«Ci diciamo addio – e nello stesso istante» – Bella Achatovna Achmadulina

Foto di Tommy Ingberg

 

Ci diciamo addio — e nello stesso istante
il mutamento si impossessa della terra
e la sua smania di cambiare è così grande
che il fiume ha ribrezzo della riva
le nuvole si disamorano del cielo
la mano destra saluta la sinistra
dicendole superba: — Ciao!

Aprile ormai non anticipa più il Maggio.
No, non vedremo più la primavera,
— il melampiro, vedi, sta sfiorendo —
oh, lotta del giallo e dell’azzurro!

L’estate calpesta i propri fiori,
tempo e spazio si sono ripudiati.
È morto il bianco: ci restano soltanto
i suoi sette orfanelli colorati.

In tutti i templi infuria lo sfacelo,
nei cimiteri folleggia la rapina —
tutto per colpa dell’addio
tra me e te, per colpa di un addio!

Bella Achatovna Achmadulina

(Traduzione di Serena Vitale)

da “Tenerezza e altri addii”, Guanda, Parma, 1971

Di notte – Bella Achatovna Achmadulina

Foto di Anka Zhuravleva

 

Non posso gridare. Non posso chiamarti.
Nel silenzio tutto è fragile, di vetro.
La testa reclinata sulla leva,
anche il telefono dorme.

Attraversando la città addormentata
voglio arrivare ad un vicolo bianco,
voglio accostarmi alla tua finestra,
in gran silenzio, e teneramente.

Nasconderò nelle mie mani l’eco
del sonoro disgelo delle strade.
Spegnerò le fiammelle dei lampioni
perché non si sveglino i tuoi occhi.

Ordinerò alla primavera
di soffocare le sue voci notturne.
Allora, sei così tu quando dormi?
Le tue mani hanno perso vita…

la stanchezza furtiva si è annidata
nel folto delle rughe, intorno agli occhi.
Domani voglio baciarli a lungo, a lungo
perché non ne resti il ricordo.

Veglierò il tuo sonno fino all’alba,
andrò via col vento fresco del mattino,
dimenticando le mie orme sulla neve
tra le foglie dell’anno passato.

Bella Achatovna Achmadulina

(Traduzione di Serena Vitale)

da “Tenerezza e altri addii”, Guanda, Parma, 1971

∗∗∗

Ночью

Как бы мне позвать, закричать?
В тишине все стеклянно-хрупко.
Голову положив на рычаг,
Крепко спит телефонная трубка.

Спящий город перешагнув,
Я хочу переулком снежным
Подойти к твоему окну
Очень тихой и очень нежной.

Я прикрою ладонью шум
Зазвеневших капелью улиц.
Я фонари погашу,
Чтоб твои глаза не проснулись.

Я прикажу весне
Убрать все ночные звуки.
Так вот ты какой во сне!?
У тебя ослабели руки…

В глубине морщинок твоих
Притаилась у глаз усталость…
Завтра я поцелую их,
Чтоб следа ее не осталось.

До утра твой сон сберегу
И уйду свежим утром чистым,
Позабыв следы на снегу
Меж сухих прошлогодних листьев.

Белла Ахатовна Ахмадулина

1955

Esorcismo – Bella Achatovna Achmadulina

Audrey Hepburn in a publicity shot for The Nun’s Story (Fred Zinnemann, 1959)

 

 

Non piangete la mia morte — vivrò ancora
in un’allegra mendicante, in una buona ergastolana,
nella donna del sud che gela al nord,
nella pietroburghese tisica e malvagia
al sud malarico — vivrò.

Non piangete la mia morte — vivrò ancora
nella zoppa uscita sul sagrato,
nell’ubriaco accasciato sul tavolo,
e nel povero imbrattatele
che dipinge la Madonna — vivrò.

Non piangete la mia morte — vivrò ancora
nella bimba che impara a scrivere,
che in un futuro indecifrabile, arrossendo
della mia frangetta, i miei versi ripeterà
come una sciocca — vivrò.

Non piangete la mia morte — vivrò ancora
nella più misericordiosa delle suore,
nell’estrema assurdità della guerra,
e alla luce della mia chiara stella
in qualche modo, comunque — vivrò.

Bella Achatovna Achmadulina

                                                      1960

(Traduzione di Daniela Gatti)

da “Bella Achmadulina, Poesia”, Spirali, 1998

«E in ultimo ti dirò: – Addio» – Bella Achatovna Achmadulina

Foto di Gabrielle Duplantier

 

E in ultimo ti dirò: — Addio,
e non promettermi amore.
Perderò la ragione. O troverò 
la sublime serenità della follia.

Come mi hai amato? Pregustando
l’offesa della fine. Ma non è questo…
Come mi hai amato? Offendendo i principi
dell’amore. Ma in modo così goffo…

Crudeltà del fallimento, io
non ti perdono. Vivo, cammino,
vedo il bianco mondo,
ma il corpo mio è deserto.

La mente vorrebbe ancora un piccolo
lavoro. Ma son deboli le mani.
E uno sciame di odori e di sapori
in volo sghembo si allontana da me.

Bella Achatovna Achmadulina

(Traduzione di Serena Vitale)

da “Tenerezza e altri addii”, Guanda, 1971