«Non sa più nulla, è alto sulle ali» – Vittorio Sereni

Vittorio Sereni

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non sa più nulla, è alto sulle ali
il primo caduto bocconi sulla spiaggia normanna.
Per questo qualcuno stanotte 
mi toccava la spalla mormorando
di pregar per l’Europa
mentre la nuova Armada
si presentava alla costa di Francia.

Ho risposto nel sonno: – È il vento,
il vento che fa musiche bizzarre.
Ma se tu fossi davvero
il primo caduto bocconi sulla spiaggia normanna
prega tu se lo puoi, io sono morto
alla guerra e alla pace.
Questa è la musica ora:
delle tende che sbattono sui pali.
Non è musica d’angeli, è la mia
solo musica e mi basta -.

Vittorio Sereni

da “Diario d’Algeria”, Einaudi, Torino, 1998

Altro posto di lavoro – Vittorio Sereni

Francesco Menghini

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non vorrai dirmi che tu
sei tu o che io sono io.
Siamo passati come passano gli anni.
Altro di noi non c’è qui che lo specimen
anzi l’imago perpetuantesi
a vuoto-
e acque ci contemplano e vetrate,
ci pensano al futuro: capofitti nel poi,
postille sempre più fioche
multipli vaghi di noi quali saremo stati.

Autunno 1975

Vittorio Sereni

da “Stella variabile”, Garzanti, 1981

«Il nonnulla che ti coprì le spalle» – Pierluigi Cappello

Pierluigi Cappello

I globi chiari, i lenti globi
templari cumuli dei venti
non sono me.
FRANCO FORTINI

 

Il nonnulla che ti coprì le spalle
quel cencio di sole e luce che corse
la volontà disalberata e franta,
le dita di chi porse alle tue dita
breve calore, il vertice d’inverno
dei letti nichelati d’ospedale
e, nera a paragone di ogni nero,
la mezzanotte nera dentro il sonno
e il tuo centesimo rabbrividito
d’anima, il fuoco di febbre che rese
ogni minuto battaglia di lazzaro
una caduta ogni sosta di sangue,
quel nonnulla: che ti coprì le spalle
non eri tu.

Pierluigi Cappello

da “Assetto di volo. Poesie 1992-2005”, Crocetti Editore, 2006

Il tempo provvisorio – Vittorio Sereni

Mario Sironi, Paesaggio con case, 1928 ca.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Qui il tarlo nei legni
una sete che oscena si rinnova
e dove fu amore la lebbra
delle mura smozzicate
delle case dissestate:
un dirotto orizzonte di città.
Perché non vengono i saldatori
perché ritardano gli aggiustatori?
Ma non è disservizio cittadino
è morto tempo da spalare al piú presto.
E tu, quanti anni per capirlo:
troppi per esserne certo.

Vittorio Sereni

da “Gli strumenti umani”, Einaudi, Torino, 1965

Interludio – Giorgio Caproni

Josef Sudek

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E intanto ho conosciuto l’Erebo
– l’inverno in una latteria.
Ho conosciuto la mia
Prosèrpina, che nella scialba
veste lavava all’alba
i nuvolosi bicchieri.

Ho conosciuto neri
tavoli – anime in fretta
posare la bicicletta
allo stipite, e entrare
a perdersi fra i vapori.
E ho conosciuto rossori
indicibili – mani
di gelo sulla segatura
rancida, e senza figura
nel fumo la ragazza
che aspetta con la sua tazza
vuota la mia paura.

1950.

Giorgio Caproni

da “Il passaggio d’Enea” (1943- 1955), in “Giorgio Caproni, L’opera in versi”, “I Meridiani” Mondadori, 1998