a los que no se interesan por mí. Mi solo deseo ha sido
     No lo diré. Hasta yo, o sobre todo yo, me traiciono. Como un niño de pecho he acallado mi alma. Ya no sé hablar. Ya no puedo hablar. He desbaratado lo que no me dieron, que era todo lo que tenía. Y es otra vez la muerte. Se cierne sobre mí, es mi único horizonte. Nadie se parece a mi sueño. He sentido amor y lo maltrataron, sí, a mí que nunca había querido. El amor más profundo desaparecerá para siempre. ¿Qué podemos amar que no sea una sombra? Murieron ya los sueños sagrados de la infancia y la naturaleza también, la que me amaba

Alejandra Pizarnik

da “Textos de Sombra”, 1982, in “Alejandra Pizarnik, Poesia completa”, Barcelona: Lumen, 2001 

abril, 1972
Se restituye a este texto la parte omitida en Textos de Sombra y últimos poemas, Sudamericana, Buenos Aires, 1982. Es la que precede a «No lo diré…», en hoja aparte donde figura el título y lleva un «sí» anotado a mano por AP. Se suprimen los puntos suspensivos de la edición 1982.

Non so come – Mario Luzi

Emil Otto Hoppé, Seated Woman in Profile, 1928

 

Nella nebbia di quella che tu fosti
dentro cieli improvvisi alta, friabile,
coronata di piogge, unta di lacrime,
risonante di echi, non so come…

Nel chiarore di quella che sei oggi,
o equanime, o discosta, non so come
le passioni desistono, precipita
il vento della mia vita in un turbine.

Mario Luzi

1941

da “Un brindisi”, Sansoni, Firenze, 1946

L’angelo bugiardo – Rafael Alberti

Foto di Patty Maher

 

E fui sconfitta
io, senza violenza,
con miele e con parole.

E, sola, in province
di sabbie e vento,
senz’uomo, prigioniera.

E, ombra di qualcuno,
cento porte di secoli
murarono il mio sangue.

Ahi, luci! A me!
Che fui sconfitta,
io, senza violenza,
con miele e con parole.

Rafael Alberti

(Traduzione di Vittorio Bodini)

da “Degli angeli”, Einaudi, Torino, 1966

∗∗∗

El ángel mentiroso

Y fui derrotada
yo, sin violencia
con miel y palabras

Y, sola, en provincias
de arena y de viento
sin hombre, cautiva

Y, sombra de alguien
cien puertas de siglos
tapiaron mi sangre.

¡Ay luces! ¡Conmigo!
Que fui derrotada
yo, sin violencia,
con miel y palabras.

Rafael Alberti

da “Sobre los ángeles”, Ediciones de la Compañía Ibero-Americana de Publicaciones S. A., Madrid, 1929

Sera – Cees Nooteboom

Foto di Nicola Bertellotti

in memoria di Hugo Claus

La sedia azzurra sulla terrazza, caffè, sera,
l’euforbia si tende verso divinità assenti,
nostalgica della costa, ogni cosa un alfabeto
di desideri segreti, questa è la sua
ultima visione prima del buio,

il velo dentro la sua testa. Lui sa,
svaniranno le forme delle parole,
nel calice solo la feccia,
linee tra loro scollegate

che un tempo erano pensieri,
non verrà piú parola alcuna
che sia vera. Grammatica sbriciolata,
immagini sfocate senza legame,

del vento il suono
ma non piú il nome,
qualcuno l’ha detto
e la morte era distesa sul tavolo,

domestico pigro, in attesa
in corridoio, sorride stupidamente
sfogliando il giornale
con le sue folli notizie.

Tutto questo lui lo sa, l’euforbia,
la sedia azzurra, il caffè in terrazza,
il giorno che lentamente lo avvolge
e se lo porta via a nuoto,
animale mansueto

con la sua preda.

Cees Nooteboom

(Traduzione di Fulvio Ferrari)

da “Luce ovunque (2012- 1964)”, Einaudi, Torino, 2016

∗∗∗

Avond

in memoriam Hugo Claus

De blauwe stoel op het terras, koffie, avond,
de euforbia reikend naar afwezige goden,
vol heimwee naar de kust, alles een alfabet
van geheime verlangens, dit is zijn
laatste gezicht voor het duister,

het floers in zijn hoofd. Hij weet,
verdwijnen zullen de vormen van woorden,
in zijn kelk alleen nog maar droesem,
de lijnen niet meer verbonden

die vroeger gedachten waren,
hier komt geen woord meer
dat waar is. Vergruisde grammatica,
bewogen beelden zonder brug,

van de wind het geluid
maar niet meer de naam,
iemand heeft het gezegd
en de dood lag op tafel,

een trage bediende, wachtend
in de gang, dom lachend,
bladerend in zijn krant
met ontzinde berichten.

Dit alles weet hij, de euforbia,
de blauwe stoel, de koffie op het terras,
de dag die hem langzaam omwikkelt
en dan met hem wegzwemt,
een zachtmoedig dier

met zijn prooi.

Cees Nooteboom

da “Licht overal: gedichten”, Amsterdam: De Bezige Bij, 2014