Parole estranee a sua moglie – Giuseppe Conte

Peter Marlow, Kingswear Castle, Devon, England, 1998

 

Saranno state le due le tre l’altra
mattina quando sono entrato nel letto e ti ho
parlato. Tu dormivi e ho premuto la
mia palpebra contro la tua calda. Volevo

dirti parole che ci sono estranee, quelle
dell’amore che eterna: era tragica
la mia resa: le regole del gioco cadute. Così dietro

le nostre palpebre non gli occhi, le orbite. Le

nostre dita di pietra i nostri fianchi fondali e
laghi i nostri piedi fluiti e ormai viticci
e nidi per le civette. Non saremo più
insieme. Non ne parleremo mai più. Futuri

venti soffieranno sulle nostre finestre dal mare
lontano noi saremo topi meduse

fiori.

Giuseppe Conte

da “L’Oceano e il ragazzo”, Rizzoli, Milano, 1983 

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