
Foto di Josef Sudek
II
Sui vetri appannati dal freddo passavano ombre confuse.
Nel cielo, oltre le case salivano fuochi d’artificio. Quando le
lancette degli orologi raggiunsero le dodici da uno dei letti
vicino alla finestra venne una breve risata infelice.
È scesa una notte orientale, si è incollata sui tetti
di colpo come nei presepi
da una fessura del cielo è precipitata la neve.
Davanti alla sponda dei letti sfilavano silenziose le renne
contro il legno degli armadi ardevano i fuochi dei Lapponi
fuori crepitavano rami e bottiglie
bruciavano alberi di Natale
legno e vetro segreto scintillío di carte.
È arrivato il Capodanno.
Noi abbiamo vegliato senza fatica,
semplicemente
la luna spezzava le travi
l’ombra di una calza velava il cortile
ogni lume era spento.
Gennaio lascia nelle isole
gusci di riccio sugli scogli
e tesa luce
sulle secche invernali.
Come una desolata corona di pietre
in un naufragio polare
lastre di granito e chiuse lapidi
nell’acqua e in terra
oltre il promontorio della Trinità
dentro il recinto del cimitero.
Vi chiedo coraggio, sognate
con la dignità degli esuli
e non con il rancore dei malati
cancellando la visione dei muri e della neve
trasformando l’ombra dei fiocchi
e la sagoma scura dei gabbiani
con l’animo teso dei marinai
che ammutoliscono al sollevarsi dell’onda
e pregano
raccolti nel cesto del vento.
Un filo d’acqua scende nel lavabo
il ghiaccio riga le finestre
ed è difficile pensare al soffio marino
e l’urtare dei carrelli
e il fischio di sirena mattutino
non contemplano nessun eroismo.
Eppure, distesi sulla misteriosa rotta dei letti
noi siamo nello stesso splendore
della marea che si placa
vicinissimi al nodo che l’acqua finalmente distende.
La nave salpa e cammina
ed è un quieto santuario.
Antonella Anedda
da “Residenze invernali”, Crocetti Editore, 1992
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