
Foto di Phil Penman
UNO
6
Esattamente un anno fa,
l’11 settembre scorso,
uno scroscio scintillante
di scariche di elettroshock
sibilò attraverso
l’etere sorpreso
della rosea elasticità del mio cervello.
Mi svegliai fluttuando
nel reparto psichiatrico del Saint Vincent,
su un fondale roccioso,
una ghianda inerte, sotto
una tenda di lenzuolo, qualcuno
all’altro capo del tempo
cantava l’aria
di Madama Butterfly
come andava cantata.
È così che
ci si sente da morti,
mi chiesi,
un falso alleluia,
un turbinare, guizzare
e traboccare,
non cercare più
di essere qualcosa
di più o di meno di
un inizio,
un centro, o una fine?
Poi, quasi
subito dopo,
mi buttarono fuori
sulla strada.
Ci servono i letti,
dissero i dottori.
C’è una grande emergenza.
Philip Schultz
(Traduzione di Maria Adelaide Basile, Fiorenza Mormile, Anna Maria Rava, Anna Maria Robustelli e Paola Splendore)
da “Erranti senza ali”, a cura di Paola Splendore, Donzelli Poesia, 2016
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ONE
6
Exactly one year ago
last September 11,
a brilliant burst
of electroshock waves
zinged through
the surprised ether
of my brain’s pink elasticity.
I awoke floating
in Saint Vincent’s psych ward,
on a rocky seabed,
an inert acorn, under
a sheet-tent, someone
at the far end of time
singing the aria
from Madame Butterfly
the way it was meant to be sung.
Is this what it
feels like to be dead,
I wondered,
a false hallelujah,
to swirl, flicker,
and overflow,
never again contrive
to be anything
more or less than
a beginning,
middle, or end?
Then, almost
immediately afterwards,
I was put out
on the street.
We need the beds,
the doctors said.
There’s a great emergency.
Philip Schultz
da “The Wandering Wingless”, in “Failure”, Harcourt Books, 2007