Oltre il dopo XI -Eugenio De Signoribus

Foto di Édouard Boubat

 

 

 

 

 

 

 

 

I bambini hanno in mano niente altro che piccoli ritratti domestici: messi a terra, segnano spazi
di oracoli muti.
– Tutto il buono che ho ricevuto è dentro di me.
È il seme, incancellabile –
Un siffatto pensiero traversa la mente di tutti. È almeno
questa la sensazione che ciascuno ricava dallo sguardo
dell’altro. E un attimo dopo, si chinano e scavano buche
nella neve e ancora sotto, nella terra umida e grigia:
dove ognuno deposita con cura, dopo averla carezzata,
l’immagine di sé.
In breve, è ricomposta anche la neve e chiusa
la contemplazione dei precedenti.
Essi conservano in tasca un grano di selce. Più nulla,
nessuna condizione.
Anche il bianco ora è più compatto, come il moto delle
teste rialzate…

Eugenio De Signoribus

da “Cruna filiale”, in “Trinità dell’esodo”, Garzanti, 2011

(       ) – Eugenio De Signoribus

Eugenio De Signoribus

 

 

 

 

 

 

 

 

luce inerme, irredenta luce
che bruci nel mondo inospitale

tra i solchi scellerati e i cancelli
fissati dalla mente criminale…

nell’angolo cieco o nel vuoto delle stanze
tu sei, o nel pianto del luminìo campale…

il faro ipocrita illumina le bande
ma tu esisti, e cerchi i tuoi fratelli

Eugenio De Signoribus

da “Istmi e chiuse” Marsilio, 1996

Oltre il dopo – Eugenio De Signoribus

Leonardo Di Caprio in The Basketball Diaries

 

 

 

 

 

 

 

XII

Guardandosi, avvertono che sanno di più delle loro
sembianze. Essi hanno ripercorso tutto il male
del genere adulto. E ora lo lasciano come un abito
da smettere per sempre.
Se lo avvolgi a una pietra, questa sanguina.
Come si può fare perché non abbia radici?
Qualcuno ha brividi, qualcuno vomita ancora al solo
pensiero di ciò che è stato. Qualcuno piange
in silenzio: sa che ci furono vite esemplari,
minime e massime, mai mancanti all’appello della propria
coscienza… ma non sono bastate a fermare i crescenti
barbari e la pronta moltitudine degli asserviti, i draghi
delle finanze e i nuovi capi incarniti in quei corpi
numerici, indifferenti vaticini di morte…
(All’improvviso, egli rivede il bianco lenzuolo coprire
il volto di suo padre e pare di colpo un albero scosso
da un’interna bufera: il pianto dirotto fatto persona)

Eugenio De Signoribus

da “Cruna filiale”, in “Trinità dell’esodo”, Garzanti, 2011

(non mi rassegno) – Eugenio De Signoribus

Eugenio De Signoribus

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Chissà se dopo un tortuoso arrancare
s’arriva a un chiaro punto di snodo
da cui scorgere un luogo senza danno…

oppure, abbandonata la finestra,
scavare sotto la propria soglia
e scansare imbucarsi scurricolare

e inoltrarsi fino alla grotta
dove ci scoprimmo umani

(e non nati al solo declinare,
quali siamo, malati deviati
che mai vedremo il tempo nuovo)

e nei graffiti reperire il segno
d’un altro seme e nel silenzio
entrare in quell’inizio

che non conosce il male e nessun pegno

Eugenio De Signoribus

da “Nel villaggio oscuro. Poetica e poesia”, Editore Manni, 2023

(richiamare la voce) – Eugenio De Signoribus

Foto di Luigi Ghirri

 

 

 

 

 

 

 

 

 

alzandosi sfiatano le voci presenti
solo a se stesse, schiume sonore
del mondo invaghite o insipienti…

un fiume di muri risale le menti
e la rabbia singolare resta al palo
e mostra il silenzio il detto familiare…

nella casa allagata che si sdrina
la comunità notturna richiama la voce
perché nel fondo gorgo si sommerga

poi si rialzi alla scienza mattutina

Eugenio De Signoribus

da “Istmi e chiuse”, Marsilio, 1996