
Kaveh Hosseini, Vagueness
In questo luogo di corpi sedati
in questo luogo consacrato al rimpianto
si aggirano anime guaste e inattese
e noi camminiamo con loro verso la notte spoglia
camminiamo verso il punto saliente
respiriamo un profumo eterno di frittelle
attendiamo che la notte riporti il primo errore
e la paura antica di sbagliare la traduzione
di ombra in ombra si dissolve tutto il tempo
tutto il tempo si fa gemma e cenere
della vita fanciulla.
Ora precipitiamo nella scintilla originale
ora si delinea il primogenito
viso smarrito in una follia di tulipani:
lo possiedo, lo saluto, lo canto, lo frantumo
con lo sguardo malfermo sul crimine,
lo aspettiamo insieme al confine del mondo
invocando la sponda delle canzoni felici,
le figure sul rovescio della medaglia, il duetto
delle nostre pure apparenze, la strofa primitiva
dove le lettere del nome amato ritornano
e ci chiamano per sempre.
Il nome, il nome, il nome.
Lo ripetiamo certi o increduli,
in un tremore di pernici, lo incidiamo
nell’urlo, lo salviamo
con lo stupore inconfondibile dell’unico dono
che abbiamo meritato: giunge
dalla nostra alba più remota e ci nomina,
ci attende, ci pretende, ci chiede
la parola e la protegge nel silenzio dei pioppeti.
È di tutti la splendida uccisa, la sorridente,
cammina nei corridoi, dea o spettro, cantico
del grande zafferano, si aggira come un oltraggio
alla morte, ritorna puntuale al mattino
nelle battaglie tenebrose del risveglio,
si stende sulla branda, si toglie i sandali,
sorride ancora una volta. Oppure esce nel mondo
e mostra alle strade il nostro errore e la collera
di noi che abbiamo ucciso la cosa più amata
e ora la tocchiamo, tracciamo per terra
un annuncio oscuro di linee
e parole, barlumi di volti e di città: un disegno
di salvezza, forse, o un’esecuzione.
Milo De Angelis
da “Incontri e agguati”, “Lo Specchio” Mondadori, 2015
Sempre particolari le tue scelte.
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