
Andrew Wyeth, Airborne, 1996
I
Per la prima volta
comincio a dubitare
di riuscire davvero a raggiungere quaggiú
ciò che dentro di me
chiamai felicità.
Non ne avevo dubitato mai.
Ma una sera vuota di desiderio
mi insinua questo dubbio nel cuore.
Dubbio che certo conobbero anche
gli scalatori di alti monti
vedendo la bianca vetta innevata
con il petto vuoto di scalata,
vuoto di monti.
2
Devo rassegnarmi a non potere, qui,
raddrizzare nulla. I giorni distorceranno
quanto e come vorranno. Uomini, ed io fra loro,
ameranno. Ti ho forse piú amata
perché volevo raddrizzare
qualche stortura, redimere
ciò che non venni a redimere?
E non me ne vado ancora.
E certamente non finisce qui.
3
Piú di tutto ho sempre temuto
il vocío degli uccelli nudi
sul sommo degli alberi
nel gelo. Al pensiero della migrazione
mi si rizzavano d’orrore i capelli.
L’avvicendarsi delle stagioni
mi consegnava alla stagione torturante
del cuore. Un occhio di donna –
una promessa quale
non s’è mai realizzata, dolce piú
di ogni promessa. E sono
ancora qui che scrivo. E non c’è
altro luogo in cui vorrei essere.
E amo ancora.
Natan Zach
(Traduzione di Ariel Rathaus)
da “Sento cadere qualcosa”, Einaudi, Torino, 2009