Su Kampa bisbigliava quella notte
il salice dei sogni; all’altra riva
i vecchi tram sul lungofiume Masaryk
guizzavano in un bosco di fanali.
«Addio, – dicevi al vento della notte –
prima che fugga il mio amore lontano,
vorrò cantare Tu červenou sukynku,
in questa luce di lilla e di neve».
Come in un bianco ghiacciaio, sullo specchio
del fiume vacillavano i gabbiani.
Quei gabbiani che via dal lago Máchovo
volano dentro la luna d’aprile.
Nei giorni del distacco, l’illusione
su una tastiera batteva di neve;
sulla bocca del tempo aveva nido
un vento amaro come l’atropina.
Sono spavalde sempre le promesse,
come la prima pioggia dei sobborghi,
e i presagi sul falso davanzale
cadono come neve dentro un orcio.
Era la notte, un pàlpito di favole,
erano infusi in un freddo sciroppo
ponti, gabbiani, tremolìo di salici,
e le speranze, e il nulla, e il nostro sangue.
Dai lembi della notte apparve l’alba,
come una febbre, e il guscio della luna
cadde nel fiume, mentre tu cantavi
in una luce di lilla e di làcrime.
Angelo Maria Ripellino
da “Angelo Maria Ripellino, Poesie prime e ultime”, Torino, Aragno, 2006