Spleen – Charles Baudelaire

Foto di André Kertész

 

LXXVIII.

Quando il cielo basso e cupo pesa come un coperchio
sullo spirito gemente preda di eterna noia,
e coprendo per intero il cerchio dell’orizzonte,
ci versa addosso un giorno più triste della notte;

Quando la terra si muta in una cella umida
dove la Speranza, simile a un pipistrello,
se ne va battendo i muri con le ali timide
e urtando con la testa contro soffitti marci;

Quando la pioggia dispiegando le sue immense scie
imita le sbarre di una grande prigione
e un popolo silenzioso di schifosi ragni
tende le sue tele in fondo ai nostri cervelli,

campane tutt’a un tratto scoppiano con furia
e lanciano verso il cielo urla raccapriccianti
come spiriti erranti e senza patria
che si mettono a gemere insistenti.

— E lunghi funerali, senza tamburi né musica,
sfilano lenti nella mia anima; la Speranza,
vinta, piange e l’Angoscia, dispotica e atroce,
sul mio cranio chino pianta il suo vessillo nero.

Charles Baudelaire

(Traduzione di Marcello Comitini)

da “Spleen e Ideale”, in “I fiori del male 1857-1861”, Edizioni Caffè Tergeste, Roma, 2017

I fiori del male 1857-1861, Edizioni Caffè Tergeste, Roma, 2017

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LXXVIII. Spleen

Quand le ciel bas et lourd pèse comme un couvercle
Sur l’esprit gémissant en proie aux longs ennuis,
Et que de l’horizon embrassant tout le cercle
Il nous fait un jour noir plus triste que les nuits;

Quand la terre est changée en un cachot humide,
Où l’Espérance, comme une chauve-souris,
S’en va battant les murs de son aile timide,
Et se cognant la tête à des plafonds pourris;

Quand la pluie étalant ses immenses traînées
D’une vaste prison imite les barreaux,
Et qu’un peuple muet d’infâmes araignées
Vient tendre ses filets au fond de nos cerveaux,

Des cloches tout-à-coup sautent avec furie
Et lancent vers le ciel un affreux hurlement,
Ainsi que des esprits errants et sans patrie
Qui se mettent à geindre opiniâtrément.

— Et de longs corbillards, sans tambours ni musique,
Défilent lentement dans mon âme; l’Espoir,
Vaincu, pleure, et l’Angoisse atroce, despotique
Sur mon crâne incliné plante son drapeau noir.

Charles Baudelaire

da “Spleen et Idéal”, in “Les Fleurs du mal”, ‎Paris, Poulet-Malassis et de Broise, 1861

Marilyn – Dario Bellezza

Ed Clark, Marilyn Monroe, 1950’s

 

Marilyn, Marilina, come una canzone
marinera Marilina se ne andò all’alba,
uscì dalla favola stupida che fu la sua vita.
Qualcuno si ricorda una foto di lei,
povera creatura ignorante, anzi di te,
mia bionda sorellina senza pace ormai
con Carson McCullers, Karen Blixen
le streghe sono tornate! Fuggiamo
dall’intelligenza, e in più c’è Miller
Arthur il tuo pigmalione feroce
Arturo come Rimbaud dalle suole
volanti, no, nemmeno a parlarne,
un borghese meno capace di reggere
il confronto con la tua follia
di sorellina stupida e innocente
che vuole stare con le scrittrici,
gli intellettuali. Che noia!
Sperando che resti sempre Marilina,
Marilyn, bionda sorellina, oca
giuliva purtroppo con la nevrosi
giusta. Qualcuno, un cantastorie
di favole apocalittiche
dovrebbe cantare il modo
in cui partisti dal mondo dei vivi!
Delitto o suicidio, ma sempre Venere
in agguato a punirti, e al cui capriccio
tutto il tuo sangue ancora si ravviva
dopo la morte alata e non cercata,
e invaghirsi di te è un mistero
testamento e leggenda di spaesati
di vigliacchi untori dell’eros
la tua calda voce di sorellina,
la tua sostanza è impalpabile
ormai, rende concrete gioie serene
della nostra generazione perduta
che ti amò, mitica, o anche prima
come ballerina, certo, una bambola
di carne, non ha letto Freud,
per fortuna può far più male che bene,
ma tu volevi difenderti, o forse
esistere oltre l’apparenza
del tuo corpo muliebre e immortale
nella sua mortalità lasciato ai corvi,
ai nani, ai masturbatori solitari,
nel ricordo di chi ti vede;
vecchi bavosi e frustrati.
Ci volevano nervi più saldi,
e tu non l’hai avuti per resistere
alla sfida del tempo. Per questo
ci piaci: perché fosti
una vittima, una sconfitta
dal tempo e dalla storia infausta
dei nostri giorni peccatori.

Dario Bellezza

da “Proclama sul fascino”, “Il Nuovo Specchio” Mondadori, 1996

«Lo spirito ha bisogno del finito» – Maria Luisa Spaziani

Tina Modotti, Hollywood, 1920-21

 

Lo spirito ha bisogno del finito
per incarnare slanci d’infinito.

Parlo con l’angelo, e le tue braccia d’uomo
soltanto lo traducono ai miei sensi.

Dove comincia l’ala? Dove nascono
musiche di tamburi di tempesta?

Amarti è sprofondare, è una foresta
sfumante in cieli altissimi.

Maria Luisa Spaziani

da “La traversata dell’oasi”, “Lo Specchio” Mondadori, 2002

Chiodi – Agota Kristof

 

Sopra le case e la vita
nebbia grigia lieve

con le foglie a venire
degli alberi nei miei occhi
aspettavo l’estate

più di tutto
dell’estate amavo la polvere la bianca
calda polvere
insetti e rane vi morivano soffocati
se non cadeva la pioggia
per settimane

un prato e piume viola sul prato
crescono
gli uccelli il collo dei pozzi
il vento stende sotto una sega

chiodi
puntuti e smussati
chiudono porte montano grate
tutt’attorno sulle finestre
così si edificano gli anni così si edifica
la morte 

Agota Kristof

(Traduzione di Vera Gheno)

da “Chiodi”, Edizioni Casagrande, 2018

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Szögek

A házak és az élet fölött
szürke könnyű köd

szememben a fák
jövendő leveleivel
vártam a nyarat

legjobban
a port szerettem a nyárban fehér
meleg port
bogarak és békák fúltak bele
mikor nem hullt eső
heteken át

rét és violaszín tollak a réten
megnőnek
a madarak a kutak nyakát
fűrész alá fekteti a szél

szögek
hegyesek és tompák
zárják az ajtókat vernek rácsot
az ablakokra körbe-körbe
így épülnek az évek így épül
a halál

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Clous

Au-dessus des maisons et des vies
un léger brouillard gris

avec mes yeux pleins de feuilles
à venir dans les arbres
j’attendais l’été

j’aimais par-dessus tout
dans l’été la blanche
la chaude poussière
insectes et grenouilles s’y noyaient
quand la pluie ne tombait pas
pendant des semaines

le champ et sur le champ des plumes violettes
poussent
les balanciers des puits et les cous des oiseaux
le vent les couche sous une scie

clous
émoussés et pointus
ferment les portes clouent des barreaux
aux fenêtres de long en large
ainsi se bâtissent les années ainsi se bâtit
la mort

Agota Kristof

(Traduit du hongrois par Maria Maïlat)

da “Agota Kristof, Clous -Szögek”, Poèmes hongrois et français, Éditions Zoé, 2016

Fuga della morte – Paul Celan

 

NEGRO latte dell’alba noi lo beviamo la sera
noi lo beviamo al meriggio come al mattino lo beviamo la notte
noi beviamo e beviamo
noi scaviamo una tomba nell’aria chi vi giace non sta stretto
Nella casa vive un uomo che gioca colle serpi che scrive
che scrive in Germania quando abbuia i tuoi capelli d’oro Margarete
egli scrive egli s’erge sulla porta e le stelle lampeggiano
egli aduna i mastini con un fischio
con un fischio fa uscire i suoi ebrei fa scavare una tomba nella terra
ci comanda e adesso suonate perché si deve ballare

Negro latte dell’alba noi ti beviamo la notte
noi ti beviamo al mattino come al meriggio ti beviamo la sera
noi beviamo e beviamo
Nella casa vive un uomo che gioca colle serpi che scrive
che scrive in Germania quando abbuia i tuoi capelli d’oro Margarete
i tuoi capelli di cenere Sulamith noi scaviamo una tomba nell’aria chi vi giace non sta stretto

Egli grida puntate più a fondo nel cuor della terra e voialtri cantate e suonate
egli trae dalla cintola il ferro lo brandisce i suoi occhi sono azzurri
voi puntate più fondo le zappe e voi ancora suonate perché si deve ballare

Negro latte dell’alba noi ti beviamo la notte
noi ti beviamo al meriggio come al mattino ti beviamo la sera
noi beviamo e beviamo
nella casa vive un uomo i tuoi capelli d’oro Margarete
i tuoi capelli di cenere Sulamith egli gioca colle serpi
Egli grida suonate più dolce la morte la morte è un Maestro di Germania
grida cavate ai violini suono più oscuro così andrete come fumo nell’aria
così avrete nelle nubi una tomba chi vi giace non sta stretto

Negro latte dell’alba noi ti beviamo la notte
noi ti beviamo al meriggio la morte è un Maestro di Germania
noi ti beviamo la sera come al mattino noi beviamo e beviamo
la morte è un Maestro di Germania il suo occhio è azzurro
egli ti coglie col piombo ti coglie con mira precisa
nella casa vive un uomo i tuoi capelli d’oro Margarete
egli aizza i mastini su di noi fa dono di una tomba nell’aria
egli gioca colle serpi e sogna la morte è un Maestro di Germania

i tuoi capelli d’oro Margarete
i tuoi capelli di cenere Sulamith

Paul Celan

(Traduzione di Giuseppe Bevilacqua)

da “Papavero e memoria”, in “Paul Celan, Poesie”, “I Meridiani” Mondadori, 1998

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Todesfuge

SCHWARZE Milch der Frühe wir trinken sie abends
wir trinken sie mittags und morgens wir trinken sie nachts
wir trinken und trinken
wir schaufeln ein Grab in den Lüften da liegt man nicht eng
Ein Mann wohnt im Haus der spielt mit den Schlangen der schreibt
der schreibt wenn es dunkelt nach Deutschland dein goldenes Haar Margarete
er schreibt es und tritt vor das Haus und es blitzen die Sterne er pfeift seine Rüden herbei
er pfeift seine Juden hervor läßt schaufeln ein Grab in der Erde
er befiehlt uns spielt auf nun zum Tanz

Schwarze Milch der Frühe wir trinken dich nachts
wir trinken dich morgens und mittags wir trinken dich abends
wir trinken und trinken
Ein Mann wohnt im Haus der spielt mit den Schlangen der schreibt
der schreibt wenn es dunkelt nach Deutschland dein goldenes Haar Margarete
Dein aschenes Haar Sulamith wir schaufeln ein Grab in den Lüften da liegt man nicht eng

Er ruft stecht tiefer ins Erdreich ihr einen ihr andern singet und spielt
er greift nach dem Eisen im Gurt er schwingts seine Augen sind blau
stecht tiefer die Spaten ihr einen ihr andern spielt weiter zum Tanz auf

Schwarze Milch der Frühe wir trinken dich nachts
wir trinken dich mittags und morgens wir trinken dich abends
wir trinken und trinken
ein Mann wohnt im Haus dein goldenes Haar Margarete
dein aschenes Haar Sulamith er spielt mit den Schlangen

Er ruft spielt süßer den Tod der Tod ist ein Meister aus Deutschland
er ruft streicht dunkler die Geigen dann steigt ihr als Rauch in die Luft
dann habt ihr ein Grab in den Wolken da liegt man nicht eng

Schwarze Milch der Frühe wir trinken dich nachts
wir trinken dich mittags der Tod ist ein Meister aus Deutschland
wir trinken dich abends und morgens wir trinken und trinken
der Tod ist ein Meister aus Deutschland sein Auge ist blau
er trifft dich mit bleierner Kugel er trifft dich genau
ein Mann wohnt im Haus dein goldenes Haar Margarete
er hetzt seine Rüden auf uns er schenkt uns ein Grab in der Luft
er spielt mit den Schlangen und träumet der Tod ist ein Meister aus Deutschland

dein goldenes Haar Margarete
dein aschenes Haar Sulamith

Paul Celan

da “Mohn und Gedächtnis”, Deutsche VerlagsAnstalt GmbH, Stuttgart, 1952