
Roberto Nespola, Perugia, agosto 2020
Granisce nel suo apice oro-brace
lei maturità
di fruge allo zenith dell’anno;
flagra,
azzurro e suoi barbagli,
luglio, la gremita pigna
a picco sulla voragine.
Siamo,
coro di cicale,
presi
noi pure in quell’ardore,
ci tiene
la celestiale fabbrica
impaniati nel suo miele,
racchiusi nei suoi stampi.
Forse
nemmeno lo vorremmo, eppure
ci informa di sé, di sé ci brucia
estate la consustaziata carne,
ci mette nelle arterie luce,
ne espelle opacità,
tossici –
o nuda
creatura che divampi
e canti il tuo plenario assenso
a non sai che – lo sa
però il tuo canto, lo reca in sé.
Mario Luzi
da “Sotto specie umana”, Garzanti, 1999
