
Foto di Josef Sudek
Quando riappare la tiepida luna
tra ramo e ramo, le sere d’aprile,
si posano le mosche insonnolite
sugli orologi di vecchie stazioni.
Prima di sera, sul tender del treno
sbocciano fiori che il vento travolge,
tu esci dalle quinte dell’inverno
tra le frange di luce del fogliame.
Mentre la musica dei fiumi
fa vibrare gli orli delle ombre,
lungo le curve sponde della notte
corre il treno con l’astrolabio d’aprile.
Ed io prendo la Bibbia e ricordo:
fu l’anno passato che nacque Michaela,
il sole danzava come le streghe sull’acqua
e i treni sorbivano il tè dietro il bosco.
E in questi giorni io mi chiedo se il fumo
avvolga ancora di veli bianchi la luna,
se dallo scalo ti giunga l’odore dei treni.
Sempre a quest’ora Bauci e Filemone
tritano salmi nella capanna sciancata.
E scroscia il fiume davanti al mulino,
crescono i giunchi,
la luna come buccia di fanghiglia.
Quando ritorni, la notte, col treno,
e le chitarre ronzano come zanzare,
schiere d’alberi crollano sui finestrini,
e nel fiato gèlido d’aprile
ti senti frusciare sul viso
tutta l’erba del mondo che riluce
dietro una lanterna gialla.
Angelo Maria Ripellino
da “Poesie prime e ultime”, Torino, Aragno, 2006