A Ela – Angelo Maria Ripellino

Josef Sudek, Moldau with national theater, Prague, c. 1948

Quando sei triste, quando sei più triste,
perle nere tu compri alla fiera del pianto,
e solo nei timidi versi ritrovi
le magiche virtù del rosmarino.
A ogni spiro di vento riappare la luna
e riempie il fiume di rane d’argento.
Con gli occhiali delle onde la Moldava
osserva le ombre: come antiche statue
gli alberi di gelo.
Vedo il passato nel ghiaccio
come un capello lucente fra le dita,
come un filo d’oro in un sipario,
grano di sabbia nell’arca del fiume.
Nel cader delle perle vitreo suona
un antico motivo di Boemia,
una polka odorosa di georgine.
Suona un violino di nubi, percosso dal vento,
solenne come un’ala, ma pronto a costruire
castelli di lacrime con finestre di singhiozzi.

Angelo Maria Ripellino

da “Poesie prime e ultime”, Torino, Aragno, 2006

A Ela. Datt. (con correzioni mss., fra cui quella del titolo Ricordi) [1950-60]. Inedito.

«Questi aghi di pino, questa buganvillea» – Angelo Maria Ripellino

Foto di Tina Fersino

83.

Questi aghi di pino, questa buganvillea,
questo lago
sono tutti progetti, germogli di analisi,
da cui potrebbero sorgere cento faville.
Perché ogni cosa è ricca come il mare,
ogni cosa è intrisa di futuro,
ogni cosa anela a generare.
Cogli questi segnali, collegali insieme,
scambia con la natura messaggi.
Mirabile cerchio che pullula e freme,
unico corpo vivente, struttura magica.
Tu sei giallo, sei un fiore.
Tu sei di piombo, sei un lago.
Sei un fanello che non sa volare.
Sei un progetto di vita,
che il Nulla vuol soffocare.

Angelo Maria Ripellino

da “Autunnale barocco”, Guanda, Parma, 1977

Da questa spenta città minerale… – Angelo Maria Ripellino

Bill Brandt, Edinburgh, 1942

17.

Da questa spenta città minerale vi mando notizie e un fagottino di desideri.
L’uomo sprofonda nel fango, ma le oche si muovono in fretta
con passo sicuro e arrogante sulla superficie.
Carezzare i miei libri la sera, guardare i quadri di Klee,
perché non so ancora il finale di molte sue storie,
ripensare una sferica infanzia, un maneggio di sogni,
cercare su un comodino deserto bugiarde conchiglie,
e udire la voce di Dio nei fili di pioggia, che grondano
come gli urlanti capelli dei Beatles.

Angelo Maria Ripellino

da “La fortezza d’Alvernia”, Rizzoli, 1967

«La volpe medica le sue ferite» – Angelo Maria Ripellino

Foto di Brett Weston

9.

La volpe medica le sue ferite
con lacrime di làrice. E poi fugge.
Ma tu sei rimasto inchiodato dopo il Diluvio,
con occhi e ciuffo di gufo.
Tu pensi sempre al vistoso gilè di Majakovskij,
come a un attrezzo che possa proteggerti,
come allo strabico farsetto di una sequoia,
anche se fu un malfído talismano.
Qualcosa resiste oltre la brama del suicidio,
oltre la quotidiana sfiducia, − e la vita balbetta,
anche quando vien meno la voglia di vivere,
e i gesti diventano pigri e vischiosi,
ciò che suol dirsi: non posso inghiottire.
Eppure temo che tutto sia vano:
non finirà mai la violenza
sugli altri e su se stessi.

Angelo Maria Ripellino

da “Notizie dal diluvio”, Einaudi, Torino, 1969

«Dove ci incontreremo dopo la morte?» – Angelo Maria Ripellino

Dipinto di Hamish Blakely

35.

Dove ci incontreremo dopo la morte?
Dove andremo a passeggio?
E il nostro consueto giretto serale?
E i rammarichi per i capricci dei figli?
Dove trovarti, quando avrò desiderio di te, dei tuoi occhi smeraldi,
quando avrò bisogno delle tue parole?
Dio esige l’impossibile,
Dio ci obbliga a morire.
E che sarà di tutto questo garbuglio di affetto,
di questo furore? Sin d’ora promettimi
di cercarmi nello sterminato paesaggio di sterro e di cenere,
sui legni carichi di mercanzie sepolcrali,
in quel teatro spilorcio, in quel vòrtice
e magma di larve ahimè tutte uguali,
fra quei lugubri volti. Saprai riconoscermi?

Angelo Maria Ripellino

da “Notizie dal diluvio”, Einaudi, Torino, 1969