«Lo spirito ha bisogno del finito» – Maria Luisa Spaziani

Tina Modotti, Hollywood, 1920-21

 

Lo spirito ha bisogno del finito
per incarnare slanci d’infinito.

Parlo con l’angelo, e le tue braccia d’uomo
soltanto lo traducono ai miei sensi.

Dove comincia l’ala? Dove nascono
musiche di tamburi di tempesta?

Amarti è sprofondare, è una foresta
sfumante in cieli altissimi.

Maria Luisa Spaziani

da “La traversata dell’oasi”, “Lo Specchio” Mondadori, 2002

Chiodi – Agota Kristof

 

Sopra le case e la vita
nebbia grigia lieve

con le foglie a venire
degli alberi nei miei occhi
aspettavo l’estate

più di tutto
dell’estate amavo la polvere la bianca
calda polvere
insetti e rane vi morivano soffocati
se non cadeva la pioggia
per settimane

un prato e piume viola sul prato
crescono
gli uccelli il collo dei pozzi
il vento stende sotto una sega

chiodi
puntuti e smussati
chiudono porte montano grate
tutt’attorno sulle finestre
così si edificano gli anni così si edifica
la morte 

Agota Kristof

(Traduzione di Vera Gheno)

da “Chiodi”, Edizioni Casagrande, 2018

∗∗∗

Szögek

A házak és az élet fölött
szürke könnyű köd

szememben a fák
jövendő leveleivel
vártam a nyarat

legjobban
a port szerettem a nyárban fehér
meleg port
bogarak és békák fúltak bele
mikor nem hullt eső
heteken át

rét és violaszín tollak a réten
megnőnek
a madarak a kutak nyakát
fűrész alá fekteti a szél

szögek
hegyesek és tompák
zárják az ajtókat vernek rácsot
az ablakokra körbe-körbe
így épülnek az évek így épül
a halál

∗∗∗

Clous

Au-dessus des maisons et des vies
un léger brouillard gris

avec mes yeux pleins de feuilles
à venir dans les arbres
j’attendais l’été

j’aimais par-dessus tout
dans l’été la blanche
la chaude poussière
insectes et grenouilles s’y noyaient
quand la pluie ne tombait pas
pendant des semaines

le champ et sur le champ des plumes violettes
poussent
les balanciers des puits et les cous des oiseaux
le vent les couche sous une scie

clous
émoussés et pointus
ferment les portes clouent des barreaux
aux fenêtres de long en large
ainsi se bâtissent les années ainsi se bâtit
la mort

Agota Kristof

(Traduit du hongrois par Maria Maïlat)

da “Agota Kristof, Clous -Szögek”, Poèmes hongrois et français, Éditions Zoé, 2016

Il lago di Annecy – Eugenio Montale

Foto di Anka Zhuravleva

 

Non so perché il mio ricordo ti lega
al lago di Annecy
che visitai qualche anno prima della tua morte.
Ma allora non ti ricordai, ero giovane
e mi credevo padrone della mia sorte.
Perché può scattar fuori una memoria 
così insabbiata non lo so; tu stessa
m’hai certo seppellito e non l’hai saputo.
Ora risorgi viva e non ci sei. Potevo 
chiedere allora del tuo pensionato, 
vedere uscirne le fanciulle in fila,
trovare un tuo pensiero di quando eri
viva e non l’ho pensato. Ora ch’è inutile 
mi basta la fotografia del lago.

Eugenio Montale

(6 giugno 1971)

da “Diario del ’71 e del ’72”, “Lo Specchio” Mondadori, 1973

A mezzo la vita – Friedrich Hölderlin

Caspar David Friedrich, Schwaene im Schilf, circa 1820

3.

     Ricche di frutti gialli,
fiorite di rose selvagge,
si specchiano le rive
nel lago.
E voi, cigni soavi,
il capo tuffate per entro
la casta santità dell’acqua,
ebri di baci.

     Ma come, ahimè, discendano
le nebbie d’inverno,
ove sarà ch’ io trovi,
coi fiori e la luce del sole,
un’ombra almeno della dolce terra?
I muri stanno
àfoni e freddi:
scosse, sui tetti, gemono
le banderuole
nel vento.

Friedrich Hölderlin

(Traduzione di Vincenzo Errante)

da “Liriche del tragico presagio”, in “Vincenzo Errante, La lirica di Hoelderlin”, Vol. I, Riduzione in versi italiani, Sansoni, 1943

∗∗∗

Hälfte des Lebens

     Mit gelben Birnen hänget
Und voll mit wilden Rosen
Das Land in den See,
Ihr holden Schwäne,
Und trunken von Küssen
Tunkt ihr das Haupt
Ins heilignüchterne Wasser.

     Weh mir, wo nehm’ ich, wenn
Es Winter ist, die Blumen, und wo
Den Sonnenschein,
Und Schatten der Erde?
Die Mauern stehn
Sprachlos und kalt, im Winde
Klirren die Fahnen.

Friedrich Hölderlin

da “Nachtgesänge”, in “Taschenbuch für das Jahr”, 1805

«Mio male, mio bene, cosí vicini» – Giovanni Raboni

Foto di Hiroshi Sugimoto

 

Mio male, mio bene, cosí vicini
ormai che tante volte vi confondo,
che risse facevate quando il mondo
era pieno di luce e i teatrini

del cuore non scritturavano ombre
ma angeli e demoni in carne e ossa
e da tutte le parti, nella fossa
di chi rammenta, nelle quinte ingombre

di macerie, nei cessi, nel foyer
annerito dagli incendi ferveva
l’incauta vita… Certo, si solleva
ancora il sipario, ogni sera c’è

spettacolo – ma senza vincitori
né vinti, senza sangue, senza fiori.

Giovanni Raboni

da “Quare tristis”, “Lo Specchio” Mondadori, 1998