Corrosa e scancellata – Paul Celan

Paul Celan

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CORROSA E SCANCELLATA
dal vento radiante della tua lingua
la chiacchiera versicolore
dei fatti vissuti – la linguacciuta
miapoesia, la nullesia.

Dal
turbine
aperto
il passo attraverso le umane forme
di neve – neve di penitenti,
fino alle accoglienti
stanze
dei ghiacciai, ai deschi.

In fondo
al crepaccio dei tempi,
presso il favo di ghiaccio
attende, cristallo di respiro,
la tua irrefutabile
testimonianza.

Paul Celan

(Traduzione di Giuseppe Bevilacqua)

da “Svolta del respiro”, in “Paul Celan, Poesie”, “I Meridiani” Mondadori, 1998

∗∗∗

WEGGEBEIZT vom
Strahlenwind deiner Sprache
das bunte Gerede des An-
erlebten – das hundert-
züngige Mein-
gedicht, das Genicht.

Aus-
gewirbelt,
frei
der Weg durch den menschen-
gestaltigen Schnee,
den Büßerschnee, zu
den gastlichen
Gletscherstuben und -tischen.

Tief
in der Zeitenschrunde,
beim
Wabeneis
wartet, ein Atemkristall,
dein unumstößliches
Zeugnis.

Paul Celan 

da “Atemwende”, Suhrkamp Verlag, Frankfurt amMain, 1967

 

Privi di potere – Günter Grass

Nick Ut, Children fleeing an American napalm strike, Vietnam, 1972

 

Leggiamo «napalm» e ci immaginiamo il napalm.
Dal momento che non possiamo immaginarci il napalm,
leggiamo del napalm, finché possiamo
immaginarci meglio il napalm.
Ora noi protestiamo contro il napalm.
     Dopo la colazione, muti,
     vediamo in fotografia cosa può fare il napalm.
     Ci indichiamo l’un l’altro rozzi reticoli
     e diciamo: vedi, questo è il napalm.
Presto ci saranno libri di fotografie a buon prezzo
con foto migliori,
dalle quali risulterà più chiaramente
cosa può fare il napalm.
Ci rosicchiamo le unghie e scriviamo proteste.
     Ma c’è, così leggiamo,
     qualcosa che è ben più terribile del napalm.
     Subito protestiamo contro questa cosa più terribile.
     Le nostre proteste giustificate, che in ogni momento
     possiamo stilare piegare affrancare, le sbattiamo in libri.
Impotenza di cui si fa prova su facciate di gomma.
Impotenza fa suonare dischi: canti impotenti.
Senza potere e con la chitarra. –
Ma con il pugno di ferro e in piena tranquillità
fuori agisce il potere.

Günter Grass

(Traduzione di A. M. Giachino)

da “Poesia tedesca del Novecento”, Rizzoli, 1977

∗∗∗

In ohnmacht gefallen

Wir lesen Napalm und stellen Napalm uns vor.
Da wir uns Napalm nicht vorstellen können,
lesen wir über Napalm, bis wir uns mehr
unter Napalm vorstellen können.
Jetzt protestieren wir gegen Napalm.
     Nach dem Frühstück, stumm,
     auf Fotos sehen wir, was Napalm vermag.
     Wir zeigen uns grobe Raster
     und sagen: Siehst du, Napalm.
Das machen sie mit Napalm.
Bald wird es preiswerte Bildbände
mit besseren Fotos geben,
auf denen deutlicher wird,
was Napalm vermag.
Wir kauen Nägel und schreiben Proteste.
       Aber es gibt, so lesen wir,
       Schlimmeres als Napalm.
       Schnell protestieren wir gegen Schlimmeres.
       Unsere berechtigten Proteste, die wir jederzeit
       verfassen falten frankieren dürfen, schlagen zu Buch.
Ohnmacht, an Gummifassaden erprobt.
Ohnmacht legt Platten auf: ohnmächtige Songs.
Ohne Macht mit Guitarre. –
Aber feinmaschig und gelassen
wirkt sich draußen die Macht aus.

Günter Grass

da “Gesammelte Gedichte”, Luchterhand Verlag, Darmstadt und Neuwied, 1971

Les globes – Paul Celan

Paul Celan

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dentro gli occhi smarriti – leggi:

le orbite astrali, e del cuore, il bel
vorticoso Invano.
Le morti e tutto ciò
che ne venne. Delle generazioni
la catena, che
qui giace sepolta
e qui ancora pende, nell’etere,
sfiorando abissi. Di tutti
i volti la scrittura, in cui
si conficcò, sabbia sibilante, la parola – infime
eternità, sillabe.

Tutto
ebbe ali, anche
ciò che più pesa, nulla
che trattenesse.

Paul Celan

(Traduzione di Giuseppe Bevilacqua)

da “La rosa di nessuno”, in “Paul Celan, Poesie”, “I Meridiani” Mondadori, 1998

∗∗∗

Les globes

In den verfahrenen Augen – lies da:

die Sonnen-, die Herzbahnen, das
sausend-schöne Umsonst.
Die Tode und alles
aus ihnen Geborene. Die
Geschlechterkette,
die hier bestattet liegt und
die hier noch hängt, im Äther,
Abgründe säumend. Aller
Gesichter Schrift, in die sich
schwirrender Wortsand gebohrt—Kleinewiges,
Silben.

Alles,
das Schwerste noch, war
flügge, nichts
hielt zurück.

Paul Celan

da “Die Niemandsrose”, S. Fischer Verlag, 1963

Dopo il raduno dei poeti contro la guerra – Volker Braun

Dirk Wüstenhagen

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Che cosa resta, mi chiedo, delle vostre parole
tanto nessuno le mantiene, e la memoria
è mortale e la carta si spezza
uno esorta l’altro, entrambi sono sepolti,
dal foglio giallo prima che sia scaduto
scaturisce scritto il foglio pulito, innumeri ristampe
ribadiscono ogni frase come nuova, alte tirature
salvano la frase di Socrate che lo ha reso famoso.

Ma questo non ve lo domandate, non è molto
quello che regge l’aria paziente, ma voi parlate
e chiamate, chi mai, e nel posto qualificato
dove ogni tombino sa di granducale-weimariano: qui
altri parlarono, dico, e neanche quelli
avevano inventato l’esametro:
che sia maggio, ma voi non lo chiedete, o perché da lontano
siete venuti dai nostri tempi oscuri
e dalle cinquanta contrade di guerra, qui
voi ora parlate, chi conta le parole, i piccoli
pesi che equilibrano l’anima: che cosa
resta, mi chiedo, delle vostre parole

o della fioritura di questo albero, che viene dal parco
dal maggio, ogni prato
si dispiega non perché qui passava Goethe
ogni cespuglio si gonfia per tutta l’estate, il vento
è come un organo in mille organi di procreazione, vortica
polline da tutti gli stami – a che
il dispendio di polloni, perché non, tiglio, piú mite?
Un cosí grande spreco: che cosa non sparirebbe
senza di loro? Senza profusione: dove
fluirebbe ancora la corrente? Solo ciò che si inalza
riesce a farsi valere. Dopo il maggio smoderato
moderata si tiene la natura e
l’umanità anche. Cosí vi inalberate
e mostrate foglie. Innumeri, con le vostre parole
fino all’orlo: qualcosa rimane, ma cosí
noi seguitiamo a vivere. Con grande dispendio
questo minimo almeno. Questo è troppo, ma meno
sarebbe troppo poco. Poiché ancora siamo noi, parlante
invero natura. E quanta forza è sprecata
nella nostra boscaglia. Le leggi
che tutto pianificano e le gocce sono
al secchio note a stento e
quasi ignote. Cosí l’arte manca alla vita.

Volker Braun

(Traduzione di Roberto Fertonani)

da “Giovani poeti tedeschi”, Einaudi, Torino, 1969

∗∗∗

Nach dem Treffen der Dichter gegen den Krieg

Was bleibt, frage ich mich, von euern Worten
Keiner sonst hält sie, und das Gedächtnis
Ist sterblich und das Papier bricht
Einer redet dem andern zu, beide werden begraben
Vom gelben Blatt eh es verfallen ist
Schreibt sich das blanke her, zahllose Neudrucke
Behaupten jeden Satz neu, hohe Auflagen
Retten den Satz des Sokrates, durch den er berühmt ist.

Aber das fragt ihr euch nicht, ist das nicht viel
Was die geduldige Luft trägt, aber ihr redet
Und ruft, wen alles, und an berufener Stätte
Wo jeder Rinnstein großherzoglich-weimarsch riecht: hier
Sprachen schon andere, sag ich, und die
Hatten den Hexameter auch nicht erfunden:
Ist es der Mai, aber ihr fragt nicht, oder weil ihr von weither
Gekommen seid aus unsern finsteren Zeiten
Und aus den fünfzig Landschaften des Krieges, hier
Sprecht jetzt ihr, wer zählt die Worte, die kleinen
Gewichte, die die Seele auslasten: was
Bleibt, frage ich mich, von euern Worten

Oder von dieses Baums Blüten, aus dem Park
Aus dem Mai, jede Wiese
Geht aus sich, nicht weil hier Goethe ging
Jeder Busch bauscht sich über dem Sommer auf, der Wind
Orgelt in tausend Zeugungsorganen, das wirbelt
Staub auf aus allen Gefäßen – wozu
Der Aufwand an Absenkern, warum nicht, Linde, gelinder?
So große Verschwendung: was schwände
Nicht ohne sie? Ohne Überfluß: wo
Flösse der Fluß noch? Nur was so aufsteht
Setzt sich durch. Nach dem maßlosen Mai, mäßig
Erhält die Natur sich und

Die Menschheit auch. So bäumt ihr euch auf
Und zeigt Blätter. Zahllose, mit euern Worten
Randvoll: was bleibt, aber so
Bleiben wir leben. Mit großem Aufwand
Dies Mindeste. Da ist so viel zuviel, doch weniger
Wäre zuwenig. Denn noch sind wir, redend zwar
Natur. Und wieviel Kraft ist vertan
In unserm Dickicht. Die Gesetze
Die allen den Plan geben und die Tropfen dem Eimer
Sind kaum erkannt und
Fast unbekannt. So fehlt dem Leben die Kunst.

Volker Braun

da “Vorläufiges, Gedichte”, Suhrkamp – Verlag, 1966 

«O azzurro della terra» – Paul Celan

Foto di Katia Chausheva

 

O azzurro della terra, o azzurro che tu m’hai recitato!
Io rivesto il mio cuore di specchi. Un popolo di carte stagnole
sta al servizio delle tue labbra: tu parli, tu guardi, tu regni.
Il tuo impero sta aperto, illuminato di te.

Se però si fa scuro in te, se cede l’azzurra
sorella terra dal centro delle tue parole,
metti il battente alla porta dell’immenso:
voglio nascondere i frantumi alla parete del cuore –
Rimane in questa camera il tuo andare un venire.

Paul Celan

(1950 circa)

(Traduzione di Michele Ranchetti e Jutta Leskin)

da “Conseguito silenzio”, Einaudi, Torino, 1998

***

«O Blau der Welt»

O Blau der Welt, o Blau, das du mir vorsprachst!
Ich leg mein Herz mit Spiegeln aus. Ein Volk von Folien
steht deinen Lippen zu Gebot: du sprichst, du schaust, du herrschest.
Dein Reich liegt offen, überglänzt von dir.

Doch dunkelts dir, doch weicht die blaue,
die Schwester Welt aus deiner Worte Mitte,
so leg den Riegel vor das Tor der Weite:
verhülln will ich die Scherben an der Herzwand –
In dieser Kammer bleibt dein Gehn ein Kommen.

Paul Celan

da “Die Gedichte aus dem Nachlaß”, Suhrkamp, Frankfurt am Main, 1997