
Foto di Irving Penn
Disse:
voto per l’azzurro.
Io per il rosso.
Anch’io.
*
Bello il tuo corpo.
Infinito il tuo corpo.
Mi sono perso nell’infinito.
*
Diastole della notte.
Diastole del corpo.
Sistole dell’anima.
*
Quanto più ti allontani
ti avvicino.
*
Una stella
mi ha incendiato la casa.
*
Mi van strette le notti
in tua assenza.
Ti respiro.
*
La mia lingua nella tua bocca,
la tua lingua nella mia bocca –
una foresta oscura;
i tagliaboschi scomparvero
così gli uccelli.
*
Dove tu sei
esisto.
*
Le mie labbra
percorrono il tuo orecchio.
Così minuto e tenero
come può contenere
tutta la musica?
*
Piacere –
oltre la nascita,
oltre la morte;
presente finale
e eterno.
*
Tocco le dita
dei tuoi piedi.
Com’è incommensurabile il mondo.
*
Sotto tutte le parole
due corpi s’uniscono
e si separano.
*
In così poche notti
come si crea e crolla
il mondo intero?
*
La lingua tocca
più in fondo delle dita.
Si congiunge.
*
Ora
il tuo respiro
ritma il mio passo
e il polso.
*
Due mesi senza incontrarci.
Un secolo
e nove secondi.
*
Che farmene delle stelle
se tu manchi?
*
Con il rosso del sangue
io sono.
Sono per te.
∗
Il tuo nome soltanto
ancora e sempre —
mia profonda solitudine,
l’arcangelo,
la poesia.
*
Altra dimora non ho.
Abito il tuo corpo.
*
Rosso era
con una linea nera verticale.
Le mele cadono nel fiume.
Galleggiano.
Se ne vanno.
*
Come spicca
nella notte
una rosa,
un riccio di mare
senza luna?
*
Nudi stiamo
sopra le maschere.
Eretti.
*
L’unghia del tuo dito mignolo
più infinita del mare.
Per dove mi veleggi?
*
L’indicibile
s’accresce,
compie l’eccelso.
*
Il tuo corpo
mi disloca,
mi contiene.
Coricato mi ergo
dentro di te.
*
Gli organi occulti
suonano
fuori dal tempo.
Navi illuminate
arrivano, partono;
non fischiano.
*
Amore,
la profonda incisione —
ciò che sognammo
metà nell’ignoranza,
metà nell’assoluto,
qui.
*
Come tutto si lega
con te —
le tende rosse di fronte,
i passeri sul terrazzo,
il rubinetto in bagno —
alberi invisibili, il vento.
*
Un animale ucciso
il letto.
Il nostro sangue scorre.
*
Perché il bicchiere rotto?
Perché la tenda strappata
e le tue scarpe mézze?
Dove?
*
La finestra di fronte
è illuminata.
Ti spogli.
Sempre tu.
*
Le sigarette, il letto,
lo spazio pieno del tuo corpo
la statua del mio sangue.
*
Accendo fiammiferi,
mi taglio le unghie,
buco le lenzuola.
Manchi.
*
Avevi detto:
amo i tuoi capelli.
I miei capelli crebbero.
Mi nascosero.
*
Mese promesso.
Giorno promesso.
Verrò — dicesti.
Aspetto sulla porta.
La porta
è piena di sigilli.
*
Queste minime cose
per noi due
come son grandi.
Tutte.
∗
Non cemento.
Vuoto
trapassato
da una verga di ferro.
∗
I tuoi abiti
ancora caldi del tuo corpo,
su quale sedia, dove
sono gettati?
*
Il caffè, la sigaretta,
l’attesa,
l’attesa, la sigaretta.
I miei occhi sono più azzurri.
*
Aspettandoti
ho dimenticato di osservare,
ho dimenticato di osservarmi.
II sogno mi tiene
in braccio,
piegato sulla tua spalla.
∗
Il tuo corpo invisibile.
Tangibile.
Due uccelli nelle tue ascelle.
Una croce sui tuoi seni.
Morte niente.
*
No.
Il ricordo del corpo
non è corpo.
Stringo
aria condensata.
*
Con correlazioni,
con similitudini
ti ricreo
frammentariamente.
Non mi completo.
*
Dissi finestra.
Non lo era.
Tutte le finestre
s’aprono su te.
*
L’assenza di perifrasi — diceva —
annienta la poesia.
E sia.
Preferisco il tuo corpo.
*
Quella sedia.
Sempre.
Dove tu sedevi.
Immobile.
*
Dicevi:
sono te, te, te.
E io?
Te.
E arrivasti.
∗
Migliaia di volte
ripetei il tuo nome.
Non ti dissi.
Inesauribile il tuo nome.
*
Giorno promesso.
E arrivasti.
Fuoco e fumo.
Fumo e notte.
Il letto brucia.
Di fuoco le nostre ali.
Non si bruciano.
*
Separatamente
le dita dei tuoi piedi,
delle tue mani,
i tuoi capelli, le tue unghie,
le tue ginocchia, le tue ascelle,
la morte.
∗
La poesia inattiva.
Mi focalizzo
in un punto del tuo corpo.
Conchiuso,
mi libero.
*
Il grande asciugamano blu
con cui il mattino ti asciugavi
è lì, lì —
non l’ho lavato.
*
E le altre cose, quali erano?
Mi è cresciuta molto la barba;
mi ha coperto lo scettro,
il falco,
il tuo seno.
∗
Mio blu — dicevi —
mio blu.
Lo sono.
E anche più del cielo.
Ovunque tu sia
io ti circondo.
*
Tengo il martello,
scolpisco l’aria,
scolpisco la tua statua
aperta,
vi entro,
vi resto.
*
Ogni stella, ogni foglia,
ogni sigaretta che accendo,
ogni passo per strada,
il tuo passo.
E sei qui.
E tardi.
∗
Chiudimi — dicevi.
Chiuditi.
Spezza il pettine.
Le tue dita mi pettinano
da dentro.
*
Frugo gli angoli della notte —
il tuo gomito, il tuo ginocchio,
il tuo mento.
Rotolano pietre.
Senz’alcun rumore.
Dove sei?
∗
Il monte entra in casa,
siede sulle mie ginocchia.
Il giorno fuma.
L’aria di nuovo tua.
Più oltre nulla.
∗
Giungono notti più lunghe.
Piante carnivore
avvolgono la casa,
avvolgono il letto.
Le tue labbra assenti
mi suggono.
*
Nel centro del verso
tu e tu.
Il tuo respiro riempie
tutte le parole,
tutto il silenzio.
*
Ogni tuo gesto
ha lasciato
sul tavolo,
nell’armadio,
sotto il cuscino,
una cassettina di musica.
Ascolto solo.
∗
Tutta notte
il tuo nome
mi cinguetta in bocca,
mi beve la saliva,
mi beve.
Il tuo nome.
∗
Per telefono
ti sento gettare
a uno a uno i tuoi vestiti
sul pavimento.
Per ultimo
il tuo anello.
*
Prendevi il treno.
Non tardare — ti dicevo.
Più in fretta, più in fretta.
E i tuoi capezzoli
s’inturgidivano.
∗
Orologi fermi,
le mie mani ferme
attorno ai tuoi fianchi.
∗
Di mattino presto il telefono;
frastuono tutt’intorno;
automobili, grida, pescherie;
una bicicletta cade dal ponte
e d’improvviso
nel centro del frastuono
un silenzio assoluto
pieno della tua voce.
∗
Il letto è fiero.
Ha visto la nostra unione
fino alla profonda foresta degli orsi
col grande fiume
e le cinque aquile.
∗
Non avevo da aggiungere
altro verso,
altra parola.
Nel tuo corpo vivevo
tutta la poesia.
∗
Ho sondato l’insondabile profondità
con una piuma legata a un filo; —
non scendeva; saliva.
Le tue labbra.
*
Ti alzai sulle mie mani
e spiccai il volo.
*
Il corpo
è cielo.
Nessun volo
lo esaurisce.
∗
Partivi.
Ehi, — ti gridai —
lo romperò questo bicchiere.
Ridevi.
Non lo ruppi.
∗
Uccelli, monti e notti —
ciò ch’esiste di bello
lo chiamo col tuo nome;
mi ode e mi risponde.
*
Circoli nel mio sangue
mi riempi il corpo.
Contengo il mondo.
*
Notte.
Gettammo dalla finestra
le nostre chiavi.
Prendemmo le stelle.
Apriamo.
∗
E rami
e alberi di navi
e l’àncora.
E tu in giardino
dietro la statua.
*
Bella giornata —
non sopporto
che tu non sia qui.
∗
Sangue il tramonto,
sangue la notte,
sangue le rose.
Tu — il mio sangue.
∗
Ciascuno di noi altrove,
separati e insieme;
tengo la tua mano;
mi tiene.
Appena arriva la primavera…
∗
Mi tolsi la giacca,
te la misi sulle spalle.
Nella tasca destra
c’è un ciottolo bianchissimo
caldo.
∗
In brevi versi
si nascondono grandi cose
indicibili.
Tu sai.
∗
Una foglia,
una sigaretta,
un bacio.
Mio amato mondo.
∗
Nudo il tuo corpo,
autentico —
risposta definitiva
al niente.
Vieni.
∗
Cinque bicchieri,
si riempiono, si vuotano.
Li batto con la matita —
suono dopo suono
la storia.
*
Volevo dirle in qualche luogo,
spartirle queste cose —
così grandi.
Non le dissi.
Asfitticamente crebbi,
solo.
*
Dormi sul mio seno
— dicevi;
e io pernottavo
sul tuo seno.
∗
Come mi sollevano in alto
i tuoi baci.
Mi perdo.
Tienimi.
*
Ora
è il cielo
la mia terra.
La mia vasta terra
è il cielo.
*
Nel tuo corpo
nasco e muoio
e nasco.
*
Gettasti i lenzuoli,
apristi le finestre,
ci riempimmo di stelle.
Una farfalla d’oro
sui tuoi capelli.
∗
Arrivavi sempre
coi fiori in mano.
Vi aspettavo
i fiori e te.
Che ne è dei giardini?
*
Notte.
Il sedile di pietra
accanto al mare.
Ti levasti i sandali.
Una nave illuminata
partiva.
*
Profumo improvviso
d’origano bagnato.
T’indicai la piccola luna
sopra il colle.
Non parlammo.
La parola si gonfiava
in un unico grazie.
∗
Qualsiasi cosa tocchi,
la carta, il tavolo, il bicchiere,
è te che tocco.
Le mie mani
attaccate ai tuoi seni.
Non le controllo le mani.
*
Giorni, notti
di fuoco,
vetri rotti,
porte chiuse.
Una grande rosa
sale senza compagnia
nell’oscurità.
∗
Suonano alla porta.
Suona il telefono.
Niente.
Non ci siamo.
Noi due insieme
non ci siamo.
E la pioggia cospiratrice.
∗
La forma del tuo corpo
tra le mie mani
creta,
diventa una brocca,
un’ampolla,
nove statue
e un’aquila.
*
Le mie mani ti ricordano
più profondamente della memoria.
*
I corpi
rifiutano le parole.
Nudi e silenziosi
s’intendono.
Le due Sfingi di pietra
si guardano.
Dalle loro labbra scorre
l’acqua azzurra.
∗
Ci spogliammo.
Chiudemmo fuori dalla porta
le case, i cani,
i giardini, le statue,
la morte.
*
Lo sai?
Quelle due castagne
restano ancora
sopra il tavolo spoglio.
Ti amo.
*
Come vivono i morti
senza amore?
*
Profondo amplesso.
Crollano città,
galoppano cavalli,
cadono lampioni,
senza suono, senza suono.
∗
Succhi il mio pollice —
neonata, e ti nutri,
e mi nutro.
*
Non ti telefono.
Ti taccio.
Ti sono.
Le notti,
quando si svuotano i parchi,
parlo con le statue.
∗
Ho scavato con le mani,
con le labbra,
con gli occhi.
Il muro immobile
là.
∗
Lottai con l’albero.
Lo buttai giù.
Molte le sue foglie,
mi coprirono.
∗
Odisseo — dicevi —
e Penelope,
entrambi blu.
Il tavolo rosso,
il letto rosso.
Nel tessuto a fogliami
in mille pieghe avvolta
la grande spada.
*
Guerra era,
amore era.
Noi due uccisi.
Raccogliemmo i nostri uccisi.
Li spogliammo.
Ci coricammo.
*
Dicevi:
amo i tuoi capelli,
le tue unghie,
la tua lingua.
Sul corridoio lastricato,
al buio,
s’udivano i passi
delle guardie.
∗
Dimenticasti l’ombrello
sul treno.
Mi ricordavi dunque.
I tuoi capelli bagnati.
Ti pettinai.
II pettine lo misi
sotto la poesia.
*
A turno morsichiamo
la mela più rossa
non sbucciata.
Come sono bianchi i tuoi denti.
Com’è rosso il sogno.
*
Nube la poesia,
foss’anche luce,
non ha corpo.
Nel tuo corpo esisto.
∗
Ovunque tu sia
mi sei accanto.
Stringo la tua cintura
alla mia vita.
Mia profonda fierezza.
*
Quanto dicemmo,
quanto non dicemmo
sostiene la poesia.
Sul frontone
un alto cipresso
tra due cavalli di marmo.
∗
Il tramonto splendé
sul dorso di un uccello.
Lo vedemmo insieme.
Sorridemmo.
La tua mano si ritrovò
nella mia mano.
∗
La casa ove abitammo
mi segue.
Ma
a destra sulla strada
vidi un bosco
viola e d’oro.
E la tristezza
che tu non lo vedessi.
*
Dirimpetto alla porta a vetri
il monte innevato.
Com’eran calde le tue mani
e il tuo seno.
*
Tra le case
gli aranci.
Brillano arance d’oro.
Azzurro l’alto monte.
Ah, l’oro e l’azzurro
vederlo nei tuoi occhi.
∗
Dall’alta finestra vedo
uomini, case, giardini,
l’arcobaleno,
un trattore arancione,
un gatto,
un secondo arcobaleno.
E tu?
∗
Al tuo corpo si legano
alberi e monti,
nuvole,
l’antico mare.
Si condensa il tuo corpo —
solo corpo.
Il tuo corpo.
∗
Se le vedessimo insieme
sarebbero più belle —
foglie rosse,
colline verdi,
un cancello,
la pioggia.
Ma quand’eravamo insieme
non vedevamo niente.
∗
Dall’inizio sillabai con te
la musica —
do, re, mi,
capovolsi le lettere
imerod —
trovai la musica per parlarti
senza essere udito.
*
Imerod ti chiamo,
Imerod —
forse così
onoro imeros.
Strappo la tua veste,
salgo la scala,
faccio digiuno d’acqua.
*
In tanta stanchezza
l’insaziabilità delle nostre mani.
∗
Quanto dovrai chinarti
per trovare la tua radice,
perché si chiuda il cerchio?
Non si chiude.
E non cerchio.
Spirale.
*
Gloriosi e ingloriosi
uniti un giorno
nello stesso palpito.
L’amore non fa
distinzioni.
*
Mare gagliardo
profondo-blu
t’illuminava il viso.
Perseguitati dal sole
tutti i morti.
∗
Violette di bosco,
margherite di campo,
asfodeli.
Sulla roccia
rampolla di marmo
col mio sangue.
∗
Dopo
qualcosa di duro e vivo
resta.
Gamberi vagano
nelle navi affondate.
∗
Passarono i pescatori
coi panieri vuoti.
La luna sobbalzava
sulle tue ginocchia.
Non distingueva più
il vuoto dalla pienezza.
∗
Il nostro petto urtò
contro l’impraticabile.
∗
Calura di mezzodì,
le pietre di Monemvasià,
i ciottoli bianchi
e i tremendi fichidindia
dall’aria così infantile —
quando ti spogliavi.
*
Anche la ripetizione
è un rinnovamento.
I tuoi capelli
sciolti da un lato
parlano diversamente.
∗
Là dove sei
lo senti il nostro treno?
È passato.
Ho comprato le arance.
Piove.
∗
Quando mi posavi la mano
sul ginocchio o sulla spalla
o sul fianco
cambiava posa il mondo.
*
Si allontana il tempo,
ti allontani.
E la tua immagine immobile
sul muro interno.
∗
Ascolto.
Qualcosa s’incrina
nel legno, nel vetro,
nello specchio.
Quando ci rincontreremo
saremo gli stessi?
∗
Naturalmente
esistono altri colori
e altri paesaggi.
Nel mezzo del mio sonno
ricordo.
E mi desto.
*
Ora
da che parte dell’orizzonte
sventolano i tuoi capelli?
*
Neanche stanotte luna piena.
Ne manca una parte.
Il tuo bacio.
*
Il movimento delle tue mani
quando ti spogliavi,
inestinguibile.
Nello specchio del corridoio
nove lampade
inchiodate al muro.
∗
Questo timore
che sia rimasto qualcosa
ch’io non presi.
E il timore
che quell’infinito
abbia fine.
*
Strano —
si attenuano le luci,
si spengono le vetrine.
Prima che faccia notte
albeggia.
∗
Di nuovo il traffico,
traffico nelle case, per le strade.
Verde, rosso,
verde, rosso.
Non solo rosso.
I vigili
sono ai loro posti.
Ghiannis Ritsos
(Traduzione di Nicola Crocetti)
da “Erotica”, Crocetti Editore, 1981