«Sonare su un violino in fiamme» – Angelo Maria Ripellino

Foto di Anja Bührer

86.
Astres! Je ne veux pas mourir! J’ai du génie!
Jules Laforgue, Éclair de gouffre

Sonare su un violino in fiamme
una mia seguidilla,
prima che cada il sipario come una ghigliottina.
Mi piace il fragore, il bailamme,
ma la mia vita arlecchina,
veliero viluppo di stracci,
con la sua gracile chiglia
si impiglia in un groppo di ghiacci.

Avanzare con grandi falcate di goffa pavana,
gonfiarsi come una rana.
Riempire di propri scartafacci la stiva,
sognare che il nome
fra tanto oblio sopravviva.

Quanta enfasi, quanta arroganza cetrulla.
O vita, o Hanna Schygulla,
sciantosa di varietà, sulla riva
del Nulla.

Angelo Maria Ripellino

da “Lo splendido violino verde”, Einaudi, Torino, 1976

È tanto che non ti scrivo… – Angelo Maria Ripellino

Brett Weston, Washington Square, 1945

67.

È tanto che non ti scrivo. Non ho tue notizie. Ma sempre
spero che un giorno tu possa tornare
nella città che hai cantato.
Come stupide navi si dissolvono gli anni.
Io recito al Wolker. Sono serena. Il passato
lo tengo lontano, sui margini, come un intruso.
C’è solo un filo di ignobile malinconia,
che trapela talvolta di sotto una porta,
ma io riesco a tagliarlo, fingendomi ottusa
e decrepita come una mummia di Strindberg.
La primavera ha inondato di bionde forsythie
la piccola casa in cui vivo, in cui studio le parti.
Com’è duro parlarsi a distanza,
quando l’armadio del cuore
vorrebbe aprirsi in un fiotto di chiacchiere.
Eppure vedrai, se verrai: dopo secoli
non avremo che dirci, vi sarà solo un attònito,
goffo, appallottolato, bruciante silenzio.

Angelo Maria Ripellino

da “Lo splendido violino verde”, Einaudi, Torino, 1976

Transvaal – Angelo Maria Ripellino

Josef Sudek, Untitled, 1922

 

«Transvaal, Transvaal, terra mia,
tutta tu bruci di altissime fiamme…»

Cosí cantava, e sugli sci del vento
si perdette la voce. Fra i pini
angolosa come un poliedro era la luna,
con occhi di pesce malato.

«Transvaal, Transvaal» cantava per nessuno,
per se stesso, per tutti, per nulla.
E non sapeva se chi sa né come
e perciò non sapendo cantava.

Tutto avviene cosí. Le lunghe nuvole
distendono la coda di pavone
con occhietti di stelle. E la vita
goccia malinconia, mentre l’amore
vuol ritornare al primo giorno, al primo
sguardo che riempie di brividi.

«Transvaal, Transvaal» cantava. Nome vano
come «felicità», come «amore», come ogni
parola dolce che affligge e tortura,
perduta nel fondo della memoria,
dietro montagne di verde cristallo,
dietro bottiglie di mare spumoso,
dietro alberi di lacrime.

Angelo Maria Ripellino

da “Non un giorno ma adesso”, Roma, Grafica, 1960

Ascoltando Smetana – Angelo Maria Ripellino

Foto di Josef Sudek

 

Quando su Praga piove il giallo e l’oro
dell’autunno decrepito e il fogliame
risplende come un mare di lucerne,
quando una fredda luce bagna i tronchi
dei castagni che annusano la nebbia,
gelide lame di malinconia
mi trafiggono il cuore e tremo e piango.
Una solenne musica straziante
scorre come un corteo d’urne e di spade,
ma dopo frecce e raggere di lampi
cadenti come le scaglie d’un drago,
come un balsamo d’erbe la musica
s’addolcisce nel fioco gocciolìo
del fiume sul cristallo della luna.

Angelo Maria Ripellino

da “Angelo Maria Ripellino, Poesie prime e ultime”, a cura di Federico Lenzi e Antonio Pane, Torino, Aragno, 2006

Vivere è stare svegli – Angelo Maria Ripellino

Angelo Maria Ripellino

 

Vivere è stare svegli
e concedersi agli altri,
dare di sé sempre il meglio,
e non essere scaltri.

Vivere è amare la vita
con i suoi funerali e i suoi balli,
trovare favole e miti
nelle vicende piú squallide.

Vivere è attendere il sole
nei giorni di nera tempesta,
schivare le gonfie parole,
vestite con frange di festa.

Vivere è scegliere le umili
melodie senza strepiti e spari,
scendere verso l’autunno
e non stancarsi d’amare.

Angelo Maria Ripellino

da “Non un giorno ma adesso (1960)”, in “Poesie. 1952-1978”, Torino, Einaudi, 1990