La riunione ristretta – Giovanni Raboni

Foto di André Kertész

 

La scrittura da alterare
o aggiungere in un libro bollato non vale
i suoi mesi di prigione: un buon inchiostro
invecchia presto: restano i sospiri
dei soci torturati dalle tasse, i sorrisi
all’impiegato complice… Si vede
che anche in queste equazioni marginali e
poco protocollari (e a prima vista
piú sordide) s’annida un plusvalore
negativo. Ma davvero, chi è l’ucciso
da vendicare? se poi restiamo soli
a mangiarci con gli occhi: il consigliere
delegato, l’amico, il direttore
delle imposte indirette… noi tre soli
a non sapere, a chiederci chi siamo,
persone separate o una: un coniglio,
un topo che condizionato a certi
riflessi verifica il sistema.

Giovanni Raboni

da “Le case della Vetra”, “Lo Specchio” Mondadori, 1966

«Dopo la vita cosa? ma altra vita» – Giovanni Raboni

 

Dopo la vita cosa? ma altra vita,
si capisce, insperata, fioca, uguale,
tremito che non s’arresta, ferita
che non si chiude eppure non fa male

– non piú, non tanto. Lentamente come
risucchiati all’indietro da un’immensa
moviola ogni cosa riavrà il suo nome,
ogni cibo apparirà sulla mensa

dov’era, sbiadito, senza profumo…
Bella scoperta. È un pezzo che la mente
sa che dove c’è arrosto non c’è fumo
e viceversa, che fra tutto e niente

c’è un pietoso armistizio. Solo il cuore
resiste, s’ostina, povero untore.

Giovanni Raboni

da “Quare tristis”, “Lo Specchio” Mondadori, 1998

«Mio male, mio bene, cosí vicini» – Giovanni Raboni

Foto di Hiroshi Sugimoto

 

Mio male, mio bene, cosí vicini
ormai che tante volte vi confondo,
che risse facevate quando il mondo
era pieno di luce e i teatrini

del cuore non scritturavano ombre
ma angeli e demoni in carne e ossa
e da tutte le parti, nella fossa
di chi rammenta, nelle quinte ingombre

di macerie, nei cessi, nel foyer
annerito dagli incendi ferveva
l’incauta vita… Certo, si solleva
ancora il sipario, ogni sera c’è

spettacolo – ma senza vincitori
né vinti, senza sangue, senza fiori.

Giovanni Raboni

da “Quare tristis”, “Lo Specchio” Mondadori, 1998

«Svegliami, ti prego, succede ancora» – Giovanni Raboni

Foto di Pedro Luis Raota

 

Svegliami, ti prego, succede ancora
d’implorare in un sogno a questa tenera
età, aiutami, fa’ che non sia vera
l’oscena materia del buio. Sfiora

allora davvero una mano il mio
corpo assiderato e di colpo so
d’averti chiamata e che non saprò
piú niente.

Giovanni Raboni

da “Quare tristis”, “Lo Specchio” Mondadori, 1998