
Margaret Bourke-White, Hands Playing Violin and Cello, 1930s
51.
Su questo magico violino verde
vorrei ancora sonare, se le mani
non brancolassero.
Quanti propositi vani,
che sicumera farnètica e buffa
e che sussulti di passero.
Indosserò tuttavia il vecchio frac,
che sa di muffa, chiamerò la mia claque,
perché coi suoi applausi nasconda
le stecche e le stonature.
O vita confusionale,
o barcollante baraonda
di piatti e alloppiati fantasmi,
di angeli falsi, o imposture
da Puvis de Chavannes.
Ma voi, claquers, ditemi immantinente
se resterà almeno un filo
dei miei concerti o se, tranne
la spuma dei vostri entusiasmi,
di fatto non c’era niente.
Sonerò ancora lo splendido violino verde,
finché le mani ce la faranno.
Sento però che la mia destrezza si perde
e crescono il disinganno e l’affanno.
Ma voi, claquers, assicuratemi
che di me durerà almeno un rigo,
che delle mie sconsolate sonate
qualcosa resterà vivo.
Angelo Maria Ripellino
da “Lo splendido violino verde”, Einaudi, Torino, 1976