Figura bianca – Jiří Orten

Jiří Orten

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Era un dicembre di doni. Sulla nevosa pianura
uno con una tavolozza stava.
Su lui che dipingeva nevicava, nevicava.
Lui trasognava, nella sua pittura

del nudo inverno, dei suoi rigidi ossi,
della valle di un grembo, piú fonda che non voleva,
di una gloria di seni eretta vertiginosa.
Sul modello la neve cadeva.

Il corvo volteggiava, ahimè, cosa mai vuole
e da dove è venuto?
Era un dicembre di doni. E nevicava
su quella tavolozza che non ha piú colore.

O paurosa impotenza a nominare il dipingere
che cade sopra la tela,
ed è come la neve bianca, che non sa niente,
perché deve cadere!

O paurosa impotenza a fermare ciò che fugge!
Si è fatta debole la tua mano,
la lingua ti è legata e non sai piú parlare
a ciò che si dissolve:

o mutazioni eterne, ogni nodo si snoda,
o mutazioni eterne, fin quando in neve io mi sciolga,
dove sarà l’anima mia, in quale donna,
dove sarà, in quale neve?

Era un dicembre di doni, sulla nevosa pianura
uno con una tavolozza stava.
Su lui che dipingeva nevicava, nevicava.
Lui trasognava, nella sua pittura.

Jiří Orten

12.12.1939.

(Traduzione di Giovanni Giudici e Vladimír Mikeš)

da “La cosa chiamata poesia”, Einaudi, Torino, 1969

∗∗∗

Bílý obraz

Byl štědrý prosinec. Na zasněžené plám
s paletou v ruce kdosi stál.
Sněžilo, sněžilo do jeho malování.
On nevěděl, on maloval

tu nahou zimu, její pevné kosti,
údolí klína, hlubší, nežli chtěl,
a výšku ňader v strmé závratnosti.
Sněžilo na model.

Tu havran zakroužil, ach Bože, co ten chce tu
a odkud přilétá?
Byl štědrý prosinec. Sněžilo na paletu
a prázdná byla paleta.

Ta strašná bezmocnost zmocnit se malování,
jež padá na plátna,
a je jak bílý sníh, jenž neví, neví ani
proč padat má!

Ta strašná bezmocnost zastavit prchající!
Zeslábla ruka tvá,
jazyk máš svázaný a nedovede říci
tomu, co roztává:

Ó věčné proměny, taje vše utajené,
ó věčné proměny, až rozplynu se v sníh,
kde bude duše má, kde bude, v které ženě
a v kterých závějích?

Byl štědrý prosinec. Na zasněžené pláni
s paletou v ruce kdosi stál.
Sněžilo, sněžilo do jeho malování.
On nevěděl, on maloval.

Jiří Orten

da “Deníky Jiřího Ortena”, Československý spisovatel, Praha, 1958

Ombra – Vicente Huidobro

Pablo Picasso, Portrait de Vicente Huidobro, 1900

 

L’ombra è un lembo che si allontana
Verso altre spiagge.

Nella mia memoria un usignolo piange

Usignolo delle battaglie
Che canta tra i proiettili

QUANDO NON BAGNERANNO PIÙ DI SANGUE LA VITA.

La stessa luna ferita
Ha una sola ala

                                 Il cuore ha fatto il suo nido
                                 In mezzo al vuoto

Comunque
                   Ai confini del mondo fioriscono le querce

E LA PRIMAVERA ARRIVA CON LE RONDINI.

Vicente Huidobro

(Traduzione di Gabriele Morelli)

dalla rivista “Poesia”, Anno XXXI, Ottobre 2018, N.341, Crocetti Editore

∗∗∗

Ombre

L’ombre est un morceau qui s’éloigne
Vers d autres places.
Dans ma mémoire un rossignol se plaint

Rossignol dea batailles
Qui chante parmi les bailes

QUAND NE SAIGNERA-T-ON PLUS LA VIE.

Mème la lune blessée
A une seule aile

Le cœur a fait son nid
Au milieu du vide

Cependant
                 Au bord du monde Aeurissent Ies amandiers

ET LE PRINTEMPS VIENT SUR LES HIRONDELLES.

Vicente Huidobro

da “Vicente Huidobro, Obra poética”, ed.crítica di Cedomil Goic, ALLCA XX, Colección Archivos, Parigi, 2003

«Aspettami ed io tornerò» – Konstantin Michajlovič Simonov

Elena Arcangeli, L’attesa, 2007

 

Aspettami ed io tornerò,
ma aspettami con tutte le tue forze.
Aspettami quando le gialle piogge
ti ispirano tristezza,
aspettami quando infuria la tormenta,
aspettami quando c’è caldo,
quando piú non si aspettano gli altri,
obliando tutto ciò che accadde ieri.
Aspettami quando da luoghi lontani
non giungeranno mie lettere,
aspettami quando ne avranno abbastanza
tutti quelli che aspettano con te.

Aspettami ed io tornerò,
non augurare del bene
a tutti coloro che sanno a memoria
che è tempo di dimenticare.
Credano pure mio figlio e mia madre
che io non sono piú,
gli amici si stanchino di aspettare
e, stretti intorno al fuoco,
bevano vino amaro
in memoria dell’anima mia…
Aspettami. E non t’affrettare
a bere insieme con loro.

Aspettami ed io tornerò
ad onta di tutte le morti.
E colui che ormai non mi aspettava,
dica che ho avuto fortuna.
Chi non aspettò non può capire
come tu mi abbia salvato
in mezzo al fuoco
con la tua attesa.
Solo noi due conosceremo
come io sia sopravvissuto:
tu hai saputo aspettare semplicemente
come nessun altro.

Konstantin Michajlovič Simonov

1941

(Traduzione di Angelo Maria Ripellino)

da “Poesia russa del Novecento”, Guanda, Parma, 1954

«lo specchio che hai fissato sul petto» – Antonio Porta

Lucio Fontana, Concetto spaziale. Le attese, 1959

 

lo specchio che hai fissato sul petto
è il segnale di un patto profondo
tu mi guardi mentre io ti guardo dentro
e se ti guardo dentro mi vedo

Antonio Porta

22.8.1981

da “Come può un poeta essere amato?”, Diario ’81-’82, in “Invasioni”, “Lo Specchio” Mondadori, 1984

La bambola più piccola del gioco – Moka

Foto di Leonhard Niederwimmer

 

Osservo la risacca delle nuvole
sento la presenza del nostro accordo,
una matrioska di sentimenti mi recludono
nella pancia più piccola,
in un anno cambiano le vite,
ci si ritrova e si muore, anche.
Sono una bambola inutile
nel gioco,
ma costruita con filo di ferro
quello di un tempo passato
indistruttibile nell’incastro
che potrebbe non esistere,
piccola e silenziosa agli eventi,
riflesso colpevole
di ciò che non ho detto.