Tutti i corpi che ho toccato… – Ghiannis Ritsos

Ghiannis Ritsos

                                                 Parola Carnale
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Tutti i corpi che ho toccato, che ho visto, che ho preso, che ho sognato, tutti
sono addensati nel tuo corpo. O, tu carnale Diotima
nel gran simposio dei Greci. Se ne sono andate le flautiste,
se ne sono andati filosofi e poeti. I begli efebi dormono già
lontano, nei dormitori della luna. Tu sei sola
nella preghiera che levo. Un sandalo bianco
dai lunghi lacci bianchi è legato alla gamba della sedia. Sei l’oblio assoluto;
sei il ricordo assoluto. Sei la non incrinata fragilità. Fa giorno.
Fichi d’India carnosi scagliati dalle rocce. Un sole rosa
immobile sul mare di Monemvasià. La nostra duplice ombra
si dissolve alla luce sul pavimento di marmo pieno di sigarette calpestate,
coi mazzetti di gelsomini infilati negli aghi di pino. O, carnale Diotima,
tu che mi hai partorito e che ho partorito, è ora
che partoriamo azioni e poesie, che usciamo nel mondo. Davvero, non scordare
quando vai al mercato di comprare mele in abbondanza,
non quelle d’oro delle Esperidi, ma quelle grosse e rosse, che quando affondi
nella polpa croccante i tuoi splendidi denti resta impresso,
come un’eternità sui libri, pieno di vita il tuo sorriso.

Ghiannis Ritsos

(Traduzione di Nicola Crocetti)

(da Erotica, 1981: Parola carnale)

da “Poeti greci del Novecento”, “I Meridiani” Mondadori, 2010

***

Σάρϰινος λόγος
ι’

Ὅλα τά σώματα πού ἄγγιξα, πού είδα, πού πῆρα, πού ὀνειρεύτηϰα, ὅλα
πυϰνωμένα στό σῶμα σου. Ὤ, σάρϰινη ἐσύ Διοτίμα,
στό μεγάλο συμιπόσιο τῶν Ἑλλήνων. Οἱ αὐλητρίδες φύγαν,
οἱ παητές ϰ’ οἱ φιλόσοφοι φύγαν. Οἱ ὡραῖοι ἔφηβοι ϰοιμοῦνται ϰιόλας
μαϰριά, στά. ὑπνοδωμάτια τοῦ φεγγαριοῦ. Εἷσαι μόνη
μέσα στήν ὑψωμένη προσευχή μου. Ἕνα ἄσπρο σανδάλι
μέ ἅσπρες μαϰριές ταινίες εἶναι δέμένο στό πόδι τῆς ϰαρέϰλας. Εἷσαι. ἡ ἀπόλυτη λήθη·
εἶσαι ἡ ἀπόλυτη μνήμη. Εἷσαι τό ἀράγιστο εὔθραυστο. Χαράζει.
Φραγϰοσυιϰαές σαρϰώδεις ἐϰτινάσσονται ἀπ’ τούς βράχους. Ἕνας ρόδινος ἥλιος
ἀϰινητεῖ πάνω ἀπ’ τή θάλασσα τῆς Μονοβάσιας. Ὁ διπλός μας ἴσϰιος
διαλύεται ἀπ’ τό φῶς στό μαρμάρινο δάπεδο μέ τά πολλά πατημένα τσιγάρα,
μέ τίς μιϰρές ἀνθοδέσμες γιασεμιά ϰαρφιτσωμένα σέ πευϰοβελόνες. Ὤ, σάρϰινη Διοτίμα,
ἐσύ πού μέ γέννησες ϰαί πού σ’ ἔχω γεννήσει, εἶναι ἡ ὥρα
νά γεννήσουμε πράξεις ϰαί ποιήματα, νά βγοῦμε στόν ϰόσμο. Κι ἀλήθεια, μήν ξεχάσεις,
ὅταν θά βγεῖς στήν Ἀγορά, ν’ ἀγοράσεις ἄφθονα μῆλα,
ὄχι τῶν Ἑσπερίδων τά χρυσά, μά τά ϰόϰϰινα ἐϰεῖνα τά μεγάλα, πού, ὅταν μπήγεις
στήν ϰρουστή σάρϰα τους τ’ ἀπαστράπτοντα δόντια σου, μένει ϰαθηλωένο,
σάν μία αἰωνιόιτεητοί πάνω ἀπό τά βιβλία, τό ζωιϰό χαμόγελό σου.

Γιάννης Ρίτσος

da “Τά ἐρωπϰά”, Κέδρος, 1981: “Σάρϰινος λόγος”

«Avevi il profumo» – Giorgio Peddio

Josef Sudek, Untitled, n.d.

 

Avevi il profumo
che hanno solo 
i giardini in estate,
freschi 
d’acqua pura
e delicata menta.

Le tue parole
incendiavano la notte,
la tua pelle,
i miei sensi.

Ricordi 
ti chiamavo l’accigliata 
Tenero amore
dagli occhi inquieti,
nella nostra piccola casa
di bianchi fiori nei vasi
e di tramonti dorati.

Nelle notti afose
ti alzavi dal letto
tutta nuda
per aprire i vetri
e far entrare le stelle,
fresche stelle
d’antica luce,
poi tornavi 
tra le mie braccia
e mi stringevi forte
come durante un temporale.

Presto tornerà
la calda stagione
ma tu non tornerai
Alba di rugiada,
altri paesaggi
guardano ora i tuoi occhi,
i tuoi occhi grandi
come sorgenti lunari
dove io dissetavo
il mio cuore di sale.

Giorgio Peddio

20 maggio 2014.

Lascito – Ghiannis Ritsos

Piero Guccione, Mattina di luglio a Punta Corvo, 2001-03, olio su tela, collezione privata

 

Disse: credo nella poesia, nell’amore, nella morte,
perciò credo nell’immortalità. Scrivo un verso,
scrivo il mondo; esisto; esiste il mondo.
Dalla punta del mio mignolo scorre un fiume.
Il cielo è sette volte azzurro. Questa purezza
è di nuovo la verità prima, il mio ultimo desiderio.

Ghiannis Ritsos

(1969; da Pietre Ripetizioni Sbarre, 1972)

(Traduzione di Nicola Crocetti)

da “Pietre Ripetizioni Sbarre”, Crocetti Editore, 2020

∗∗∗

Ὑποθήϰη

Εἶπε: Πιστεύω στήν ποίηση, στόν ἔρωτα, στό θάνατο,
γι’ αὐτό ἀϰριβῶς πιστεύω στήν ἀθανασία. Γράφω ἕνα στίχο,
γράφω τόν ϰόσμο· ὑπάρχω· ὑπάρχει ὁ ϰόσμος.
Ἀπό τήν ἄϰρη τοῦ μιϰροῦ δαχτύλου μου ρέει ἕνα ποτάμι.
Ὁ οὐρανός εἶναι ἑφτά φορές γαλάζιος. Τούτη ἡ ϰαθαρότητα
εἶναι ϰαί πάλι ἡ πρώτη ἀλήθεια, ἦ τελευταία μου θέληση.

Γιάννης Ρίτσος

1969

da“Πέτρες Έπαναλήψεις Kιγχλίδωμα”, 1972: ‘Kιγχλίδωμα’

[…]
Il senso ultimo della sua vita e della sua opera è forse racchiuso in una poesia del 1969, intitolata Lascito, che la figlia Eri ha fatto incidere sulla tomba nel piccolo cimitero di Monemvasià, dove dal 1990 il poeta riposa.

[…]

Nicola Crocetti, dalla prefazione di “Le più belle poesie di Ghiannis Ritsos”, a cura di Nicola Crocetti, Crocetti Editore, 2024

Alain Delon – Luigi H. Perfetti

Alain Delon in “La prima notte di quiete”, di Valerio Zurlini, 1972, Museo Fellini

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’ululato dei lupi.
Il verdeggiare lucido delle foglie
attraversando un sentiero sul promontorio.
Le diagonali familiari
di ognuno, l’asfalto malmesso delle città
e i viali alberati piuttosto freddi.
Il desiderio ben calibrato
che faccia da bandiera sul balcone
per la vita che si distende
con lenzuola morbide e bicchieri.
La donna sulla scacchiera che dorme
nella lunghissima sera
mentre il vento sbatte le imposte
delle finestre ragionevoli
e il soprassalto si riflette
nei sogni e sovviene, ancora,
quando si giocava alla guerra.
Una freccia d’argento
di un tempo eternamente remoto.

Luigi H. Perfetti

18 agosto 2024

La tempesta – Piero Bigongiari

Foto di Donata Wenders

 

Forse è questa l’ora di non vedere
se tutto è chiaro, forse questa è l’ora
ch’è solo di sé paga, ed il tuo incanto
divaga nell’inverno della terra,
nell’inferno dei segni da capire.
Ma non farti vedere dimostrare
ancora le tue formule, è finita
l’orgia dei risultati rispondenti
alle cause. Sei sola, batti i denti
accosto ai vetri nevicati, tetri.
Divergono in un morbido riaccendersi
d’altro sangue i destini che ci unirono.
Tu li ricordi come – in queste tarde
ore che riscoccano dalla pendola –
in un fuoco di tocchi, in un orrendo
scatenarsi, dai tuoi armadi, di bambole.
La nostra vita, catturata, vedi,
mentr’era armata solo di silenzio,
come dai parafulmini ridesti
da un lampo, trova il filo da seguire
per non morire restando se stessa.

Piero Bigongiari

15 novembre ’45

da “Rogo”, 1944-1952, in “Stato di cose”, “Lo Specchio” Mondadori, 1968