Ciaccona – Adam Zagajewski

Foto di Pieter Vandermeer

per Jaume Vallcorba

Sappiamo, tutti sanno, che parlava col Signore
in innumerevoli cantate e nelle passioni, ma c’è anche
la ciaccona dalla seconda partita per violino solo: qui,
solo forse in questo dove, Bach parla della sua vita,
a un tratto, inaspettatamente, ci racconta di se stesso,
irruente butta fuori tristezza e gioia (perché è questo
tutto ciò che abbiamo), disperazione per la perdita
di moglie e figli, pena per il fatto che tutto dev’esserci sottratto
dal tempo, ma anche l’estasi di ore interminabili,
quando nell’aria ammuffita di una tenebrosa chiesa,
solitario come il pilota di un vol de nuit che traghetti la posta
verso lidi stranieri, suonava l’organo e le sue dita
ne percepivano la pneumatica cedevolezza, il fremito
e il tremore, o se udiva l’uniforme possente voce del coro,
come se per sempre si fossero estinte le risse fra umani
– non d’altro, peraltro, sogniamo anche noi,
se non di poter finalmente dire il vero sulla nostra vita,
e non facciamo altro che tentare e ritentare, maladroits et honteux
the rest is not our business, e non faremo altro
che tentare e ritentare – epperò, nondimeno… dove sono,
dove potranno essere mai le nostre cantate – dimmi ti prego,
ti prego dov’è l’autre côté de la vie, the other side of the wind
dimmi cosa guarisce dal tacere.

Adam Zagajewski

(Traduzione di Marco Bruno)

da “Asimmetria, 2014”, in “Guarire dal silenzio, Nuovi versi e poesie scelte”, “Lo Specchio” Mondadori, 2020

La versione italiana di questa poesia è stata modificata rispetto all’originale con il consenso dell’autore. [NdT]

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Chaconne

Dla Jaume Vallcorba

Wiemy, wszyscy wiedzą, że rozmawiał z Panem
w niezliczonych kantatach i w pasjach, ale jest też
chaconne z drugiej partity na skrzypce solo:
tutaj, może tylko tutaj, Bach mówi o swoim życiu,
nagle, niespodziewanie, opowiada nam o sobie,
szybko i gwałtownie wyrzuca z siebie smutek i radość
(bo nic innego nie mamy), rozpacz po stracie żony i dzieci,
żal, że czas musi nam wszystko odebrać,
ale także ekstazę niekończących się godzin
gdy w stęchłym powietrzu mrocznego kościoła,
samotny jak pilot samolotu przewożącego pocztę
do obcych krajów, grał na organach i czuł pod palcami
ich pneumatyczną uległość, ich zachwyt, drżenie,
albo gdy słyszał jednolity, mocny głos chóru, jakby
raz na zawsze skończyły sie waśnie pomiędzy ludźmi
– przecież my także marzymy o tym,
żeby powiedzieć prawdę o naszym życiu,
i wciąż niezgrabnie próbujemy,
i nadal będziemy próbowali, lecz
gdzie są, gdzie mogą być nasze kantaty, powiedz,
gdzie jest druga strona.

Adam Zagajewski

da “Asymetria”, A5 K. Krynicka, 2014

«In questa notte nuda di parole» – Roberto Carifi

Trude Fleischmann, Tilly Losch-James, 1932

 

In questa notte nuda di parole
come un angelo cancelli il mio dolore
nella grazia tremante del tuo sguardo.
Anche se questo esilio mi apparterrà per sempre
la tua dolcezza è un’anima,
un lampo acceso nel destino,
una carezza deposta nel mio cuore
più forte del vento solitario
che vi respira dentro.
Lo so che un’ombra ci separa,
che questa luce è fragile
come certi lucignoli che scuote
la brezza leggera d’autunno,
ma il tuo sorriso forse l’ha scritto Dio
nel mio destino.

Roberto Carifi

da “Amore d’autunno”, Guanda, Milano, 1998

«Si può rendere onore a una morta?» – Osip Ėmil’evič Mandel’štam

Ol’ga Vaksel’ (1903-1932)

 

Si può rendere onore a una morta?
È in altro luogo e in forza –
il potere dell’amore d’altri l’ha portata
a una fine ardente e violenta…

E le salde rondini delle tonde sopracciglia
dalla tomba sono volate a dirmi
che si erano ristorate nel loro
freddo letto di Stoccolma.

E la tua famiglia s’inorgogliva del violino del bisnonno,
la sua voluta la faceva più bella,
e tu aprivi la tua bocca così rossa
sorridendo, italianeggiando, russeggiando…

Serbo di te triste memoria,
piccola selvatica, orsetto, Mignon,
ma le ruote dei mulini passano l’inverno nella neve,
e gela il corno del postiglione.

Osip Ėmil’evič Mandel’štam

3 giugno 1935

(Traduzione di Maurizia Calusio)

da “Quaderni di Voronež, Primo quaderno”, Giometti & Antonello, Macerata, 2017

∗∗∗

«Возможна ли женщине мертвой хвала?»

Возможна ли женщине мертвой хвала?
Она в отчужденьи и в силе –
Ее чужелюбая власть привела
К насильственной жаркой могиле…

И твердые ласточки круглых бровей
Из гроба ко мне прилетели
Сказать, что они отлежались в своей
Холодной стокгольмской постели.

И прадеда скрипкой гордился твой род,
От шейки ее хорошея,
И ты раскрывала свой аленький рот,
Смеясь, итальянясь, русея…

Я тяжкую память твою берегу,
Дичок, медвежонок. Миньона,
Но мельниц колеса зимуют в снегу,
И стынет рожок почтальона.

Осип Эмильевич Мандельштам

3 июня луу

da “Voronežskie tetradi”, in “Polnoe sobranie sočinenij i pisem v trëch tomach”, tom I: Stichotvorenija, a cura di A. Mec, Moskva, 2009

«La stanza è spoglia e anonima» – Marcello Comitini

Edward Hopper, Eleven A.M., 1926

 

La stanza è spoglia e anonima.
Le valige ancora chiuse.

Sul pavimento le vesti sparse
che i due amanti
si strapparono di dosso per amarsi.

Fuori dalla finestra due o tre gabbiani
volano lentamente

sulle navi immobili tra moli deserti.

Seduto sulla sponda del letto
sfogli le pagine del romanzo
che hai trovato dimenticato sul comodino
come in attesa di narrarti
la storia dolorosa dei due che si sono amati.

Con le spalle curve sul libro
alzi ogni tanto lo sguardo
pensando a quel luogo a quel tempo
quando le cose intorno
avevano il calore delle abitudini familiari: il tavolo
le sedie il letto in cui giacevamo.

Il sole entra a illuminare la stanza
Il tuo corpo

ha il profumo triste e oscuro
delle onde che carezzano
l’immobilità delle navi.

Assorto nei pensieri di un’altra
ti scuotono le parole del romanzo
ti penetrano in fondo al cuore
danno corpo a un’ombra
coperta da un lenzuolo,

a una morta risuscitata dal suo sudario.

Chiedi alla loro musica
che eroda la mia immagine
col gesto del mendicante

che tiene alla catena una piccola scimmia
e tendi la ciotola come sola difesa
ai nostri ricordi e alla tua debolezza.

Sei fuggito in questa stanza
che ti attrae con la sua luce patinata d’oro
come il fuoco degli occhi della medusa.

E io rido qualche volta pensandoti
d’una risata che non viene dal petto
ma dal fondo del dolore
quando mi accorgo che ogni mia attesa è vana
senza scopo né sostanza.

Anche la mia bellezza, quella che amavi.

Marcello Comitini

da “Donne sole”, Edizioni Caffè Tergeste, 2020

AMAZON – Donne sole, Edizioni Caffè Tergeste, 2020
IL MIO LIBRO – Donne sole, Edizioni Caffè Tergeste, 2020
 

Cantico – Tudor Arghezi

Ramón Casas, Estudio, 1893

 

Mi sono difeso invano e ora mi nascondo nell’ombra
della luna bianca, l’alta lancia spezzata.
Ho messo terre e acque tra noi come ostacoli,
e siamo, in ogni luogo, vicini.
T’incontro su ogni sentiero in attesa,
eterna silenziosa compagna.
Prendi per me nel cavo
delle mani l’acqua delle sorgenti
che esce tra templi e pietre senza rumore.
Ti slacci la camicetta e coi seni nelle mani
domandi: «Vuoi dissetarti qui o alla fonte? »
Hai accostato la tua bocca alla mia piegata
al ghiacciolo per bere con me la sua scintilla.

Confusa in ogni cosa, come ombra o pensiero,
la luce ti porta in sé e la terra ti ha fatto crescere.
In ogni suono il tuo silenzio: nelle tempeste
nelle preghiere nel passo dell’uomo e nei liuti.
Ciò che soffro è dolore per te,
tu sei in ogni cosa che nasce o muore,
vicino a me e pure cosí lontana,
sposa sempre promessa, mai sposa.

Tudor Arghezi

(Traduzione di Salvatore Quasimodo)

da “Tudor Arghezi, Poesie”, “Lo Specchio” Mondadori, 1966

∗∗∗

Cîntare

M-am apărat zadarnic şi mă strecor din luptă
În umbra lunii albe, cu lancea naltă ruptă.
Pusei pămînt şi ape, zăgaze între noi,
Şi sîntem, pretutindeni, alături, amîndoi.
Te întîlnesc pe toată poteca-n aşteptare,
Necontenita mută a mea insoţitoare.
Pe la fîntîni iei unda pe palme şi mi-o dai,
Iscată dintre pietre şi timpuri, fără grai.
Ţi-ai desfăcut cămaşa şi-ntrebi cu sînii-n mină
De vreau s-astîmpăr setea din ei sau din fîntînă.
Ai dus la ţurţur gura cu gura mea plecată,
Voind să bei cu mine scînteia lui deodată.
Amestecată-n totul, ca umbra şi ca gîndul,
Te poartă-n ea lumina şi te-a crescut pămîntul.
În fiecare sunet tăcerea ta se-aude,
În vijelii, în rugă, în pas şi-n alăute.
Ce sufăr mi se pare că-ţi este de durere,
De faţa-n tot ce naşte, de faţa-n tot ce piere,
Apropriată mie şi totuşi depărtată,
Logodnică de-a pururi, soţie niciodată.

Tudor Arghezi

da “Cuvinte potrivite”, Editura Fundaţiei Culturale Principele Carol, Bucureşti, 1927