«È sempre stato così incerto il cammino fino a te» – Maria do Rosário Pedreira

Foto di Nastya Kaletkina

È sempre stato così incerto il cammino fino a te:
tanti mesi di pietre e di spine, di
cattivi presagi, di rami che graffiavano la
carne come tridenti, di voci che mi
dicevano che non valeva la pena continuare, che
il tuo sguardo era già una menzogna; e il mio

cuore sempre così sordo a tutto questo,
sempre a gridare qualcos’altro più alto affinché
le gambe non potessero ricordare le
loro ferite, perché i piedi ignorassero
le pene del viaggio e avanzassero tutti
i giorni di un poco, quel poco che
era tutto per raggiungerti. Fu per questo che,

al contrario di te, non volli dormire quella
notte: i tuoi baci si trovavano ancora tutti
sulla mia bocca e il disegno delle tue mani
sulla mia pelle. Io sapevo che addormentarsi

era smettere di sentire, e non volevo perdere i
tuoi gesti sul mio corpo un secondo che
fosse. Allora mi sedetti sul letto a guardarti
dormire, e sorrisi come mai avevo sorriso prima
di quella notte, sorrisi tanto. Ma tu parlasti

improvvisamente nel sonno, allungasti il
braccio verso me e chiamasti sottovoce.
Chiamasti due volte. O tre. E sempre così
sottovoce. Ma nessuna fu per dire il mio nome.

Maria do Rosário Pedreira

(Traduzione di Mirella Abriani)

dalla rivista “Poesia”, Anno XXV, Ottobre 2012, N. 275, Crocetti Editore

***

«Foi sempre tão incerto o caminho até ti»

Foi sempre tão incerto o caminho até ti:
tantos meses de pedras e de espinhos, de
maus pressá-gios, de ramos que rasgavam a
carne como forquilhas, de vozes que me
diziam que não valia a pena continuar, que
o teu olhar era já uma mentira; e o meu

coração sempre tão surdo para tudo isso,
sempre a gritar outra coisa mais alto para
que as pernas não pudessem recordar as
suas feridas, para que os pés ignorassem
as penas da viagem e avançassem todos
os dias mais um pouco, esse pouco que
era tudo para te alcançar. Foi por isso que,

ao contrário de ti, não quis dormir nessa
noite: os teus beijos ainda estavam todos
na minha boca e o desenho das tuas mãos
na minha pele. Eu sabia que adormecer

era deixar de sentir, e não queria perder os
teus gestos no meu corpo um segundo que
fosse. Então sentei-me na cama a ver-te
dormir, e sorri como nunca sorrira antes
dessa noite, sorri tanto. Mas tu falaste de

repente do meio do teu sono, estendeste o
braço na minha direcção e chamaste baixinho.
Chamaste duas vezes. Ou três. E sempre tão
baixinho. Mas nenhuma foi pelo meu nome.

Maria do Rosário Pedreira

de “Nenbum Nome Depois”, Gótica, Lisboa, 2004

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