
Susan Burnstine, Bridge To Nowhere
Non era sua la città vista in sogno.
Le strade pulsanti, le cancellate
Dove s’era congedato da volti
Sconosciuti ai suoi giorni. Larghi corsi
Come arterie di sangue a più colori,
Lucidi come pelle di serpente,
E grigi di facciate tutt’intorno.
Sul paesaggio stava un cielo di latte,
Né sole né luna, ma un infinito
Albeggiare o un inesausto tramonto.
E poi, su quella vasta carreggiata,
Alto sopra il compulso andivenire,
C’era un ponte dalle sponde di marmo:
Quel ponte, dalla sola arcata oscura
Come all’imbocco d’una galleria.
Si lasciavano cadere nel vuoto
A intervalli precisi corpi giovani
Di ragazze e ragazzi, per entrare
Nel nulla: nessuno toccava terra.
E quando disse all’amico del sogno
Che lo aveva scortato fino a lì
D’esser pazzo, lui rispose di no.
La nuca tra le sue mani, lo sguardo
Posato nello specchio dei suoi occhi,
Disse solo: «Ma che fredda città,
È il momento per te di andare via».
Roberto Deidier
da “Solstizio”, “Lo Specchio” Mondadori, 2014
