Ex voto – Eugenio Montale

Gertrude Käsebier, The Sketch, 1903

 

Accade
che le affinità d’anima non giungano
ai gesti e alle parole ma rimangano
effuse come un magnetismo. È raro
ma accade.

Può darsi
che sia vera soltanto la lontananza,
vero l’oblio, vera la foglia secca
più del fresco germoglio. Tanto e altro
può darsi o dirsi.

Comprendo
la tua caparbia volontà di essere sempre assente
perché solo così si manifesta
la tua magia. Innumeri le astuzie
che intendo.

Insisto
nel ricercarti nel fuscello e mai
nell’albero spiegato, mai nel pieno, sempre
nel vuoto: in quello che anche al trapano
resiste.

Era o non era
la volontà dei numi che presidiano
il tuo lontano focolare, strani
multiformi multanimi animali domestici;
fors’era così come mi pareva
o non era.

Ignoro
se la mia inesistenza appaga il tuo destino,
se la tua colma il mio che ne trabocca,
se l’innocenza è una colpa oppure
si coglie sulla soglia dei tuoi lari. Di me,
di te tutto conosco, tutto
ignoro.

 Eugenio Montale

1969

da “Satura”, “Lo Specchio” Mondadori, 1971

Di nuovo le parole – Titos Patrikios

Titos Patrikios, foto di Danilo De Marco

 

Le parole si riversano a migliaia
dai dizionari appena li apri
come formiche nere, rosse, bianche
quando calpesti un formicaio.
Come trovare, come scegliere
in quell’affollamento di parole
l’unica che serve,
come salvarsi dalla moltitudine
delle altre che ti si appiccicano addosso
cercando di sopravvivere.
Ma sotto la lingua le parole impronunciate,
le solitarie, che non escono dalla bocca,
quelle ti rodono dentro
lasciando carcasse rinsecchite
di uomini che tentarono di parlare
quand’era ormai troppo tardi.
Finché posso
combinare anche solo due parole
esisto.

Titos Patrikios

(Traduzione di Nicola Crocetti)

da “Il piacere della dilazione (1992)”, in “La resistenza dei fatti”, Crocetti Editore, 2007

∗∗∗

Ξανά οι λέξεις

Oι λέξεις μέσα απ’ τα λεξικά χιλιάδες
ξεχύνονται μόλις τ’ ανοίξεις
όπως μυρμήγκια μαύρα, κόκκινα, άσπρα
άμα πατήσεις μυρμηγκοφωλιά.
Πώς να βρεις, πώς να διαλέξεις
μέσα στο συμφυρμό των λέξεων
τη μοναδική που πρέπει,
πώς να γλιτώσεις απ’ τις άλλες
που κολλάνε πλήθος πάνω σου
γυρεύοντας να επιβιώσουν.
Όμως οι ανείπωτες λέξεις κάτω από τη γλώσσα
οι μοναχικές που δε βγαίνουν απ’ το στόμα
κι εκείνες σιγοτρώνε από μέσα
αφήνοντας κουφάρια φυραμένα
ανθρώπων που προσπάθησαν να μιλήσουν
όταν πια ήταν αργά.
Όσο μπορώ
έστω δυο λέξεις να συνδυάζω
υπάρχω.

Τίτος Πατρίϰιος

da “Η αντίσταση των γεγονότων”, Κέδρος, 2000 

«Il mare brucia le maschere» – Giorgio Caproni

Foto di Nina Ai-Artyan

 

Il mare brucia le maschere,
le incendia il fuoco del sale.
Uomini pieni di maschere
avvampano sul litorale.

Tu sola potrai resistere
nel rogo del Carnevale.
Tu sola che senza maschere
nascondi l’arte d’esistere.

Giorgio Caproni

da “Cronistoria”, Vallecchi, 1943 

Il grande gioco – Rose Ausländer

Foto di Anka Zhuravleva

 

Le stelle sono ancora qui, ai nostri sguardi,
e seguono spensierate il loro cammino,
come se non fosse accaduto nulla. E ciò che accadde,
loro, sorridenti, finsero di non vederlo.

Loro finsero sorridendo di non udirlo,
i paesi tacquero ed anche chi vide tutto ciò,
l’angelo, non venne, non sguainò per noi spada alcuna.
Le morti, solo loro, ci furono molto vicine.

Prendemmo ogni morte nella nostra mano
e la portammo nel palmo come un talismano,
le nostre ombre guizzavano sulla parete
assumendo forme sempre diverse.

E in qualche luogo c’era un grande paese
che inventava con noi questo grande gioco.

Rose Ausländer

(Traduzione di Maria Enrica D’Agostini)

da “Arcobaleno. Motivi dal Ghetto e altre poesie”, Edizioni San Marco dei Giustiniani, Genova, 2002

∗∗∗

Das große Spiel

Noch sind die Sterne unsem Kicken da
und ziehen unbekümmert ihren Weg,
als wäre nichts geschehn. Und was geschah,
wurde von ihnen lächelnd übersehn.

Wurde von ihnen lächelnd überhört,
die Länder schwiegen und auch der es sah,
der Engel, kam nicht, schwang für uns kein Schwert.
Die Tode, sie nur standen uns sehr nah.

Wir nahmen jeden Tod in unsre Hand
und hielten: dm wie einen Talisman,
unsere Schatten zuckten auf der Wand
und nahmen immer andre Formen an.

Und irgendwo gab cs ein großes Land,
das dieses große Spiel mit uns erfand.

Rose Ausländer

da “Gettomotive (1942-1944)”, in “Die Erde war ein atlasweisses Feld: Gedichte 1927-1956”, S. Fischer Verlag, 1985

«Avrei voluto sentirmi scabro ed essenziale» – Eugenio Montale

Luigi Ghirri, Trani, 1982

 

Avrei voluto sentirmi scabro ed essenziale
siccome i ciottoli che tu volvi,
mangiati dalla salsedine;
scheggia fuori del tempo, testimone
di una volontà fredda che non passa.
Altro fui: uomo intento che riguarda
in sé, in altrui, il bollore
della vita fugace – uomo che tarda
all’atto, che nessuno, poi, distrugge.
Volli cercare il male
che tarla il mondo, la piccola stortura
d’una leva che arresta
l’ordegno universale; e tutti vidi
gli eventi del minuto
come pronti a disgiungersi in un crollo.
Seguìto il solco d’un sentiero m’ebbi
l’opposto in cuore, col suo invito; e forse
m’occorreva il coltello che recide,
la mente che decide e si determina.
Altri libri occorrevano
a me, non la tua pagina rombante.
Ma nulla so rimpiangere: tu sciogli
ancora i groppi interni col tuo canto.
Il tuo delirio sale agli astri ormai.

Eugenio Montale

da “Mediterraneo”, 1924, in “Ossi di seppia”, Piero Gobetti Editore, Torino, 1925