«Se io venissi a mancare a me stesso» – Valerio Magrelli

Foto di Boris Smelov

 

Se io venissi a mancare a me stesso,
è questo il mio turbamento.
Temo d’evaporare poco a poco,
di perdermi nelle fessure del giorno
dimenticando cosí il mio pensiero.
A volte mi scopro nel silenzio
delle cose che ho intorno,
oggetto tra gli oggetti,
popolato di oggetti.
Dunque il dolore è metamorfosi
e le cause si susseguono
non viste mostrandosi
per quello che non sono.
Questo anzi è il primo dolore.
Gli occhiali allora andrebbero portati
tra l’occhio ed il cervello,
perché è là, tra boscaglie
e piantagioni di nervi
l’errore dello sguardo.
Qui si smarrisce la vista
e nel suo andare alla mente
si corrompe e tramonta.
Come se traversando
pagasse ad ogni passo
il pedaggio del corpo.

Valerio Magrelli

da “Ora serrata retinae”, Feltrinelli, 1980

Un commento su “«Se io venissi a mancare a me stesso» – Valerio Magrelli

  1. Chiara ha detto:

    Ho avuto il piacere di conoscerlo all’università.
    Un grande docente e un grande poeta. Omaggio meritatissimo.

    "Mi piace"

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