Comunque sia, questo mondo è per te – J. Rodolfo Wilcock

Roberto Nespola, Roma, Cimitero acattolico, maggio 2016

5.

Comunque sia, questo mondo è per te.
Mi sono domandato molte volte
a che serviva, e non serviva a niente,
ma adesso grazie a te ritorna utile.
Fa il conto della merce abbandonata
da Dio e prendila, l’hanno fatta per te
millenni di uomini che non ti conoscevano
ma che cercavano di prefigurare
in templi e tombe di roccia e biblioteche
uno stupore come quello che effondi
quando sorridi e fai fermare il tempo
e tutti ammutoliscono rapiti
e ti alzi e dici, « io me ne vado a letto ».
Dormi, al risveglio sarà lì il tuo retaggio:
una città che fu famosa assai,
un fiume sporco cantato dai poeti,
il cinema dove hanno ucciso Giulio Cesare;
e intorno valli, montagne, mari, oceani,
e capitali, e continenti e selve,
e piramidi, e versi, e adoratori
della tua forma esterna o quella interna
e in alto il cielo e il sole e le stelle e la luna
e sulla terra le bestie ubbidienti
a te che infine vieni a giustificare
la loro straordinaria varietà.
È tutto tuo e non finisce mai.

J. Rodolfo Wilcock

da “Italienisches Liederbuch”, 34 poesie d’amore, in “J. Rodolfo Wilcock, Poesie”, Adelphi Edizioni, 1980 

da «Albero di Diana» – Alejandra Pizarnik

Foto di Lillian Bassman

 

9

Queste ossa che brillano di notte,
queste parole come pietre preziose
nella gola viva di un uccello pietrificato,
questo verde amatissimo,
questo caldo lilla,
questo cuore solo misterioso.

Alejandra Pizarnik

(Traduzione di Claudio Cinti)

da “La figlia dell’insonnia”, Crocetti Editore, 2020

∗∗∗

da «Árbol de Diana»

9

Estos huesos brillando en la noche,
estas palabras como piedras preciosas
en la garganta viva de un pájaro petrificado,
este verde muy amado,
este lila caliente,
este corazón sólo misterioso.

Alejandra Pizarnik

da “Árbol de Diana”, Buenos Aires, Sur, 1962

Sono i fiumi – Jorge Louis Borges

Foto di Ansel Adams

 

Siamo il tempo. Siamo la famosa
parabola di Eràclito l’Oscuro.
Siamo l’acqua, non il diamante duro,
che si perde, non quella che riposa.
Siamo il fiume e siamo anche quel greco
che si guarda nel fiume. Il suo riflesso
muta nell’acqua del cangiante specchio,
nel cristallo che muta come il fuoco.
Noi siamo il vano fiume prefissato,
dritto al suo mare. L’ombra l’ha accerchiato.
Tutto ci disse addio, tutto svanisce.
La memoria non conia più monete.
E tuttavia qualcosa c’è che resta
e tuttavia qualcosa c’è che geme.

Jorge Louis Borges

(Traduzione di Domenico Porzio e Hado Lyria)

da “I congiurati”, “Lo Specchio” Mondadori, 1986

***

Son los ríos 

Somos el tiempo. Somos la famosa
parábola de Heráclito el Oscuro.
Somos el agua, no el diamante duro,
la que se pierde, no la que reposa.
Somos el río y somos aquel griego
que se mira en el río. Su reflejo
cambia en el agua del cambiante espejo,
en el cristal que cambia como el fuego.
Somos el vano río prefijado,
rumbo a su mar. La sombra lo ha cercado.
Todo nos dijo adiós, todo se aleja.
La memoria no acuña su moneda.
Y sin embargo hay algo que se queda
y sin embargo hay algo que se queja.

Jorge Louis Borges

da “Los conjurados”, Alianza, Madrid, 1985

1950 anno del Libertador, ecc. – Julio Cortázar

E se il pianto ti viene a cercare…
da un tango

 

E se il pianto ti viene a cercare
affrontalo, bevi fino in fondo
il calice di lacrime legittime.
Piangi, argentino, piangi finalmente un pianto
di verità, faccia a faccia con il tempo
che manipolavi abilmente,
piangi le disgrazie che credevi altrui,
la solitudine senza remissione ai piedi di un fiume,
la colpa della pace immeritata,
il riposo di pance piene di pandolce.
Piangi la tua infanzia svilita dal cinema e dalla radio,
la tua adolescenza negli angoli del disgusto, la cricca, l’amore senza ricompensa,
piangi la gerarchia, il campionato, la bistecca al sangue,
piangi la tua nomina o il tuo diploma
che ti hanno rinchiuso nel benessere o nella disgrazia,
che nella pianura più immensa ti hanno legato al palo
di un piccolo terreno pagato
a rate trimestrali.

Julio Cortázar

(Traduzione di Eleonora Mogavero)

da “Il giro del giorno in ottanta mondi”, Alet, 2006

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1950 Año del Libertador, etc.

Y si el llanto te viene a buscar…
(de un tango)

Y si el llanto te viene a buscar
agarralo de frente, bebé entero
el copetín de lágrimas legítimas.
Llorá, argentino, llorá por fin un llanto
de verdad, cara al tiempo
que escamoteabas ágilmente,
llorá las desgracias que creías ajenas,
la soledad sin remisión al pie de un río,
la culpa de la paz sin mérito,
la siesta de barrigas rellenas de pan dulce.
Llorá tu infancia envilecida por el cine y la radio,
tu adolescencia en las esquinas del hastío, la patota, el amor sin recompensa,
llorá el escalafón, el campeonato, el bife vuelta y vuelta,
llorá tu nombramiento o tu diploma
que te encerraron en la prosperidad o la desgracia,
que en la llanura más inmensa te estaquearon
a un terrenito que pagaste
en cuotas trimestrales.

Julio Cortázar

da “La vuelta al día en ochenta mundos”, Siglo Veintiuno, 2005

Il futuro – Julio Cortázar

Michael Kenna, Suspended Vine, Marly, France, 1995

 

E so molto bene che non ci sarai.
Non ci sarai nella strada, non nel murmure che sgorga di notte
dai pali che la illuminano, neppure nel gesto
di scegliere il menù, o nel sorriso
che alleggerisce il “tutto completo” delle sotterranee,
nei libri prestati e negli arrivederci a domani.

Nei miei sogni non ci sarai,
nel destino originale delle parole,
né ci sarai in un numero del telefono
o nel colore di un paio di guanti, di una blusa.
Mi infurierò, amor mio, e non sarà per te,
e non per te comprerò dolci, all’angolo
della strada mi fermerò, a quell’angolo a cui non svolterai,
e dirò le parole che si dicono
e mangerò le cose che si mangiano
e sognerò i sogni che si sognano
e so molto bene che non ci sarai,
né qui dentro, il carcere dove ancora ti detengo,
né là fuori, in quel fiume di strade e di ponti.
Non ci sarai per niente, non sarai neppure ricordo,
e quando ti penserò, penserò un pensiero
che oscuramente cerca di ricordarsi di te.

Julio Cortázar

(Traduzione di Gianni Toti)

da “Le ragioni della collera”, Edizioni Fahrenheit 451, 1995

∗∗∗

El futuro

Y se muy bien que no estarás.
No estarás en la calle, en el murmullo que brota de la noche
de los postes de alumbrado, ni en el gesto
de elegir el menú, ni en la sonrisa
que alivia los completos en los subtes,
ni en los libros prestados, ni en el hasta mañana.

No estarás en mis sueños,
en el destino original de mis palabras,
ni en una cifra telefónica estarás,
o en el color de un par de guantes o una blusa.
Me enojaré amor mío, sin que sea por ti,
y compraré bombones pero no para ti,
me pararé en la esquina a la que no vendrás,
y diré las cosas que sé decen
y comeré las cosas que sé comen
y soñaré los sueños que se sueñan
y se muy bien que no estarás,
ni aquí adentro, la cárcel donde te retengo,
ni allí afuera, este río de calles y de puentes.
No estarás para nada, no serás mi recuerdo,
y cuando piense en ti pensaré un pensamiento
que oscuramente trata de acordarse de ti.

Julio Cortázar

da “Salvo el crepúsculo”, Buenos Aires, Ed. Alfaguara, 1984