Quaderno a parte – Fogli ritrovati – Czesław Miłosz

AMERICA

Ocracea e plumbea è la corrente del rapido fiume,
sulla cui riva giunsero un uomo e una donna con un tiro di buoi,
per fondare una città e piantarvi un albero al centro.
Sotto quell’albero sedevo talvolta a mezzogiorno
e guardavo la bassa sponda sulla riva opposta:
pantani, giuncaie, una pozza invasa dalla lemna
luccicavano come al tempo di quei due dai nomi ignoti.
Non credevo potesse capitare a me: su questo fiume, in questa città,
non altrove, proprio qui, una panchina e un albero.

∗∗∗

26.IX.1976. Sera. Che sollievo! Che felicità! La vita vissuta e quel tormento causato dalla tua stoltezza appartengono ormai al passato.

Ammiro me stesso? Per aver sopportato? Pressappoco, ma è qualcosa di molto diverso dall’ammirazione, somiglia all’orgoglio di quel corridore che non è stato bravo, è arrivato quasi ultimo, ma ha corso.

∗∗∗

La cattedrale delle mie illuminazioni, il vento autunnale.
Sono invecchiato nel rendere grazie.

∗∗∗

Anche la cosa meno solenne ci risponderà, se ci rivolgeremo a essa con rispetto. (Frase sognata il 20.11.78 e annotata l’indomani).

∗∗∗

L’angelo della morte ammaliatore
con occhi celesti
con chioma castana
accorre danzando.

Le labbra sue, gioia,
la lingua nelle orecchie sue, delizia,
lo sguardo suo, luce
di piena primavera.

E mi toccò
e mi baciò
e ritornai
al mio inizio.

Non essere, non soffrire,
non causare dolore.
Cancellare tutta
un’esistenza,
affinché non rimanga
notizia di me,
né ricordo,
nulla.

Affinché il mondo sia ancora
come quest’angelo della morte,
perfetto, sereno
e beato.

1976

∗∗∗

Affinché il buio sia placato. Parto presto,
vado, perché tormentato da sogni
che mi imprigionano in ciò che già fu
in un colpevole e amaro rimestio della memoria.

Mi affanno su per l’erta, aspiro la fragranza delle foglie,
arranco in mezzo ai pruni e all’erbe secche,
ma la vetta è pur sempre lontana. E mi ghermisce
implacabile il buio, e ogni giorno comincio da capo.

1976

 ∗∗∗

DALLA FINESTRA DEL MIO DENTISTA

Straordinario. Una casa. Alta. Circondata d’aria. Svetta. In mezzo al cielo azzurro.

Oh, oggetti del mio desiderio, che mi ispiraste ascesi, passione, eroismo, che pena provo quando penso alle vostre labbra e mani e seni e ventri, resi all’amara terra.
Mi ricordo le stradine, i viottolini
su cui vidi passare i tuoi piedini.

(Canzone di Vilna)

(Qui terminano i «Fogli ritrovati»).

Czesław Miłosz

(Traduzione di Andrea Ceccherelli)

 da “Il cagnolino lungo la strada”, Adelphi, 2002

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