Quando mi cercherai con i tuoi occhi – Víctor de la Cruz

Foto di Katia Chausheva

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il giorno che mi cercherai con i tuoi occhi
più non mi troverai,
e dentro il mio cuore
non ci sarà nessuno che ti dica
per quale strada me ne andai
e dove ti dimenticai.
Il giorno che aprirai gli occhi
più non ci sarò,
me ne sarò andato per un altro sentiero
e ti avrò dimenticata.
Volgerai lo sguardo a nord e a sud,
dove nasce e si nasconde il sole,
dove diventano quattro i bracci del cammino
guarderai come una pazza, cercando le mie impronte.
Chissà quali piogge
e venti saranno già passati
cancellandole.

Víctor de la Cruz

(Traduzione di Emilio Coco)

dalla rivista “Poesia”, Anno XXVI, Febbraio 2013, N. 279, Crocetti Editore

***

Dxi guyubilulu’
ma’ qué zadxe’lu’ naa,
ne ndaaní’ ladxidua’ya’
ma’ guiruti’ guinni gabi lii
xi neza ziaa,
ne lii paraa bisiaanda’.
Dxi guxhalelulu’
ma’ qué guinne’dia’,
gucuaa’ sti neza ziaa’
ne lii ma’ bisiaanda’.
Zuyadxíu’ ti guia’ ne ti guete’,
neza rindani ne neza riaazi’ gubidxa,
ra ridapa lu na’ neza zuyadxíu’
lugu’ tica, pa guidxe’lu’ stuuba’.
Nanna xi nisaguié
ne bi yooxho’ ma’ gudi’di’
binduuba’ ca ni ya’.

Víctor de la Cruz

da “La Flor de la palabra”, Premià, 1983

Il gibbone – Giorgio Caproni

Francesco Menghini

A Rina

      No, non è questo il mio
paese. Qua
– fra tanta gente che viene,
tanta gente che va –
io sono lontano e solo
(straniero) come
l’angelo in chiesa dove
non c’è Dio. Come,
allo zoo, il gibbone.

     Nell’ossa ho un’altra città
che mi strugge. È là.
L’ho perduta. Città
grigia di giorno e, a notte,
tutta una scintillazione
di lumi – un lume
per ogni vivo, come,
qui al cimitero, un lume
per ogni morto. Città
cui nulla, nemmeno la morte
– mai, – mi ricondurrà.

1964

Giorgio Caproni

da “Congedo del viaggiatore cerimonioso & altre prosopopee”, Garzanti, 1965

Kierkegaard su Hegel – Adam Zagajewski

Foto di Renate von Mangoldt

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Kierkegaard diceva di Hegel: ricorda qualcuno
che erige un enorme castello, ma vive
in una semplice capanna, lì nei pressi.
Così l’intelligenza abita in una modesta
stanza del cranio, e quegli stati meravigliosi
che ci furono promessi sono ricoperti
di ragnatele, per ora dobbiamo accontentarci
di un’angusta cella, del canto del carcerato,
del buonumore del doganiere, del pugno del poliziotto.
Abitiamo nella nostalgia: Nei sogni si aprono
serrature e chiavistelli. Chi non ha trovato rifugio
in ciò che è vasto, cerca il piccolo. Dio è il seme
di papavero più piccolo al mondo.
Scoppia di grandezza.

Adam Zagajewski

(Traduzione di Krystyna Jaworska)

da “Dalla vita degli oggetti”, Poesie 1983-2005, Adelphi, 2012

∗∗∗

Kierkegaard o Heglu

Kierkegaard mówił o Heglu: przypomina kogoś,
Kto wznosi ogromny zamek, sam jednak mieszka
W prostej szopie, stojącej w pobliżu budowy.
Tak samo inteligencja mieszka w skromnej
Kwaterze czaszki, a te wspaniałe państwa,
Które nam obiecywano, zaciągnięte są
Pajęczynami, na razie musimy się zadowolić
Ciasną celą aresztu, piosenką więźnia,
Dobrym humorem celnika, pięścią policjanta.
Mieszkamy w tęsknocie. W snach otwierają się
Rygle i zamki. Kto nie znalazł schronienia
W wielkim, szuka małego. Najmniejszym ziarnem
Maku na świecie jest Bóg. Rozsadza
Go wielkość.

Adam Zagajewski

da “Oda do wielości, 1982”, in “Adam Zagajewski, Wiersze wybrane”, Wydawnictwo a5, 2010

«Queste poche parole» – Alessandro Parronchi

Foto di Roberto Nespola

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Queste poche parole
che mi restano, ultimi detriti
di un tempio, o di una casa, ormai distrutti,
e come i vetri di un caleidoscopio
ricompongo, disordino, tramuto
in immagini nuove,
potessi farne un piccolo diadema
umile ma gradito!

Lo innalzerei, Maria, alla tua fronte
se al tuo viso potessi avvicinarmi,
se non fosse il tuo viso alto nel cielo…

E il cielo, in uno dei giorni più bui
dell’anno, come questo in cui tra nembi
piovosi tutti i sogni si distruggono,
si slargasse in un altro cielo azzurro!

Il cielo della nostra fede, e il cielo
della gioventù nostra, alto sugli alberi,
di cui pure fu detto che sarà
rovesciato come un vecchio vestito.

Alessandro Parronchi

da “Coraggio di vivere”, Milano, 1961

Piccola solitudine – Ghiannis Ritsos

Ghiannis Ritsos

 

In un angolo del cortile, tra la schiuma di sapone,
alcune rose si sono piegate sotto il peso del loro profumo.
Nessuno ha sentito l’odore di queste rose.

Nessuna solitudine è piccola.

Ghiannis Ritsos

(Traduzione di Nicola Crocetti)

(da Esercizi, 1955- 1956, in Poesie III, 1964)

da “Poeti greci del Novecento”, “I Meridiani” Mondadori, 2010

∗∗∗

Μιϰρή μοναξιά

Στή γωνιά τῆς αὐλῆς, μέσα στά σαπουνόνερα,
ϰάτι τριαντάφυλλα ϰαμπούριασαν ἀπ’ τό βάρος τῆς εὐωδιᾶς τους.
Κανένας δέ  μύρισε αὐτά τά τριαντάφυλλα.

Καμιά μοναξιά δέν εἶναι μιϰρή.

Γιάννης Ρίτσος

1955- 1956

da “Ποιήματα 1931-1960, τόμ. Γ’, 1964: “ Ἀσϰήσεις”