
© Cedar Pole, 2012 © Bryan Nash Gill. Progetto grafico: Polystudio.
Piccolo decalogo trascurabile
1
Quando scrivi devi mirare il centro della terra,
lì dove non potrà mai arrivare la pagina di un libro,
la carta di una caramella.
2
Ti restano due parole.
Poi una sola. Spendila bene.
3
Nessuno ha mai finito la poesia.
Ne resta sempre tanta
per gli altri, per chi viene.
4
Per fare una poesia
non ci vuole niente,
basta che abbiate un corpo,
uno solo, ma che non sia vostro.
5
Per la poesia ci vuole
sogno e ragione, e notte
e vento e ribellione.
6
Le poesie sono tazzine di luce
nel cuore della notte.
7
Dentro il corpo non ci sono parole.
Le prendiamo fuori.
Costano moltissimo le migliori.
8
La poesia è andare dal macellaio
comprare due chili di carne
e gettarli nella neve per i cani e le poiane.
9
Poche parole in verità
servono a qualcosa.
Pochi silenzi.
10
Il poeta è uno che si espone.
Ai versi bisogna affidare cose
che ancora non abbiamo confidato a nessuno.
Altrimenti si fanno ombrelli, merendine.
Istruzioni per l’uso
Una volta col mio amico Gianni Celati facemmo un numero di una rivista che si chiamava “Altofragile” tutto dedicato alla poesia e a come leggerla. La poesia è un farmaco potente e alla portata di tutti, c’è bisogno di istruzioni per l’uso. Per Celati, ad esempio, Leopardi andrebbe letto a bassa voce. A me, oltre le intonazioni della voce, interessano molto anche i luoghi e i momenti in cui si legge o si scrive poesia. Un momento sicuramente buono è quando sei con le spalle al muro, quando è finito un amore, quando hai perso qualcosa. La poesia a scuola viene studiata il mattino, ma è nel cuore della notte che i versi risuonano meglio ed è più facile sentire le differenze tra le poesie vere e quelle fasulle. Amare i versi tiene lontane le malattie: diffidiamo delle altre medicine, affidiamoci all’ospedale della lingua.
Con la poesia non bisogna essere egoisti, oltre che leggerla per sé bisogna anche leggerla agli altri. Anzi, più ci tocca e più nasce spontaneo il desiderio di condividerla. La poesia è un farmaco, ma è anche una malattia, contagiosa e capace di rivelarci a noi stessi, come tutte le esperienze più estreme.
È bello leggere poesie in famiglia, farne un’abitudine prima del pranzo e della cena. Oggi si celebra tanto il cibo, ma è raro che lo si preceda con un piccolo antipasto per lo spirito. E non pensiamo alla poesia come a una cosa per pochi. Leggiamo le poesie insieme a un barista, a un benzinaio, a un notaio, offriamole a chi ci ama, a chi ha avuto un dolore. Offriamo poesie agli anziani, ai non vedenti, alle persone sole, anche gli animali: la poesia ha molto amato gli animali, e ne è ricambiata. E infine non bisogna dimenticare di far sentire i versi alle piante. Leggiamo poesie a una rosa: la rosa profuma di più.
La poesia è una lucciola
alle due del pomeriggio.
Franco Arminio
da “Resteranno i canti”, Bompiani, 2018

Il punto 4 e il punto 7…!!
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