E la morte non avrà piú dominio – Dylan Thomas

 

E la morte non avrà piú dominio.
I morti nudi saranno una cosa
Con l’uomo nel vento e la luna d’occidente;
Quando le loro ossa saranno spolpate e le ossa pulite scomparse,
Ai gomiti e ai piedi avranno stelle;
Benché ammattiscano saranno sani di mente,
Benché sprofondino in mare risaliranno a galla,
Benché gli amanti si perdano l’amore sarà salvo;
E la morte non avrà piú dominio.

E la morte non avrà piú dominio.
Sotto i meandri del mare
Giacendo a lungo non moriranno nel vento;
Sui cavalletti contorcendosi mentre i tendini cedono,
Cinghiati ad una ruota, non si spezzeranno;
Si spaccherà la fede in quelle mani
E l’unicorno del peccato li passerà da parte a parte;
Scheggiati da ogni lato non si schianteranno;
E la morte non avrà piú dominio.

E la morte non avrà piú dominio.
Piú non potranno i gabbiani gridare ai loro orecchi,
Le onde rompersi urlanti sulle rive del mare;
Dove un fiore spuntò non potrà un fiore
Mai piú sfidare i colpi della pioggia;
Ma benché matti e morti stecchiti,
Le teste di quei tali martelleranno dalle margherite;
Irromperanno al sole fino a che il sole precipiterà,
E la morte non avrà piú dominio.

Dylan Thomas

(Traduzione di Ariodante Marianni)

da “Dylan Thomas, Poesie”, “I Supercoralli” Einaudi, 1965

∗∗∗

And death shall have no dominion

And death shall have no dominion.
Dead men naked they shall be one
With the man in the wind and the west moon;
When their bones are picked clean and the clean bones gone,
They shall have stars at elbow and foot;
Though they go mad they shall be sane,
Though they sink through the sea they shall rise again;
Though lovers be lost love shall not;
And death shall have no dominion.

And death shall have no dominion.
Under the windings of the sea
They lying long shall not die windily;
Twisting on racks when sinews give way,
Strapped to a wheel, yet they shall not break;
Faith in their hands shall snap in two,
And the unicorn evils run them through;
Split all ends up they shan’t crack;
And death shall have no dominion.

And death shall have no dominion.
No more may gulls cry at their ears
Or waves break loud on the seashores;
Where blew a flower may a flower no more
Lift its head to the blows of the rain;
Though they be mad and dead as nails,
Heads of the characters hammer through daisies;
Break in the sun till the sun breaks down,
And death shall have no dominion.

Dylan Thomas

da “Collected poems”, J. M. Dent & Sons Ltd, London, 1952

Venite – Gottfried Benn

Foto di Gérard Laurenceau

 

Venite, parliamo tra noi
chi parla non è morto,
già tanto lingueggiano fiamme
intorno alla nostra miseria.

Venite, diciamo: gli azzurri,
venite, diciamo: il rosso,
si ascolta, si tende l’orecchio, si guarda,
chi parla non è morto.

Solo nel tuo deserto,
nel tuo raccapriccio di sirti,
tu il piú solo, non petto,
non dialogo, non donna,

e già cosí presso agli scogli
sai la tua fragile barca –
venite, disserrate le labbra,
chi parla non è morto.

Gottfried Benn

(Traduzione di Ferruccio Masini)

da “Aprèslude”, Einaudi, Torino, 1966

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Kommt –

Kommt, reden wir zusammen
wer redet, ist nicht tot,
es züngeln doch die Flammen
schon sehr um unsere Not.

Kommt, sagen wir: die Blauen,
kommt, sagen wir: das Rot,
wir hören, lauschen, schauen
wer redet, ist nicht tot.

Allein in deiner Wüste,
in deinem Gobigraun –
du einsamst, keine Büste,
kein Zwiespruch, keine Fraun,

und schon so nah den Klippen,
du kennst dein schwaches Boot –
kommt, öffnet doch die Lippen,
wer redet, ist nicht tot.

Gottfried Benn

da “Aprèslude – Gedichte 1955”, Verlag: Limes Verlag Wiesbaden, 1961

Microfratture – Carlo Bordini

René Magritte, Il mondo invisibile

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’idea della catastrofe, una catastrofe silenziosa,
appena avvertita, ma inevitabile.
Oppure le microfratture psichiche,
le microfratture di un’anima.
La mia anima è piena di
microfratture. Sono i piccoli traumi nascosti,
dimenticati, che tornano ogni tanto, quando l’anima è sotto sforzo,
quando non te ne accorgi. Dentro sono franato tutto. Non me ne accorgo,
ma lo sono. Magari quando attraversi una strada e un rumore ti fa rabbrividire,
quando tremi alla pronuncia di un nome, quando
hai un improvviso soprassalto di insicurezza. Le microfratture
sono le telefonate e gli appuntamenti che ti snervano,
improvvisamente,
l’andare in una stanza e chiedersi: che ci sto a fare,
ecc. ecc.
tutto un elenco dei nervosismi, dei soprassalti, delle cose che ti feriscono,
e le minuzie che ti snervano, ecc ecc
il cervello che funziona troppo,
 

Carlo Bordini

da “Sasso” Libri Scheiwiller, 2008

In sogno – Anna Andreevna Achmatova

 

Nero e duro distacco
che io sopporto al pari di te.
Perché piangi? Dammi meglio la mano,
prometti di ritornare in sogno.
Noi siamo come due monti…
non ci incontreremo piú a questo mondo.
Se solo, quando giunge mezzanotte,
mi mandassi un saluto con le stelle.

Anna Andreevna Achmatova

15  febbraio 1946

(Traduzione di Michele Colucci)

da “La rosa di macchia fiorisce”, in “Anna Achmatova, La corsa del tempo”, Einaudi, Torino, 1992

La prima redazione, pubblicata nella raccolta del 1958, è senza titolo.

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Во сне

Черную и прочную разлуку
Я несу с тобою наравне.
Что ж ты плачешь? Дай мне лучше руку,
Обещай опять прийти во сне.
Мне с тобою как горе с горою…
Мне с тобой на свете встречи нет.
Только б ты полночною порою
Через звезды мне прислал привет.

Анна Андреевна Ахматова

1946

da “Шиповник цветет”, in “Sočinenija v dvuch tomach”, Chudožestvennaja literatura, Moskva, 1990

«Fiaccata dai tuoi lunghi sguardi» – Anna Andreevna Achmatova

 

 

Fiaccata dai tuoi lunghi sguardi,
io stessa ho appreso a far soffrire.
Creata da una tua costola,
come posso non amarti?

Esserti tenera sorella
è il legato di un fato antico,
ed io sono diventata l’astuta, avida,
dolcissima tua schiava.

Ma quando, mite, mi abbandono
sul tuo petto piú bianco della neve,
come esulta e si fa saggio il tuo cuore,
sole della mia patria!

Anna Andreevna Achmatova 

1921

(Traduzione di Michele Colucci)

da “La corsa del tempo”, Einaudi, Torino, 1992

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«Долгим взглядом твоим истомленная,»

Долгим взглядом твоим истомленная,
И сама научилась томить.
Из ребра твоего сотворенная,
Как могу я тебя не любить?

Быть твоею сестрою отрадною
Мне завещано древней судьбой,
А я стала лукавой и жадною
И сладчайшей твоею рабой.

Но когда замираю, смиренная.
На груди твоей снега белей,
Как ликует твое умудренное
Сердце – солнце отчизны моей!

Анна Андреевна Ахматова

da “Анно Домини: стихотворения”, Volume 3, Петрополис & Алконость, 1923