Il superstite – Primo Levi

Michael Kenna, Camp Building, Natzweiler-Struthof, France, 1993

A B.V.

Since then, at an uncertain hour,
Dopo di allora, ad ora incerta,
Quella pena ritorna,
E se non trova chi lo ascolti
Gli brucia in petto il cuore.
Rivede i visi dei suoi compagni
Lividi nella prima luce,
Grigi di polvere di cemento,
Indistinti per nebbia,
Tinti di morte nei sonni inquieti:
A notte menano le mascelle
Sotto la mora greve dei sogni
Masticando una rapa che non c’è.
“Indietro, via di qui, gente sommersa,
Andate. Non ho soppiantato nessuno,
Non ho usurpato il pane di nessuno,
Nessuno è morto in vece mia. Nessuno.
Ritornate alla vostra nebbia.
Non è mia colpa se vivo e respiro
E mangio e bevo e dormo e vesto panni”.

Primo Levi

4 febbraio 1984

da “Ad ora incerta”, Garzanti Editore, 1984

Un commento su “Il superstite – Primo Levi

  1. alessiagenesis ha detto:

    Il senso di colpa che nn uccide, a differenza di quella consapevolezza messa in evidenza negli altri versi.
    Il senso di colpe che nn si hanno,il peso delle colpe altrui che alcuni si portano dentro, al di là del proprio vissuto, che in Levi , invece, è noto.
    C è chi sente colpe che nn ha, portandone il peso addosso, nel cuore , per tutta la vita. E si consuma, si distrugge, in quella angoscia che gli è propria e che anche così si alimenta, in un circolo che diviene chiusura ermetica.Così si paga il prezzo, si salda un conto, si sconta una pena , ma da innocenti, solo così, nel tormento, nella tortura , senza morire, che quasi sarebbe salvifico, pietoso, pace raggiunta.Il senso di colpa nn uccide, al contrario della pietas di una tragica consapevolezza .

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