
Foto di Katia Chausheva
Calici d’oro rotolano sul fondo,
e il vino si mescola con la polvere.
Amaro si fa il vino nella mia bocca,
e i giovani capelli avvizziscono come le foglie.
Si allontana sempre più tutto ciò che è vicino:
Profumi dei prati, rugiada e danza di colori.
Quanto è rimasto non può sopportarlo,
chi un tempo ne conosceva lo splendore.
Vivere ancora una volta nel nocciolo dolce,
fino a che il succo del sud tracimi,
sperimentando nel grembo mieloso degli anemoni
ancora una volta un’estate che dirompe.
Vogliamo portare mille morti
come un re porta la sua corona,
fino a quando il Dio della lontananza non avrà deposto
un mondo nuovo ai piedi dei nostri giorni.
Rose Ausländer
(Traduzione di Maria Enrica D’Agostini)
da “Arcobaleno. Motivi dal Ghetto e altre poesie”, Edizioni San Marco dei Giustiniani, Genova, 2002
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Eine neue Welt
Goldnte Becher rollen auf dem Grunde,
und der Wein vermengt sich mit dem Staub.
Bitter schmeckt der Wein in meinem Munde,
und es welkt das junge Haar wie Laub.
Immer ferner rücken alle Nähen:
Wiesendüfte, Tau und Farbentanz.
Was verblieb, kann keiner überstehen,
der einst wußte um den ganzen Glanz.
Einmal noch im süßen Kerne wohnen,
bis der Saft des Südens überquillt,
und im Honigschoß der Anemonen
noch erfahren, wie ein Sommer schwillt.
Wollen wir die tausend Tode tragen,
wie ein König seine Krone trägt,
bis der Gott der Ferne unsern Tagen
eine neue Well zu Füßen legt.
Rose Ausländer
da “Gettomotive (1942-1944)”, in “Die Erde war ein atlasweisses Feld: Gedichte 1927-1956”, S. Fischer Verlag, 1985
