Scolorimento – Ghiannis Ritsos

Ghiannis Ritsos

 

Piú passa il tempo e piú ingrandisce il mare.
Contemporaneamente perde i suoi colori.
Le cime si spezzano a una a una. Innumerevoli ancore
arrugginiscono sulla terraferma. Quella che chiamavamo
libertà, che non fosse la perdita? E che non sia
la perdita l’unico guadagno? Dopo
né perdita né guadagno. Niente. Le luci
della dogana e della taverna sul mare spente.
Solo la notte con le stelle false.

Ghiannis Ritsos

Kalamos, 10.X.82

(Traduzione di Nicola Crocetti)

da “Il funambolo e la luna”, Crocetti Editore, 1984

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Ἀποχρωματισμός

Χρόνο τό χρόνο μεγεθύνεται ἡ θάλασσα.
Χάνει ταυτόχρονα τά χρώματά της.
Τά σϰοινιά ϰόβονται ἕνα ἕνα. Πλῆθος ἄγϰυρες
σϰοοριάζουν στή στεριά. Αὐτο πού ὀνομάζουμε
ἐλευθερία, μήπως ἧταν ἡ ἀπώλεια; Καί μήπως
ἡ ἀπώλεια τό μόνο ϰέρδος Ὕστερα
οὔτε ἀπώλεια οὔτε ϰέρδος. Τίποτα. Τά φῶτα
τοῦ τελωνείοο ϰαί τῆς ναυτιϰῆς ταβέρνας ἔσβησαν.
Μονάχα ἡ νύχτα μέ τά ϰάλπιϰα ἄστρα της.

Γιάννης Ρίτσος

Κάλαμος, 10.Χ.82

da “Ό σχοινοβάτης καί ή σελήνη”, 1982

Giorni che invecchio… – Carlo Betocchi

Carlo Betocchi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Giorni che invecchio, assenti, cui il pudore
del vivere è già spettro, è quasi morte,
quasi sentita morte nel furore
della vita che corre, e lascia sola
la mia che va a rilento, priva
di ciò che fiore era del corpo, giova-
nile speranza, la cieca speranza:
eppure, quasi scoglio, ecco il mio esistere

sommerso ride, riemergendo gronda,
nuda miseria gronda del tuo ridere
trasfigurato, o grande immenso oceano
della vita non mia, vita che arriva,

mi dècima, dimentica, dilaga.

Carlo Betocchi

da “Un passo, un altro passo”, “Lo Specchio” Mondadori, 1967

Grigio – Costantino Kavafis

Bjorn Andresen

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Rimirando un opale a metà grigio,
mi risovvengo d’occhi belli e grigi
ch’io vidi (forse vent’anni fa)…

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Per un mese ci amammo.
Poi sparí, credo a Smirne,
a lavorare. E poi non ci vedemmo piú.

Si saranno guastati gli occhi grigi
− se vive − e il suo bel viso.

Serbali tu com’erano, memoria.
E piú che puoi, memoria, di quell’amore mio
recami ancora, piú che puoi, stasera.

Costantino Kavafis

(Traduzione di Filippo Maria Pontani)

1917

da “Costantino Kavafis, Poesie”, “Lo Specchio” Mondadori, 1961

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Γϰρίζα

Κυττάζοντας ἕνα ὀπάλλιο μισό γϰρίζο
θυμήθηϰα δυό ὡραῖα γϰρίζα μάτια
πού εἶδα· θά ναι εἴϰοσι χρόνια πρίν…
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Γιά ἕναν μῆνα ἀγαπηθήϰαμε.
Ἔπειτα ἔφυγε, θαρρῶ στήν Σμύρνη,
γιά νά ἐργασθεῖ ἐϰεῖ, ϰαί πιά δέν ἰδωθήϰαμε.
Θ’ ἀσχήμισαν — ἂν ζεῖ — τά γϰρίζα μάτια·
θά χάλασε τ’ ὡραῖο πρόσωπο.
Μνήμη μου, φύλαξέ τα σύ ὡς ἦσαν.
Καί, μνήμη, ὅ,τι μπορεῖς ἀπό τόν ἔρωτά μου αὐτόν,
ὅ,τι μπορεῖς φέρε με πίσω ἀπόψι.

Κωνσταντίνος Καβάφης

[1917]

da “Τα ποιήματα [Le poesie]”, 2 voll., Ikaros, Atene 1963, edizione critica a cura di I. P. Savvidis.

Gitani – Roberto Bolaño

Roberto Bolaño

 

Insopportabilmente liberi, dice la voce.
Dietro il paesaggio recintato, sulla curva,
Accanto ai cespugli, proprio in quel buco
Ho fatto il sogno dei cadaveri. Una cosa
Molto semplice. Un mucchio di carcasse
Al tramonto. Ma poi uno di loro
Ha detto: non aver paura, sono il libro dei
Gitani, ti rivelerò due cose
Prima di tirare dritto.
Te le riassumo: la libertà e la povertà
Erano una bandiera. La bandiera di coloro
Che sono caduti sulla curva.

Roberto Bolaño

(Traduzione di Ilide Carmignani)

da “L’Università Sconosciuta”, SUR, 2020

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Gitanos 

Insoportablemente libres, dice la voz.
Detrás del paisaje cercado, en la curva,
Junto a los matorrales, justo en ese hueco
Tuve el sueño de los cadáveres. Algo
Muy sencillo. Un montón de fiambres
En el atardecer. Pero entonces uno de ellos
Dijo: no te asustes, soy el libro de
Los gitanos, voy a revelarte dos cosas
Antes de seguir por la línea.
Te lo resumo: la libertad y la pobreza
Eran una bandera. La bandera de quienes
Cayeron en la curva.

Roberto Bolaño

da “La Universidad Desconocida”, Editorial Anagrama, 2007

Sonno estivo – Pierluigi Cappello

Foto di Maria Cecilia Camozzi

 

Seduti, le gambe allungate nel silenzio,
uno a uno ci siamo portati i nostri giorni
solitudine con solitudine, impazienza e attesa;
e adesso che le tue spalle sono vicine alle mie
che il mio calore è il tuo,
quanto so dimenticare è nell’indugio
delle dita avventurate sulla tua pelle bionda,
sui tuoi capelli scuri,
nella paura che avvicina il nostro corso di scampati
senza rumore e senza appello, come quando
il verde di marzo spinge dai rami
e si fa abbracciare dal mondo,
come quando l’aria vive nello screzio
degli alberi carichi di luce
e c’è penombra nella stanza,
e la pace del prato è nei tuoi occhi,
ci perdona, si stringe intorno a noi.

Pierluigi Cappello

da “Mandate a dire all’imperatore”, Crocetti Editore, 2010