«Sí, li amavo quei convegni notturni» – Anna Andreevna Achmatova

Savely Sorin, Anna Achmatova, 1913-1914

 

Sí, li amavo quei convegni notturni,
I bicchieri ghiacciati su un piccolo tavolo,
Il vapore del caffè sottile, profumato,
Il torpido caldo, d’inverno, del rosso camino,
L’acre allegria dello scherzo letterario
E dell’amico il primo sguardo, angoscioso e smarrito.

Anna Andreevna Achmatova

1917

(Traduzione di Bruno Carnevali e Paolo Galvagni)

da “Stormo bianco”, in “Anna Achmàtova, Luna allo zenit e altre poesie”, Passigli Poesia, 2007

***

«Да, я любила их, те сборища ночные,—»

Да, я любила их, те сборища ночные,—
На маленьком столе стаканы ледяные,
Над черным кофеем пахучий, зимний пар,
Камина красного тяжелый, зимний жар,
Веселость едкую литературной шутки
И друга первый взгляд, беспомощный и жуткий.

Анна Андреевна Ахматова

da “Белая стая: стихотворения”, Ardis, 1923

Oscurato – Paul Celan 

 

OSCURATO
il potere delle chiavi.
La zanna governa,
dai resti del cretaceo,
contro l’attimo
mondiale.

Paul Celan 

(Traduzione di Dario Borso)

da “Oscurato”, Einaudi, Torino, 2010

∗∗∗

Eingedunkelt

EINGEDUNKELT
die Schlüsselgewalt.
Der Stoßzahn regiert,
von der Kreidespur her,
gegen die Welt-
sekunde.

Paul Celan

da “Eingedunkelt”, Suhrkamp Verlag, Frankfurt am Main, 2006

Consigli – Czesław Miłosz

 

Al posto dei giovani poeti
(posto elevato, checché ne pensi la generazione)
preferirei non dire che la terra è il sogno d’un pazzo,
una favola stolta tutta chiasso e furore.

È vero, non mi è capitato di veder trionfare la giustizia.
Le labbra degli innocenti non reclamano nulla.
E chissà se un buffone incoronato,
strepitante con la coppa in mano che la divinità gli è propizia
perché tanti e tanti ne ha avvelenati, decapitati, accecati,
non commuoverebbe gli spettatori: era così mite!

Dio non moltiplica ai virtuosi pecore e cammelli
e nulla toglie per l’omicidio e lo spergiuro.
Si è nascosto tanto a lungo che ci si è dimenticati della sua apparizione
nel roveto ardente e nel petto del giovane ebreo
pronto a soffrire per tutti quelli che furono e saranno.

Non è certo che Ananke attenda la sua ora
per ripagare a dovere orgoglio e mancanza di misura.

Si è riusciti a far capire all’uomo
che se vive, è solo per grazia dei potenti.
Pensi dunque a bere il caffè e a dare la caccia alle farfalle.
Chi ama la Res publica avrà la mano mozzata.

Eppure la Terra merita almeno un po’ di tenerezza.
Non che prenda troppo sul serio le consolazioni della natura
e gli accessori barocchi, la Luna, le nuvole paffute
(benché sia un bel momento quando i pruni fioriscono lungo la Wiljia).

No, consiglierei addirittura di stare lontani dalla natura,
dalle immagini ostinate di spazio infinito,
di tempo infinito, dalle lumache avvelenate
sul sentiero nel giardino, quali nostri eserciti.

C’è molta morte e per questo la tenerezza
per le trecce, le gonne colorate al vento,
le barchette di carta non più durevoli di noi stessi. . .

Czesław Miłosz

(Traduzione di Pietro Marchesani)

da “Città senza nome”, 1969, in “Czesław Miłosz, Il castigo della speranza”, All’insegna del pesce d’oro, 1981 

Mille copie numerate – Copia N. 39
Avvertenza: Per i testi originali delle poesie qui pubblicate abbiamo seguito l’edizione americana dell’opera poetica di Milosz Utwory poetyckie. Poems, Michigan Slavic Publications, Ann Arbor 1976.  (Pietro Marchesani)

∗∗∗

Rady

Na miejscu młodych poetów
(miejscu wysokim, cokolwiek sądzi pokolenie)
wolałbym nie mówić, że ziemia jest snem wariata,
bajką niemądrą, pełną wrzasku i furii.

To prawda, nie zdarzyło mi się oglądać triumfu sprawiedliwości.
Usta niewinnych nie upominają się o nic.
I kto wie, czy błazen w koronie,
z kielichem w ręku, ryczący że bóstwo mu sprzyja
ponieważ tylu i tylu otruł, ściął, oślepił,
nie rozrzewniałby widzów: że taki łagodny.

Bóg nie pomnaża cnotliwym dobytku w owcach i wielbłądach
i nie odejmuje nic za mord i krzywoprzysięstwo.
Ukrywał się tak długo, że zapomniano jak się objawił
w krzaku ognistym i w piersi żydowskiego młodzieńca
gotowego cierpieć za wszystkich co byli i będą.

Nie jest pewne czy Ananke wygląda swojej godziny
żeby odpłacać jak trzeba za pychę i brak miary.

Człowiekowi potrafiono dać do zrozumienia,
że jeżeli żyje, to tylko z łaski potężnych.
Niech więc zajmie się piciem kawy i łowieniem motyli.
Kto kocha Rzecz Pospolitą, będzie miał dłoń uciętą.

A jednak Ziemi należy się, nieduża choćby, tkliwość.
Nie żebym brał zbyt poważnie pociechy natury
i barokowe rekwizyty, Lunę, pyzate obłoki
(choć kiedy czeremchy kwitną nad Wilią, piękna to jest pora).

Nie, nawet doradzałbym dalej od natury,
od upartych obrazów nieskończonej przestrzeni,
nieskończonego czasu, od ślimaków otrutych
na ścieżce w ogrodzie, niby nasze armie.

Jest bardzo dużo śmierci i dlatego tkliwość
dla warkoczy, spódnic kolorowych na wietrze,
łódeczek papierowych nie trwalszych niż my sami…

Czesław Miłosz

da “Miasto bez imienia”, 1969, in “Czesław Miłosz, Utwory poetyckie. Poems”, Michigan Slavic Publications, Ann Arbor, 1976

Primavera, inverno – Mario Benedetti

Mario Benedetti, foto di Dino Ignani

 

Vado nell’aprile del duemila e dieci
quando la casa era nostra, e l’asfalto,
i fili della luce, le montagne, il sole.

Nessuno ci vedeva e noi vedevamo tutto.
Era il segreto di ognuno per vivere.

Cade quella primavera sulle suole di neve
con il peso di tutti i miei anni:
un bianco pestato in un amaro sale grigio
la sola immagine, il mio corpo di adesso.

∗∗∗

Non potevi saperlo. C’era solo l’erba,
il dorso delle tante mani nella terra,
le dita lunghe arrampicate nell’aria.

Altre si sono annodate alle tue,
la metà che allora ti mancava
hai trovato seguendo la vita.

Non dire niente. Il silenzio ripasserà
e morirai per qualcuno. Cosa puoi fare?
Ora non tutti sono come te. Cantano,

hanno faccende di cui occuparsi,
quasi quotidianamente si sentono eterni.
Anche se è stupido diluire la morte

con la vita, non farti questa domanda:
era all’inizio del gioco, felice
e macabro che non puoi non giocare.

∗∗∗

La guancia sporcata di segale
corre nel prato con la fantasia.
Il respiro della casa è lo sgretolarsi dei muri
nella gola dove preme il sangue che non esce.
Confusi i gambi sdraiati sotto le braccia fredde,
invisibile la fossa del funerale.

∗∗∗

ricordo di Andrea Zanzotto

I fiori tutte le notti aperti, mi guardi scrutando in giro
o dalla finestra il campo come il campo di una volta.
Venuti per i prati, per non poterli dire che erbe e alberi.
Potevamo essere fatti di un ferro, di un muso.
L’orto è solo una cosa che facevamo, una domanda.

∗∗∗

I visi senza le ossa, le nostre cartilagini
tra la sterpaglia sollevano letti di foglie
come farina e acqua impastate senza mani.
Un altro novembre sta seduto nel vuoto,
le parole fanno buche di campo,
alzano berretti di zolle dalla terra arata.

∗∗∗

Dentro i discorsi si perde
la prima cosa che il bambino ha guardato.
Lui gioca silenzioso e gli occhi non muove.
Hanno tagliato l’albero, il tronco è caduto,
lui non muove gli occhi, ascolta il da farsi.
Impara a vivere poveramente.

∗∗∗

Vedere nuda la vita
mentre si parla una lingua per dire qualcosa.
Uscire di sera rende la sera più bella
ma è il poco sole obliquo la sera senza parole.
Vedere nuda la vita quando c’eri con le tue cose.
Adesso le cose sono sole,
non c’è la promessa del tuo svegliarti
e continuare con le ciabatte, le tazze, i cucchiai.
Non è valsa la pena affaccendarsi.
Il gioco dei giorni è la promessa che non sapevi
a perdere sempre da prima.

∗∗∗

Anche io solo come questo attaccapanni,
come sono i tavoli, com’è l’asse da stiro.
Muri e ringhiere, la poltrona, il camino.
Arde il fuoco bruciando l’intero giardino,
tutto il prato, i boschi, tutte le primavere.

Mario Benedetti

da “Tersa morte”, “Lo Specchio” Mondadori, 2013

«Filamenti di sole» – Paul Celan

Roberto Nespola, Filamenti di luce, Roma, ottobre 2014

 

Filamenti di sole,
sopra lo squallore grigionero.
Un pensiero ad altezza
d’albero s’appropria il tono
che è della luce: ancora
vi sono melodie da cantare
al di là degli uomini.

Paul Celan

(Traduzione di Giuseppe Bevilacqua)

da “Svolta del respiro I”, in “Paul Celan, Poesie”, “I Meridiani” Mondadori, 1998

∗∗∗

Fadensonnen
über der grauschwarzen Ödnis.
Ein baum-
hoher Gedanke
greift sich den Lichtton: es sind
noch Lieder zu singen jenseits
der Menschen.

Paul Celan

da “Atemwende”, Suhrkamp Verlag, Frankfurt am Main, 1967