
Sabine Weiss, Portrait of Anne-Marie Edvina, 1961
In quel tempo diviso tra l’uragano e la speranza
Cattivo tempo e primavera
Scrissi questo poemetto per conciliarmi
Con l’amore e con la vita.
I
La notte e la paura della notte tutti gli incendi della notte
Gli interdetti le zanne mostrate e le unghie sfoderate
I colori vaghi lo specchio che traspira il raso logoro
Lei non era nata
Il paesaggio si chiudeva come un sasso
Gli uomini si svegliavano stanchi smemorati
La nebbia dei loro sogni appestava l’aurora
Lei non era nata
Nessuno la conosceva
Pudore era ubriaco insozzato
La ricchezza adorava la stupidità
La bellezza la pietà abbeveravano sontuosi carnai
Lei non era nata
Nessuno la conosceva
I suoi occhi erano chiusi
La carne rauca tremava nel freddo silenzioso
E per prolungarsi il dolore ragionava
Dalle vene della notte si alzava un’onta insolubile
Lei non era nata
Nessuno la conosceva
I suoi occhi erano chiusi
Ma era già ritta contro la morte contro la notte.
II
Colei che si è data
Dolce come nell’erba
L’occhio umile di una sorgente
Colei che si è data
Piú sicura di un pensiero
Che lotta per esistere
Piú dura della vita
Intramezzata di speranza
Seme dei fiori avvizziti
Colei che si è data
Partendo da lei si dà tutto
Nella natura e nell’uomo
Si dà tutto in silenzio
A gesti a parole
Io disegno una donna
Una madre in accordo
Col gran giorno col passato
E fino al suo declino
Fino alla sua primavera
La vedo con i suoi difetti
Limpida come un campo di grano
Cancella il freddo
La giovinezza cresce sulla terra
Nessun fiore è senza radici
Il fanciullo è attaccato al seno di sua madre.
III
E la madre diventa interamente madre e senza vergogna
Simile a un anello
Ricolmo di carne
Simile a radura ideale all’oasi della foresta
Orizzonte di verde attorno a un sol frutto
Era un anello simile a un anello
Anello del cuore del corpo dell’occhio e della mano
Del ventre e della luna pallida di mezzoggiorno
Il sangue umano in lei colorava il mondo
Lei divenne prisma e la sua voce spazio
Ali distese screziarono le sue risa
Evidente ed esemplare risuonò in alto il suo canto
Lei diede subito un nome a ogni forma individuata
La curva delle braccia sviluppò la sua stretta
E la sua bocca infantile cancellò l’ignoranza
Con il dorso dritto e le anche come base
Seduta era saggia e parlava di costruire
Ritta in piedi sembrava annientare il vuoto
Le sue pupille lavate da una luce uniforme
Ripopolavano il deserto di insetti e di uccelli
Di insetti e di uccelli di scoiattoli e di scimmie
Di tutti i divertenti animali dell’aria
E di fanciulli turbolenti sfuggiti alla loro prigione
Ritta in piedi aveva l’aria di comporre i giochi
Che prendono per oro le meraviglie dei sensi
Disegnando su due bocche dei baci uguali
Accordava il suo cuore al tempo che gli avanza
Non voleva congiungere il vivere e il morire
Ripeteva vivere e infrangeva le barriere
Troppo rapida lei per non durare
Nella sua orbita brillavano il vomere dell’aratro
Il seme germogliato il mucchio del grano
Le sue nuvole notturne scoppiavano di tiepida pioggia
Un bambino si accendeva nel flusso del suo sangue
La sua trasparenza stabiliva la rassomiglianza.
IV
Già c’erano puliti d’aurora
Fiori per schiarirla
C’erano gemme sopra i rami
Le risa di nozze avevano varcato l’inverno
C’erano gli occhi di una fanciulla di vent’anni
Resa forte dai suoi sogni
E per domani un altro ragazzo altrettanto fiducioso
Il connubio era una ragione feconda
Ragione dei piú deboli e ragione di lotta
Per dominare contro la sfortuna
Bastava avanzare per vivere
Andare dritto davanti a sé
Verso tutto ciò che si ama
È lieve la strada davanti a sé
E s’apre su ogni sponda
Dietro non ci sono che catene
La carezza è come una rosa
Che rafforza la madreperla di un mezzoggiorno caldissimo
Presenza per sempre
Nulla si fa amore che non sia di futuro
La pianta lenta e cupa che conquista il giorno
Non ha altro culmine che l’estate
Nutrito dall’eternità dai semi senza posa
Che sublimano il giogo del tesoro della vita.
V
Terra c’è luce al suono di un giorno perfetto
E la passione assume un nuovo volto
Il ventre oscuro si schiude alla luce
La piana si spoglia un sentiero di foresta
Divide il suo fuso sotto i passi del sole
Un fanciullo è appena nato l’ombra di un uccello
Piú pesante di lui grava sulla terra enorme
Tranquillamente passa da un’ora all’altra
Il bel tempo lo compenetra con le sue campane d’oro
La brocca della luna gli rinfresca le midolla
Nel cavo della culla si raggomitola e addormenta
E nei pesanti solchi dei sogni confonde
Ciò che non può essere e ciò che sarà
Solo la sferza della fame lo sveglia e lo tormenta
Non ama la sua fame ma ama sua madre
Ama ed è nutrito dalla sua necessità
Vivere s’intende dappertutto allo stesso modo
Bisogna amare per vivere bisogna essere nutrito
Del desiderio e del piacere d’essere nutrito
Il fanciullo-riflesso anima un amore reciproco.
VI
Una perla un cumulo di umori congiunti
In un angolo cupo dove giace il fanciullo degli amori banali
Palma del futuro corona inincolpabile
Un bambino l’uscita del labirinto dell’età
Tenero passaggio del cielo verde tra il fogliame delle stelle
L’erba fugge sotto il vento la primavera si abbandona
E la morte mette i suoi brividi tra le mani dell’estate
Ma il bimbo appena nato nega il corso delle stagioni
Illumina tutto si trova alle porte della vita
Fuoco liquido diluvio del desiderio di vivere
Sempre lo stesso fanciullo immortale eterno
All’orizzonte dell’uomo stesso fulgore solare
E il muschio e la ruggine e il cuore secco d’inverno
S’inteneriscono fioriscono come una promessa
La giovinezza non ha una nascita
Ma è sempre presente in questo mondo.
VII
Un fanciullo piccolissimo un mattino eccezionale
Che fruttifica a fior di terra
Una cenere rosseggiante
Una domenica visibile
Un’onda ridotta a una goccia d’acqua
Una luce in pieno giorno.
VIII
I miei ricordi vanno al cuore lontano
Di ogni fanciullo inespressivo
Quasi gratuito quasi innocente
Un bimbo nei suoi primi giorni di vita
Fuscello d’erba appena disgiunto
Dalle grandi maree di primavera
Un bimbo grande come un bacio
Futuro per un bimbo futuro
Prima estasi del sole
Che brucia i ghiacci di rugiada
Prima sete illuminata
Un fanciullo immobile ma agile tanto
Che la natura prende il volo con lui
La terra è ai suoi piedi.
Paul Éluard
(Traduzione di Vincenzo Accame)
da “Paul Éluard, Ultime poesie d’amore”, Passigli Poesia, 1996
∗∗∗
La Petite Enfance de Dominique
En ce temps divisé par l’orage et l’espoir
Mauvais temps et printemps
J’écrivis ce poème pour me concilier
Les formes de l’amour les formes de la vie.
I
La nuit et la peur de la nuit toutes les flammes de la nuit
Les interdits les crocs montrés et les griffes sorties
Les couleurs vagues la glace qui transpire le satin éraillé
Elle n’était pas née
Le paysage se fermait comme un caillou
Les hommes s’éveillaient fatigués sans mémoire
La fumée de leurs rêves empestait l’aurore
Elle n’était pas née
Nul ne la connaissait
Pudeur était soûle souillée
Richesse adorait la bêtise
La beauté la pitié abreuvaient des charniers somptueux
Elle n’était pas née
Nul ne la connaissait
Ses yeux étaient fermés
La chair rauque tremblait dans le froid silencieux
Et pour se prolonger le chagrin raisonnait
Des veines de la nuit surgissait une honte insoluble
Elle n’était pas née
Nul ne la connaissait
Ses yeux étaient fermés
Mais elle était déjà debout contre la mort contre la nuit.
II
Celle qui s’est donnée
Douce comme dans l’herbe
L’œil humble d’une source
Celle qui s’est donnée
Plus ferme que pensée
Luttant pour exister
Plus dure que la vie
Entremêlée d’espoir
Graine des fleurs fanées
Celle qui s’est donnée
À partir d’elle tout se donne
Dans la nature et dans l’homme
Tout se donne en silence
En gestes en paroles
Je dessine une femme
Une mère accordée
Au grand jour au passé
Et jusqu’à son déclin
Jusqu’à son renouveau
Je la vois avec ses défauts
Limpide comme un champ de blé
Elle efface le froid
Jeunesse monte dans la terre
Nulle fleur n’est sans racines
L’enfant tient au sein de sa mère.
III
Et la mère devint tout entière et sans honte
Pareille à un anneau
Comblé de chair
Pareille à la clairière idéale à l’oasis de la forêt
L’horizon de verdure entourant un seul fruit
Un anneau elle était pareille à un anneau
Anneau du cœur du corps de l’œil et de la main
Du ventre et de la lune pâle de midi
Le sang humain en elle colorait le monde
Elle devint le prisme et sa voix retentit
Des ailes étendues irisèrent ses rires
Son chant sonna très haut l’évidence et l’exemple
Elle nomma d’emblée toute forme avouée
La courbe de ses bras développa l’étreinte
Et sa bouche enfantine abolit l’ignorance
Le dos droit et les hanches figurant le socle
Assise elle était sage et parlait de construire
Debout elle semblait anéantir le vide
Ses prunelles lavées par la lumière unie
Repeuplaient le désert d’insectes et d’oiseaux
D’insectes et d’oiseaux d’écureuils et de singes
De tous les animaux aériens distrayants
Et d’enfants turbulents échappés à leur geôle
Debout elle avait l’air de composer les jeux
Qui prennent pour pain blanc la merveille des sens
Figurant sur deux bouches des baisers égaux
Elle accordait son cœur au temps qui se dépasse
Elle ne voulait pas joindre vivre et mourir
Elle répétait vivre et brisait les barrières
Elle était trop rapide pour ne pas durer
Dans son orbe brillaient le soc de la charrue
La semence levée et le bloc des moissons
Ses nuages de nuit éclataient de pluie tiède
Un enfant s’allumait dans le flot de son sang
Sa transparence établissait la ressemblance.
IV
Il y avait déjà lisses d’aurore
Des fleurs pour l’éclairer
Il y avait déjà des bourgeons sur les branches
Les rires de la noce avaient passé l’hiver
Il y avait les yeux d’une enfant de vingt ans
Robuste de ses rêves
Et pour demain un autre enfant aussi confiant.
Alliance était raison féconde
Et raison des moins forts et raison de lutter
Pour régner contre le malheur
Il suffit d’avancer pour vivre
D’aller droit devant soi
Vers tout ce que l’on aime
Devant soi la route est légère
Et s’ouvre sur tous les rivages
Derrière il n’y a que des chaînes
La caresse est comme une rose
Qui renforce la nacre d’un midi très chaud
Présence à tout jamais
Rien ne se fait amour qui ne soit d’avenir
La plante lente et sombre qui conquiert le jour
N’a pas d’autre sommet que celui de l’été
Nourri de l’infini des graines sans esprit
Qui subliment le joug du trésor de la vie.
V
Terre il fait clair au son d’un jour parfait
Et la passion prend un nouveau visage
Le ventre obscur s’entrouvre à la lumière
La plaine se dévêt un sentier de forêt
Dévide son fuseau sous les pas du soleil
Un enfant vient de naître l’ombre d’un oiseau
Pèse plus lourd que lui sur la terre géante
Il va d’une heure à l’autre avec tranquillité
Le beau temps le pénètre de ses cloches d’or
La cruche de la lune rafraîchit ses moelles
Au golfe du berceau il se noue et s’endort
Et dans les lourds sillons des rêves il confond
Ce qu’il ne peut pas être avec ce qu’il sera
Seul le fouet de la faim l’éveille et le tourmente
Il n’aime pas sa faim mais il aime sa mère
Il aime il est nourri de sa nécessité
Vivre s’entend partout de la même manière
Il faut aimer pour vivre il faut être nourri
De son désir et du plaisir d’être nourri
L’enfant-reflet anime un amour réciproque.
VI
Une perle un amas de sèves conjuguées
Dans un coin sombre où gît l’enfant d’amours banales
Palme de l’avenir couronne non coupable
Un enfant la sortie du dédale de l’âge
Tendre passage du ciel vert dans le feuillage des étoiles
L’herbe fuit sous le vent le printemps s’abandonne
Et dans les mains d’été la mort met ses frissons
Mais l’enfant nouveau-né nie le cours des saisons
Il rayonne il demeure aux portes de la vie
Feu liquide déluge du désir de vivre
Toujours le même enfant immortel éternel
À l’horizon de l’homme même éclat solaire
Et la mousse et la rouille et le cœur sec d’hiver
S’attendrissent fleurissent comme une promesse
Jeunesse ne vient pas au monde elle est constamment de ce monde.
VII
Un tout petit enfant un matin d’exception
Fructifiant au ras du sol
Une cendre rougeoyant
Un dimanche visible
Une vague réduite à une goutte d’eau
Une lampe en plein jour.
VIII
Mes souvenirs vont au cœur loin
De chaque enfant inexpressif
Presque gratuit presque innocent
Un enfant à ses premiers jours
Brin d’herbe à peine séparé
Des grandes marées du printemps
Un enfant grand comme un baiser
Futur pour un enfant futur
Première extase du soleil
Brûlant les glaces de rosée
Première soif illuminée
Un enfant immobile et pourtant si agile
Que la nature prend son essor avec lui
La terre est à ses pieds.
Paul Éluard
da “Le Phénix”, 1951, in “Derniers poèmes d’amour”, Seghers, Paris, 1963