Moesta et errabunda – Charles Baudelaire

Foto di Noell Oszvald

 

LXII.

Agata, dimmi, il tuo cuore fugge a volte
lontano dal nero oceano dell’immonda città
verso altro mare dove lo splendore brilla
blu, chiaro, profondo come la verginità?
Agata, dimmi, il tuo cuore fugge a volte?

Il mare, il vasto mare consola le nostre pene!
Che demone diede al mare, rauco cantante
che l’organo infinito del brontolio dei venti
accompagna, la funzione sublime di cullarci?
Il mare, il vasto mare consola le nostre pene!

Portami via, treno, portami via, nave!
Lontano! Qui c’è del fango formato dai nostri pianti!
– È vero che certe volte il triste cuore di Agata
dice: lontano dai rimorsi, dai crimini, dai dolori
portami via, treno, portami via, nave?

Come sei distante, paradiso odoroso,
dove c’è gioia e amore sotto un limpido azzurro,
dove ciò che si ama è degno di essere amato,
dove il cuore si annega nel piacere puro!
Come sei distante, paradiso odoroso!

Ma il verde paradiso degli amori infantili,
le corse, le canzoni, i baci, i fiori offerti,
i violini vibranti dietro le colline,
con le brocche di vino, la sera, nei boschetti,
– ma il verde paradiso degli amori infantili,

il paradiso innocente dai piaceri furtivi,
è già più lontano dell’India o della Cina?
Si può richiamare con grida piangenti
e popolarlo ancora di voci argentine,
il paradiso innocente dai piaceri furtivi?

Charles Baudelaire

(Traduzione di Marcello Comitini)

da “Spleen e Ideale”, in “I fiori del male 1857-1861”, Edizioni Caffè Tergeste, Roma, 2017

I fiori del male 1857-1861, Edizioni Caffè Tergeste, Roma, 2017

***

LXII. Moesta et errabunda

Dis-moi, ton cœur parfois s’envole-t-il, Agathe,
Loin du noir océan de l’immonde cité,
Vers un autre océan où la splendeur éclate,
Bleu, clair, profond, ainsi que la virginité?
Dis-moi, ton cœur parfois s’envole-t-il, Agathe?

La mer, la vaste mer, console nos labeurs!
Quel démon a doté la mer, rauque chanteuse
Qu’accompagne l’immense orgue des vents grondeurs,
De cette fonction sublime de berceuse?
La mer, la vaste mer, console nos labeurs!

Emporte-moi, wagon! enlève-moi, frégate!
Loin! loin! ici la boue est faite de nos pleurs!
– Est-il vrai que parfois le triste cœur d’Agathe
Dise: Loin des remords, des crimes, des douleurs,
Emporte-moi, wagon, enlève-moi, frégate?

Comme vous êtes loin, paradis parfumé,
Où sous un clair azur tout n’est qu’amour et joie,
Où tout ce que l’on aime est digne d’être aimé,
Où dans la volupté pure le cœur se noie!
Comme vous êtes loin, paradis parfumé!

Mais le vert paradis des amours enfantines,
Les courses, les chansons, les baisers, les bouquets,
Les violons vibrant derrière les collines,
Avec les brocs de vin, le soir, dans les bosquets,
– Mais le vert paradis des amours enfantines,

L’innocent paradis, plein de plaisirs furtifs,
Est-il déjà plus loin que l’Inde et que la Chine?
Peut-on le rappeler avec des cris plaintifs,
Et l’animer encor d’une voix argentine,
L’innocent paradis plein de plaisirs furtifs?

Charles Baudelaire

da “Spleen et Idéal”, in “Les Fleurs du mal”, Paris, Auguste Poulet-Malassis et de Broise, 1861

Ti dono questi versi affinché… – Charles Baudelaire

Erwin Blumenfeld, Blaue Augen, ca. 1938

 

XXXV.

Ti dono questi versi affinché, se il mio nome
approderà felice ad epoche lontane
e sogneranno una sera i cervelli umani,
vascello spinto da un grande aquilone,

il tuo ricordo simile a favole incerte
martelli come un timpano il lettore
e ad un fraterno e mistico anello
rimanga come appeso alle mie rime altere,

essere maledetto cui nulla, dall’abisso profondo
al più alto dei cieli, tranne me risponde!
– O tu che uguale a un’ombra dalla effimera traccia,

calpesti a passi lievi e con sguardo sereno
gli stupidi mortali che ti hanno giudicata amara,
statua dagli occhi di giada, grande angelo impassibile!

Charles Baudelaire

(Traduzione di Marcello Comitini)

da “Spleen e Ideale”, in “I fiori del male 1857-1861”, Edizioni Caffè Tergeste, Roma, 2017

I fiori del male 1857-1861, Edizioni Caffè Tergeste, Roma, 2017

∗∗∗

XXXV.

Je te donne ces vers afin que, si mon nom
Aborde heureusement aux époques lointaines,
Et fait rêver un soir les cervelles humaines,
Vaisseau favorisé par un grand aquilon,

Ta mémoire, pareille aux fables incertaines,
Fatigue le lecteur ainsi qu’un tympanon,
Et par un fraternel et mystique chaînon
Reste comme pendue à mes rimes hautaines;

Être maudit à qui de l’abîme profond,
Jusqu’au plus haut du ciel rien, hors moi, ne répond!
— Ô toi qui, comme une ombre à la trace éphémère,

Foules d’un pied léger et d’un regard serein
Les stupides mortels qui t’ont jugée amère,
Statue aux yeux de jais, grand ange au front d’airain!

Charles Baudelaire

da “Spleen et Idéal”, in “Les Fleurs du mal”, ‎Paris, Poulet-Malassis et de Broise, 1861

La musica – Charles Baudelaire

Foto di Mimmo Jodice

 

LXIX.

La musica talvolta m’avvolge come un mare!
                 E dispiego le vele
sotto un cielo di nebbia o negli spazi immensi
                 verso la mia stella pallida.

Con il petto in avanti e i polmoni gonfi
                 come vela pesante
mi lancio lungo i crinali ammassati dei flutti
                 che la notte nasconde;

sento vibrare in me le identiche passioni
                 di una nave che soffre;
il vento favorevole, uragani e tempeste

                 sull’oscuro baratro
mi cullano. Altre volte la calma, — grande specchio
                 della mia disperazione!

Charles Baudelaire

(Traduzione di Marcello Comitini)

da “Spleen e Ideale”, in “I fiori del male 1857-1861”, Edizioni Caffè Tergeste, Roma, 2017

I fiori del male 1857-1861, Edizioni Caffè Tergeste, Roma, 2017

∗∗∗

LXIX. La musique

La musique souvent me prend comme une mer!
                 Vers ma pâle étoile,
Sous un plafond de brume ou dans un vaste éther,
                 Je mets à la voile;

La poitrine en avant et les poumons gonflés
                Comme de la toile,
J’escalade le dos des flots amoncelés
                Que la nuit me voile;

Je sens vibrer en moi toutes les passions
                D’un vaisseau qui souffre;
Le bon vent, la tempête et ses convulsions

               Sur l’immense gouffre
Me bercent. D’autres fois, calme plat, grand miroir
               De mon désespoir!

Charles Baudelaire

da “Spleen et Idéal”, in “Les Fleurs du mal”, ‎Paris, Poulet-Malassis et de Broise, 1861

Corrispondenze – Charles Baudelaire

Michael Kenna, Octagonal Basin, Sceaux, France, 1996

 

IV.

La Natura è un tempio. Le sue colonne viventi
pronunciano talvolta parole incomprensibili.
L’uomo l’attraversa fra foreste di simboli
che osservano il suo incedere con sguardi familiari.

Come le lunghe eco, che lontano si fondono
in una tenebrosa e profonda unità
immensa come la notte e come il chiarore,
i profumi si accordano con i colori e i suoni.

Ci sono profumi freschi come carni di bimbi,
dolci come degli oboe, verdi come pascoli,
– e altri, corrotti, ricchi e trionfanti,

che hanno l’espansione delle cose infinite,
come l’ambra, l’incenso, il benzoino e il muschio,
che cantano i fervori dello spirito e dei sensi.

Charles Baudelaire

(Traduzione di Marcello Comitini)

da “Spleen e Ideale”, in “I fiori del male 1857-1861”, Edizioni Caffè Tergeste, Roma, 2017

I fiori del male 1857-1861, Edizioni Caffè Tergeste, Roma, 2017

***

IV. Correspondances

La Nature est un temple où de vivants piliers
Laissent parfois sortir de confuses paroles;
L’homme y passe à travers des forêts de symboles
Qui l’observent avec des regards familiers.

Comme de longs échos qui de loin se confondent
Dans une ténébreuse et profonde unité,
Vaste comme la nuit et comme la clarté,
Les parfums, les couleurs et les sons se répondent.

Il est des parfums frais comme des chairs d’enfants,
Doux comme les hautbois, verts comme les prairies,
– Et d’autres, corrompus, riches et triomphants,

Ayant l’expansion des choses infinies,
Comme l’ambre, le musc, le benjoin et l’encens,
Qui chantent les transports de l’esprit et des sens.

Charles Baudelaire

da “Spleen et Idéal”, in “Les Fleurs du mal”, ‎Paris, Poulet-Malassis et de Broise, 1861

Paesaggio natìo – Louise Glück

Immagine dal web

 

 

Stai calpestando tuo padre, disse mia madre,
e infatti mi trovavo esattamente al centro
di un letto d’erba, falciata così ordinatamente che avrebbe potuto essere
la tomba di mio padre, anche se nessuna lapide lo diceva.

Stai calpestando tuo padre, ripeté,
più forte questa volta, che cominciò a suonarmi strano,
perché pure lei era morta; anche il dottore lo aveva ammesso.

Mi sono spostata leggermente di lato, dove
mio padre finì e mia madre iniziò.

Il cimitero era silenzioso. Il vento soffiava tra gli alberi;
Potevo sentire, molto debolmente, scoppi di pianto a parecchie file di distanza,
e oltre a questo, un cane che si lamentava.

Alla fine questi suoni si attenuarono. Mi è passato per la mente
che non avevo memoria di essere stata portata qui,
a quello che ora sembrava un cimitero, anche se avrebbe potuto essere
un cimitero soltanto nella mia mente; forse era un parco, o se non un parco,
un giardino o pergola, profumata, me ne resi conto ora dal profumo di rose –
douceur de vivre che riempie l’aria, la dolcezza di vivere,
come dice il proverbio. Ad un certo punto,

mi è venuto in mente che ero sola.
Dove erano finiti gli altri
i miei cugini e mia sorella, Caitlin e Abigail?

Ormai la luce stava svanendo. Dov’era l’auto
in attesa di portarci a casa?

Allora ho iniziato a cercare qualche alternativa. ho sentito
che cresceva in me un’impazienza, vicina, direi, all’ansia.
Alla fine, in lontananza, ho scorto un trenino,
si fermò, sembrava, dietro un fogliame, il conduttore,
appoggiato allo stipite di una porta, fumando una sigaretta.

Non dimenticarmi, ho gridato, correndo adesso
su molte trame, molte madri e padri –
Non dimenticarmi, ho gridato, quando finalmente l’ho raggiunto.
Signora, disse, indicando i binari,
sicuramente si rende conto che questa è la fine, le tracce non vanno oltre.
Le sue parole erano dure, eppure i suoi occhi erano gentili;
questo mi ha incoraggiata a insistere sulle mie ragioni.
Ma tornano indietro, ho detto, e ho osservato
la loro solidità, come se avessero numerosi ritorni davanti a loro.

Sappia, ha detto, che il nostro lavoro è difficile: ci confrontiamo
con molto dolore e delusione.
Mi guardò con crescente franchezza.
Una volta ero come lei, aggiunse, innamorato della confusione.

Ora ho parlato come a un vecchio amico:
E tu, ho detto, visto che era libero di andarsene,
non hai voglia di tornare a casa,
rivedere la città?

Questa è casa mia, ha detto.
La città — la città è dove scompaio.

Louise Glück

(TRADUZIONE DI MARCELLO COMITINI)
ALTRE POESIE DI LOUISE GLÜCK TRADOTTE DA MARCELLO COMITINI

∗∗∗

Aboriginal landscape

You’re stepping on your father, my mother said,
and indeed I was standing exactly in the center
of a bed of grass, mown so neatly it could have been
my father’s grave, although there was no stone saying so.

You’re stepping on your father, she repeated,
louder this time, which began to be strange to me,
since she was dead herself; even the doctor had admitted it.

I moved slightly to the side, to where
my father ended and my mother began.

The cemetery was silent. Wind blew through the trees;
I could hear, very faintly, sounds of weeping several rows away,
and beyond that, a dog wailing.

At length these sounds abated. It crossed my mind
I had no memory of being driven here,
to what now seemed a cemetery, though it could have been
a cemetery in my mind only; perhaps it was a park, or if not a park,
a garden or bower, perfumed, I now realized, with the scent of roses—
douceur de vivre filling the air, the sweetness of living,
as the saying goes. At some point,

it occurred to me I was alone.
Where had the others gone,
my cousins and sister, Caitlin and Abigail?

By now the light was fading. Where was the car
waiting to take us home?

I then began seeking for some alternative. I felt
an impatience growing in me, approaching, I would say, anxiety.
Finally, in the distance, I made out a small train,
stopped, it seemed, behind some foliage, the conductor
lingering against a doorframe, smoking a cigarette.

Do not forget me, I cried, running now
over many plots, many mothers and fathers—

Do not forget me, I cried, when at last I reached him.
Madam, he said, pointing to the tracks,
surely you realize this is the end, the tracks do not go farther.
His words were harsh, and yet his eyes were kind;
this encouraged me to press my case harder.
But they go back, I said, and I remarked
their sturdiness, as though they had many such returns ahead of them.

You know, he said, our work is difficult: we confront
much sorrow and disappointment.
He gazed at me with increasing frankness.
I was like you once, he added, in love with turbulence.

Now I spoke as to an old friend:
What of you, I said, since he was free to leave,
have you no wish to go home,
to see the city again?

This is my home, he said.
The city—the city is where I disappear.

Louise Glück

da “Faithful and Virtuous Night”, Farrar, Straus and Giroux, 2014