
Foto di Jonas Hafner
Scala F
Con l’esametro di un gatto bianco e nero
e le alberelle serene nella pioggia,
il tuo sguardo diventava astronomia
e tutto era vasto e fuori tempo e tutti
gli incubi, per un intero pomeriggio,
mi lasciarono.
Via Selvanesco
Fu il rosa tenue del cielo, la salmodia
dei corpi vivi nella risaia, fu quel
presente di spighe
che la terra sprigionava
per noi, pattuglia di due anime:
come rintocca quell’ostinato
silenzio dei crepuscoli,
tu ritorni da un refolo di vento.
Via Selvanesco, ancora…
Con una sciarpa viola ti alzi
dalla risaia e mi raggiungi, drastica presa
che tiene congiunti: c’è ancora un grido
tra i chicchi incantati e consenzienti
e ogni cosa per noi sembra creata.
Puntaspilli
L’ultima frase sfiora la prima. Quella
corsa, tra le colline del moscato,
portò dio nel nostro nome,
nella porpora dei capelli, cronaca
della terra, parola per parola.
Punteggio
Fu una rara edizione del nulla,
un nulla fiorito d’estate, brusio
di terra rossa e presagi, un nulla
vicino al suo rovescio di fanciulla
tra erba e colletto, tra ventaglio
e firmamento,
gioia e fine avvinghiate
in una sola melodia, lo spazio
di nessuno dove avviene l’incontro.
Inchiostro nero
La vita esce dal quaderno
a righe, stamattina, svolge i pensieri,
supera i ponti, getta le sillabe
in un fiume di acque lunari e di ragazze
disperate per un corpo da niente
un cenno delle labbra,
una tenerezza protesa nel vuoto.
Cum più ablativo
Il nostro pensiero cercava la carne
nel guizzo del pallone e nell’estasi del prato,
luci dello scatto, legni colpiti, case
aperte al primo sguardo, aveva il volto
nudo dell’estate, di ogni estate. Cosa avvenne
lo ignoro. Non siamo tornati mai più.
19 marzo
Tra oscure severità
è apparsa lei, la giocatrice
dalle due finte, e ogni vita
fu illuminata
alle soglie dei cipressi
si squarciò la notte minerale
si colmarono i prestiti della mente
e questo paesaggio
con le sue innocenze sibilline
con i suoi vuoti d’aria e di cuore
entra nell’intero musicale
si rigenera morendo
allora fu eroica l’estate
delle nostre battaglie, fu una sapienza
di tiri e passaggi
dove la linea fiorisce
nell’atto di una squadra, nel giro
dell’aquila, nelle assemblee del vento
noi a strappi, noi
appoggiati a un pioppo
siamo il sangue
di un attimo, siamo
le prime corse nell’ombra, siamo
rimasti.
Voci
I
Ci frastorna questa furia di voci, foglie
nello spazio tra due corpi, antiche
camere d’albergo cadono in cortile
come una frazione di noi
e noi cominciamo la parafrasi.
II
… allora mi chiamò un drappello
di anime sole… scostarono le tende bisbigliando,
si avvicinarono alle grandi vetrate del tempo…
una salmodia di numeri e vento… quello fu l’atto
… il solo atto consentito…
quell’andarsene dei cortili nel buio.
III
“l’invisibile assedia il computer
ciò che hai
perduto ora ti raggiunge
ciò che abbiamo
scordato parlerà nel ticchettio
della partita, nel raziocinio
dei minuti, nella vigilia
sconfinata che ti chiama”
IV
nel buio senza notte,
un arbusto di parole fu condotto fino a noi
ed erano semplici parole dal viso denudato
era la donna che parlava di un dono,
di un gelido dono…
… questo è il fiume dove ti attendo…
ricordati di me… sono stata la prima…
sono acqua, acqua che beve se stessa…
V
si spezza il tempo, si oscura
il paesaggio, noi ci siamo persi
tra i gessetti di una stanza…
… questa voce dimezzata
era la nostra… era la parola
cancellata dal documento, la sete
che cerca il suo cammino, il raggiro
dei ricordi… era il drastico
inizio di un amore…
VI
insegnatemi il cammino, voi che siete
stati morti, attingete la nostra
verità dal pozzo sigillato, staccatevi dal tempo
e portateci oltre le tragiche colonne
tra i fari dei camion e un piumino
getteremo le più alte
astrazioni in un sussulto di fiammiferi,
torneremo a casa, vi diremo.
Milo De Angelis
da “Quell’andarsene nel buio dei cortili”, “Lo Specchio” Mondadori, 2010
molto attinente ai miei gusti, e poi la Selvanesco la vedo tutti i giorni dal lavoro 🙂
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