Un segno con l’unghia – Gesualdo Bufalino

Édouard Boubat, Lella, France, 1949

 

Di questa terra di uve soavi,
cuore, ti scorderai,
dell’erba che tremava al soffio della luna,
delle corse, dei baci, dei mandolini.
Sulla tua soglia, ora che il tempo s’inferocisce,
non son rimaste che rondini uccise,
e cenere di passi, cenere di parole.
Richiudi, o cuore, il libro del tuo giorno:
accanto a un viso fa’ un segno con l’unghia.

Gesualdo Bufalino

da “La festa breve”, in “Gesualdo Bufalino, Opere: 1 [1981, 1988]”, Bompiani, 2006

A chi lo sa – Gesualdo Bufalino

Foto di Anka Zhuravleva

 

S’io sapessi cantare
come il sole di giugno nel ventre della spiga,
l’obliquo invincibile sole;
s’io sapessi gridare
gridare gridare gridare come il mare
quando s’impenna nel ludibrio d’aquilone;
s’io sapessi, s’io potessi
usurpare il linguaggio della pioggia
che insegna all’erba crudeli dolcezze…
oh allora ogni mattino,
e non con questa roca voce d’uomo,
vorrei dirti che t’amo
e sui muri del mio cieco cammino
scrivere la letizia del tuo nome,
le tre sillabe sante e misteriose,
il mio sigillo di nuova speranza,
il mio pane, il mio vino,
il mio viatico buono.

Gesualdo Bufalino

da “L’amaro miele”, Einaudi, Torino, 1989

A media luz – Gesualdo Bufalino

Dipinto di Jack Vettriano

 

Non è che festa di ventagli e tanghi
sulla rotonda dove langue il cielo.

Nacchere pigre, perfido metronomo
che assilla un poco il sangue e un po’ l’assonna.

Come ci brucia in quest’ora le labbra
l’amaro miele della giovinezza;

e come affonda in un livore d’acque
la minuscola stella che ci piacque…

Ma tu grandiosa ti levi e sorridi
alle nere magnolie della notte.

Volubili fiumane ti gremiscono
le tempie e impugni una spada di luce.

Un grido solo proclama il tuo nome.
Amarti è come un’incoronazione.

Gesualdo Bufalino

da “La festa breve”, in “Gesualdo Bufalino, Opere: 1 [1981, 1988]”, Bompiani, 2006

Risarcimento – Gesualdo Bufalino

Frederic Leighton, Nausicaa, ca. 1878

 

La vita non sempre fa male,
può stracciarti le vele, rubarti il timone,
ammazzarti i compagni a uno a uno,
giocare ai quattro venti con la tua zattera,
salarti, seccarti il cuore
come la magra galletta che ti rimane,
per regalarti nell’ora
dell’ultimo naufragio
sulle tue vergogne di vecchio
i grandi occhi, il radioso
innamorato stupore
di Nausicaa.

Gesualdo Bufalino

da “L’amaro miele”, Einaudi, Torino, 1996